Capitolo 65

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Osservo il mio riflesso nello specchio davanti al quale mi sono posizionata, le braccia stese lungo i fianchi. I capelli che mi sfiorano le spalle, il viso, le labbra rosee e le ciglia coperte da un sottile strato di mascara; tutto sparisce dalla mia vista. Due occhi color caramello appaiono all'improvviso con così tanta prepotenza che per un attimo temo possano rompere il vetro ed inghiottirmi in quella loro spirale di oscurità.

Resto immobile, pietrificata quasi, mentre quello sguardo, che non credo potrò mai dimenticare, è puntato su di me. Allora mi convinco a stringere i pugni e a fare dei respiri profondi, per cercare di rilassarmi.

DPTS, ovvero Disturbo Post Traumatico da Stress, questa è stata la diagnosi del terapista.
Non è servito che aggiungesse altro; non è la prima volta che la affronto -ci sono già passata, con Tyler-, ma mai l'avevo sperimentata in prima persona.
In pratica, questo tipo di disturbo si manifesta nelle persone in seguito ad un evento critico, traumatico e l'aver avuto una pistola puntata addosso può decisamente considerarsi un evento traumatico.
Incubi, flashback, senso di smarrimento sono tutti modi con cui il mio corpo e, soprattutto, la mia mente rispondono all'episodio sul tetto. Ma non ho di che lamentarmi; sono consapevole del fatto che le cose sarebbero potute andare molto peggio. Certo, gli incubi ed il resto non sono una cosa piacevole, ma passeranno. Prima o poi.

Sussulto, ridestandomi dai miei pensieri solo quando mi accorgo della presenza di Justin. È bellissimo nella sua camicia chiara che mette in risalto i suoi muscoli, quasi fosse una seconda pelle ed i pantaloni scuri ed eleganti, poggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate al petto e l'intento di osservarmi. Mi chiedo da quanto tempo mi stia fissando e immediatamente la preoccupazione che possa aver notato quanto fossi persa e assente si fa strada in me, ma cerco di cacciarla o, quantomeno, di nasconderla, perché non voglio che mi veda in quello stato. Mi schiarisco la gola, ravvio i capelli e afferro il cappello poggiato sopra il letto, provando a sembrare la Cassie di sempre; quella forte, sicura di sé e dalla dura corazza.

Mi do un'ultima sistemata davanti allo specchio e poi mi volto verso sinistra, ovvero verso di lui, sfoggiando un piccolo sorriso. <<Che ne pensi?>> allargo leggermente le braccia in modo che possa avere una completa visuale del tocco e della toga rossa che indosso sopra un semplice vestito bianco che mi arriva poco sopra il ginocchio.
Si inumidisce le labbra, squadrandomi dalla testa ai piedi. La sua bocca si incurva in un sorriso furbo, ma senza alcuna malizia, quando i suoi occhi incontrano i miei. Mi guarda e lo fa con una tale adorazione che mi si gonfia il cuore.
<<Penso che sei bellissima>> risponde e percepisco una strana nota di malinconia nella sua voce. <<E penso che dovresti essere tu a tenere il discorso di commiato, non Aaron>>.
Levo il cappello e rimetto la toga sulla sedia, per non stropicciarla, decidendo di dare una seconda spazzolata ai capelli, i quali hanno scelto il giorno sbagliato per poter stare come gli pare. <<Sì, beh, diciamo che la questione era ad un gradino piuttosto basso sulla scala delle mie priorità>> asserisco con sincerità. <<E poi sono sicura che lui ci tenga più di quanto possa tenerci io>>.
La mia testa è stata così incasinata ultimamente che non mi sono fermata a pensare neppure per un momento al diploma. Di certo non sarei stata in grado di scrivere un discorso che fosse stato di ispirazione per tutto il corpo studentesco.

<<Come sta tuo padre?>> la domanda mi esce spontanea.

Lui mi scocca un'occhiata torva. <<A quale dei due ti riferisci?>>

Da quando ha saputo che Jason è il suo genitore biologico è divenuto piuttosto scostante, ma non mi sento di recriminargli nulla. Scoprire che suo zio sia, in realtà, suo padre e che quello che per vent'anni ha ritenuto fosse suo padre sia, invece, suo zio è stato un duro colpo per lui, soprattutto se si pensa che è stato Jason ad uccidere sua madre e che ha vissuto sotto il suo stesso tetto per anni, mentre un innocente scontava la pena al posto suo. La verità lo ha investito come un fiume in piena, e lui adesso sta cercando di tornare in superficie e risalire la corrente. Ma ho fiducia in Justin e so che è un ottimo nuotatore.

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