Capitolo 23

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«Cassie, ti presento Jason Bieber, mio zio».

Jason Bieber.
Suo zio.
Ci ha appena visti mentre ci baciavamo?

Sono convinta che le mie guance si siano dipinte di un colorito simile a quello della maglietta che indosso, ovvero di un rosso acceso. L'imbarazzo è fin troppo alto perché io e quel che resta del mio povero orgoglio possiamo sopportarlo.

Se solo avessi il mantello dell'invisibilità non esiterei un attimo ad usarlo.

«Vi chiedo scusa», esordisce l'uomo dall'aria impeccabile. «Non era mia intenzione disturbarvi». Osservo attentamente i suoi gesti, mentre tira fuori dalla giacca rigorosamente di seta un fazzoletto da taschino. Non sono un'esperta di firme, ma sono piuttosto sicura che il completo che indossa faccia parte di una linea di qualche stilista famoso. È estremamente affascinante con i suoi modi d'altri tempi e un tantino altezzosi, del tutto differenti da quelli rudi del nipote, tuttavia non si può certo dire che la bellezza non sia una dote di famiglia.

Deduco sia un uomo di una certa importanza, magari il proprietario di qualche multinazionale, ma la mia ammirazione per lui svanisce nell'istante in cui ripenso alle parole di Justin sul suo conto ed ecco che all'immagine della persona brillante e raffinata si sostituisce quella dello stronzo più attaccato ai soldi che alla vita di suo nipote. Allora non posso non provare sdegno.

Non so se sia perché mi ha appena visto pomiciare con il nipote od altro, ma mi sento fortemente intimidita dalla sua presenza.
«Non si preoccupi», mi convinco a rispondere quando trovo il coraggio di aprire bocca. Lancio un'occhiata a Justin e mi schiarisco la gola, prima di tornare a posare lo sguardo sull'altro uomo. «In verità stavo giusto per andarmene, è quasi ora di cena», spiego, cercando, in qualche modo, di uscire il prima possibile dalla situazione imbarazzante in cui mi trovo catapultata.

E' incredibile: cinque minuti fa mi sembrava di toccare il cielo con un dito ed adesso, invece, vorrei solo che il pavimento mi inghiottisse.

«Ti accompagno alla porta», interviene la voce di Justin ed io annuisco senza esitare.

«Perché non rimani con noi, Cassie? Sono sicuro che mio nipote ne sarebbe entusiasta». Posso scorgere un velo di malizia nelle sue parole. Guardo il ragazzo accanto a me che a sua volta mi lancia un'occhiata indecifrabile; non pare contento della proposta di suo zio ed io di, certo, non voglio metterlo più in difficoltà di quanto non sia. E poi stare ad un tavolo con non uno, ma ben due Bieber, mi sembra fin troppo per me; così decido di rifiutare l'invito nel modo più gentile possibile per non alimentare ulteriormente la pessima impressione che Jason deve essersi fatto di me.

Piego le labbra in quello che dovrebbe essere un sorriso. «Magari un'altra volta».

Mi avvio verso l'ingresso, senza distogliere l'attenzione dai miei stessi piedi. Justin mi fa strada, quando una presa sul mio polso mi fa sussultare. La morsa è ben salda ed al tatto il suo palmo risulta freddo come il ghiaccio. Mi sento non poco a disagio.
«È stato un piacere conoscerti, Cassie», afferma Jason con un ghigno sul viso. La sua vicinanza mi porta inevitabilmente ad incrociare il suo sguardo. I suoi occhi, seppur simili a quelli di Justin  non potrebbero essere più diversi da quelli del ragazzo: rabbia, dolore, ma anche speranza è ciò che comunemente vedo nel ragazzo, ma per quanto riguarda Jason non posso dire la stessa cosa; le iridi color caramello, nel suo caso, nascondono qualcosa di diverso, qualcosa che non saprei spiegare ma che è piuttosto inquietante. Quasi quanto il modo in cui ha pronunciato il mio nome.

Chiamatelo sesto senso o come volete, ma sono piuttosto brava ad leggere le persone e Jason Bieber non mi convince affatto.

Abbasso lo sguardo sulla sua mano, ancora avvolta intorno al mio polso e solo allora l'uomo lascia la presa.

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