Capitolo 14

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Il silenzio regna sovrano all'interno dell'abitacolo da quando Justin mi ha costretto a salire in macchina; sicuramente non si sarebbe fatto scrupoli a trascinarmi di peso ed io volevo evitare una tale scena per non dover sprofondare nella vergogna, perciò ho preferito fare il breve tragitto fino al parcheggio con le mie gambe.

Osservo furtivamente il biondo che guida tranquillamente; non posso credere che il ragazzo al mio fianco sia lo stesso che poco più di un'ora fa stava massacrando di botte un tizio nello squallido ring di uno squallido locale. Non sembra per niente turbato dalla cosa, a differenza mia.

La mia mente sta ancora cercando di elaborare il tutto; forse, dopo quello che ho visto, dovrei avere davvero paura nel ritrovarmi a condividere uno spazio tanto ristretto di un auto con lui, insomma, chi mi assicura che non abbia cattive intenzioni? Ma l'idea che Justin possa farmi del male non mi sfiora, o almeno non voglio che mi sfiori.

Dove è finito il mio buonsenso?

Il flusso dei miei pensieri contorti viene interrotto da una voce proveniente dalla mia sinistra, «Puoi parlare, non mordo...», il ragazzo lascia la frase in sospeso, staccando gli occhi dalla strada per posarli su di me ed un sorrisetto malizioso si forma sul suo volto, «... Di solito».

Sbuffo infastidita, «Che devo dire? Questo si chiama sequestro di persona!» esclamo incrociando le braccia al petto, scaturendo la sua risata, «Devo ammetterlo: sei più divertente di quanto pensassi», sogghigna.

Sollevo un sopracciglio, perplessa; dovrebbe essere un complimento?

Alzo gli occhi al cielo e per evitare che la conversazione vada avanti accendo la radio. Se devo stare ancora per molto con lui, rinchiusa in questa macchina, tanto vale farlo ascoltando qualche buona canzone. Cambio stazione ripetutamente finché dalle casse dell'abitacolo non escono le prime note di Fix You dei Coldplay; sono sul punto di farmi trasportare dalla melodia quando, bruscamente, quest'ultima si interrompe. «Niente musica, oggi», mi rimbecca. Grandioso, mi impedirà anche di respirare adesso?

Rilascio un lungo sospiro, sprofondando sul sedile, «Justin, perché hai insistito affinché venissi con te?» indago dubbiosa, chiedendogli la cosa che più mi tormenta; insomma, avrebbe potuto lasciarmi al locale ed essere con il suo amico ora, ma per qualche strana ragione non lo ha fatto.

Mi lancia un'occhiata veloce, «Così... Perché mi andava», risponde facendo spallucce per poi aggiungere subito dopo: «Non farti strane idee cara, non sei il mio tipo: preferisco le bionde».

«Beh, io preferisco i ragazzi con un cervello, quindi credo rimarremo delusi entrambi per questa sera», asserisco con acidità, mentre l'ennesimo sorriso divertito gli compare sulla faccia. Che nervi. «Posso almeno sapere dove stiamo andando? È da mezz'ora che guidi!» sbuffo spazientita.

«Sii paziente, siamo quasi arrivati», mi rimprovera come se stesse parlando ad una bambina quattro anni.

Calma, Cassie, fai un bel respiro, continuo a ripetermi.

Dopo circa altri quindici minuti costeggia nei pressi di un locale, una pizzeria, più precisamente, immettendosi in uno spiazzo adibito come parcheggio del locale.

«Hai guidato quasi un'ora per una pizzeria? È per caso l'unica di San Francisco?» domando con un velo di ironia, mettendo piede fuori dalla sua Range Rover.

«Qui saremo lontani da occhi indiscreti», spiega, «E poi questo posto fa la miglior pizza di tutta la città» mi fa segno di seguirlo.

Seppellisco il mio orgoglio e, seppur irritata, mantengo il suo passo, spinta più dalla fame che dalla voglia di seguire lui, questo fino a quando non noto l'insegna del locale che mi fa subito fermare di scatto. Gianni's Pizza, questo recitano le lettere scritte a caratteri cubitali.

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