Capitolo undici.

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Non ne potevo più di quella situazione. Non ne potevo più di Louis che continuava a non rivolgermi la parola, a guardarmi di striscio, solo quando ero impegnato e non lo potevo ricambiare il suo sguardo. Ma certe volte me ne accorgevo, sentivo lo sguardo di qualcuno perforarmi, e girandomi lo ritrovavo incantato a fissarmi, poi sospirava, scuotendo impercettibilmente la testa, e tornava a fare le mansioni che stava facendo poco prima. Non capivo il motivo di quel suo comportamento..era stato lui a rompere i rapporti.

Tutto ciò andava avanti da almeno una settimana, ma avrei messo fine a tutto ciò in quell'esatto momento. Avevamo appena finito di lavorare e tutti se n'erano già andati, esclusi me e Louis. Andai nella sala principale e chiusi la porta a chiave, evitando possibili interruzioni. Come al solito, il castano se ne stava chiuso nel suo ufficio, e ne usciva solamente quando anch'io me ne fossi andato. Respirai profondamente e spalancai la porta dell'ufficio. Louis si girò appena, e sospirò appena mi vide, tornando poi a prestare attenzione a dei fogli.

«Dobbiamo parlare.» Dissi, avvicinandomi alla scrivania.

«Non ho nulla da dirti.» Rispose, atono.

«Ma io si.» Incrociai le braccia al petto.

«Non ho voglia di ascoltarti.» Grugnii, sbattendo con forza un pugno sulla scrivania, facendo balzare i fogli. Lui non fece una piega.

«Invece tu adesso mi ascolti!» Contrasse la mascella e, finalmente, alzò il viso verso di me, trafiggendomi con lo sguardo.

«Ho detto che non voglio ascoltarti.» Scandì per bene le parole, rabbioso. Non mi feci intimidire da quel suo tono e proseguii.

«Hai 26 anni e ti comporti peggio di un bambino. Quel che è successo è successo, non si può tornare indietro e cambiare le carte in tavola. La colpa non è unicamente mia, ma di entrambi. E se proprio vogliamo dirla tutta quello che ha creato tutto questo casino sei tu.»

Louis distolse lo sguardo, puntandolo verso il basso ed era sparita l'espressione totalmente rabbiosa di pochi secondi prima. «Ti ho già detto che non lo dirò a nessuno, non sono un cretino. Sei fidanzato, non lo vado di certo a dire in giro. E in più, eri ubriaco e non ricordi nulla, io ricordo ma..non ha avuto nessuna importanza per me.» Mentii, distogliendo infatti lo sguardo dai suoi occhi ancora rivolti verso il basso. «Quindi..possiamo tornare come prima, dimenticandoci di tutta questa storia?» Quasi lo supplicai, cercando di incontrare il suo sguardo, ma nulla..continuava a non guardarmi.

«Non posso.» Lo sentii sussurrare qualcosa, ma non riuscii a capire l'intera frase.

«Cosa?»

Grugnì ed alzò lo sguardo su di me. Sobbalzai, notando nuovamente il suo sguardo carico di rabbia. «Non posso, cristo santo! Non posso perché ricordo perfettamente tutto, ogni minimo dettaglio. E non posso perché mi è piaciuto!» Mi urlò in faccia, alzandosi e scaraventando la sedia per terra. Rimasi sorpreso, con occhi e bocca spalancati. Richiusi poi la bocca, deglutendo, quando lo vidi muoversi innervosito per l'intero piccolo ufficio.

«Louis..»

«Zitto! Sta..sta zitto un attimo.» Annuii, anche se non poteva vedermi, essendo di spalle. «Stai rovinando tutto, porca troia. Tutto!» Lo sentii mormorare, più a se stesso che a me. «Non doveva succedere. Non a me. E' sbagliato.» Si prese la testa tra le mani e in quel momento mi sembrò uno di quei pazzi rinchiusi nei manicomi. Parlava da solo, non stava fermo un attimo, si tirava i capelli.

«Louis, mi spieghi che cazzo ti prende?» Sbottai, guardandolo preoccupato.

«E' sbagliato, Harry. Dannatamente sbagliato.»

I like the way it hurts.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora