Capitolo trentotto.

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«Harry?» Sentii scuotermi leggermente e mugugnai, infastidito. «Harry, svegliati tesoro.» Aprii gli occhi lentamente e sobbalzai quando mi ritrovai Johannah di fronte, con un piccolo sorriso sulle labbra. Alzai la testa dal materasso e mi stropicciai gli occhi, lasciando la mano di Louis. Mi ero addormentato con ancora la sua mano stretta alla mia, e con la testa poggiata sul materasso su cui era sdraiato. Gran bella figura di merda.

«Quanto ho dormito?» Chiesi, grattandomi la nuca.

«Sei qui dentro da più di due ore.» Sgranai gli occhi e spalancai la bocca. Ridacchiò. «Devi essere stanchissimo per il viaggio, e sarai affamato. Io sto andando a casa, vieni con me così ti fai una doccia e ceni con noi.»

Boccheggiai e scossi la testa, dopo pochi secondi. «No, io..non posso accettarlo.»

La donna corrugò la fronte. «Non era una richiesta, ma un ordine.» Mi morsi il labbro, imbarazzato. Johannah mi sorrise caldamente. «Ti aspetto fuori.» Annuii titubante e sospirai quando la donna uscì dalla stanza. Mi misi le mani tra i capelli e guardai Louis.

«Tua madre è una tosta, eh?» Ridacchiai. Presi, poi, la sua mano tra la mia e la baciai un paio di volte. Mi alzai e, senza lasciargli la mano, avvicinai il mio viso al suo e gli diedi un bacio sulla fronte. «Torno domani, amore.» Dopo altri due baci sugli zigomi, uscii con un sospiro malinconico.

«Si risveglierà.» Guardai Johannah e sperai che ciò fosse vero, altrimenti non sapevo che cosa avrei fatto. Louis, in poco tempo, era diventato tutto quello di cui avevo bisogno. Si era preso il mio cuore, in poco tempo. Mi aveva amato, in poco tempo. Mi aveva reso felice, in poco tempo. E mi aveva fatto soffrire, in poco tempo.

Scossi la testa, ridestandomi da quell'ultimo pensiero, e pensai solo a quelli positivi. A Louis, ricco di brio, di gioia, al suo sorriso, alla sua risata, ai suoi occhi che si riducevano a due fessure quando sorrideva di cuore. Pensai a Louis. E basta.










Johannah aprì la porta di casa e subito un odore familiare mi invase le narici. Era l'odore di casa, di Louis. «Sono a casa.» Si annunciò, Johannah, e subito una bambina corse verso di lei, ridacchiando, saltandole addosso. Johannah subito la prese tra le sue braccia, sollevandola dal pavimento.

«Mammina.» La bambina le strinse le braccia attorno al collo e le lasciò un bacio sulla guancia.

«Peste, quante volte ti ho detto che non devi correre così? Puoi cadere e farti male.» La bambina sbuffò, roteando gli occhietti. Ridacchiai silenziosamente, ma ciò le fece spostare l'attenzione su di me e schiarii la voce, sentendomi in imbarazzo sotto quegli occhi indagatori.

«Chi è lui?» M'indicò.

«Lui è Harry, Doris.»

La bambina si morse le labbra. «E' cattivo?» Chiese, a bassa voce, alla madre.

«No, amore, per niente.» Sorrisi e la bambina ricambiò.

«Mamma cosa sono quei buchi? Perché io non li ho? Li voglio.» S'imbronciò e la madre ridacchiò.

«Sono fossette, amore. E mi dispiace ma sei nata senza.»

«Posso toccarle? Forse mi nascono.» Johannah rise e la imitai. Poi annuì e si avvicinò a me. La bambina toccò le mie fossette con la punta delle dita, ammirandole a bocca aperta. «Mi prendi in braccio?» Fece il labbruccio e non potevo far altro che annuire. Così, pochi secondi dopo, Doris era intenta a giocare stringendo i miei capelli tra le sue piccole dita, senza farmi male.

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