Capitolo trentanove.

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Mi chiusi lentamente la porta alle spalle, cercando di fare il meno rumore possibile. Girai il viso verso Louis, che mi guardava a bocca aperta e con gli occhi spalancati.

«Harry..» Lo sentii sussurrare, senza distogliere gli occhi dai miei. Mi schiarii la voce, abbassando lo sguardo. Cercai di non corrergli incontro ed abbracciarlo, mostrandomi felice di saperlo vivo e vegeto. Non potevo. D'altronde, dovevo essere un po' incazzato con lui, per come se n'era andato da un momento all'altro, senza dirmi nulla.

«Ciao.» La voce mi uscì strozzata, e mi rischiarii la voce, tentando di avere un'espressione dura, severa, in volto.

«Che ci fai qui?» Chiese, boccheggiando subito dopo. Alzò leggermente il busto, per mettersi a sedere, e mugugnò di dolore, strizzando gli occhi. Mi avvicinai all'istante e sospirai, aiutandolo a mettersi a sedere sul letto. «Grazie.»

Scossi le spalle, allontanandomi di qualche passo. Mi grattai la nuca, imbarazzato. «Mi rispondi?» Chiese, arrabbiandosi.

Puntai lo sguardo su di lui e lo fulminai con gli occhi. «Non hai nessuna ragione per accigliarti, d'accordo? Qui l'unico che deve essere incazzato sono io. E fidati che lo sono, parecchio.»

Boccheggiò, poi sospirò. «Va bene, dai fammi la ramanzina, mi sto zitto.» Roteò gli occhi, e grugnii di rabbia.

«Che diavolo ti è preso, quel giorno? Scrivi una lettera strappalacrime, di addio, e scappi. E' così che credi di risolvere i problemi? Scappando, senza dire niente a nessuno? Sono o non sono il tuo ragazzo?»

«Certo che lo sei!»

«Sta' zitto!» Urlai. «Ho detto che puoi parlare? No, quindi taci.» Prese aria per parlare, ma subito dopo richiuse la bocca, tacendo. «Sono straincazzato, Louis. Non puoi neanche immaginare a che livelli è la mia rabbia.»

«Oh tranquillo, lo sto vedendo.»

Lo fulminai nuovamente con gli occhi e si morse le labbra, alzando le mani in segno di resa. «Ti darei uno schiaffo, se potessi. Anzi, no, ti prenderei a pugni.» Incrociai le braccia al petto, guardandolo duro. «E a calci.» Ridacchiò e distolsi lo sguardo da lui, per non cedere, guardandolo con la coda dell'occhio.

«Basta così? Solo pugni e calci? Mi aspettavo di meglio da te, Styles.»

Sospirai, frustrato. Era tornato ad essere il solito insopportabile. E, lo ammetto, mi era mancata anche quella parte di lui. «Ti legherei su dei binari e aspetterei comodamente seduto, così da poter guardare la scena di te venire schiacciato da un treno, mangiando dei popcorn.»

Alzò un sopracciglio. «Wow, mi odi davvero così tanto?»

«Si!» Si morse il labbro per trattenere il sorriso, ma non ci riuscì. Sorrise, e dopo poco il sorriso tramutò in una risatina, che era musica per le mie orecchie. Respirai profondamente e camminai per la stanza, stringendo i pugni perché avevo un'irrefrenabile voglia di prendergli il viso e baciarlo come se non ci fosse un domani. Ma no, non se lo meritava.

Dopo poco sospirai, tristemente, e lo guardai, fermandomi. Mi guardò anche lui e pian piano perse il sorriso, notando la mia espressione completamente seria, mentre mi avvicinavo sempre di più al suo letto. Mi sedetti su di esso, senza interrompere il contatto tra i nostri occhi. «Non farlo mai più.» Sentii gli occhi inumidirsi e cercai in tutti i modi di non piangere, sapendo che non ci sarei mai riuscito.

«Promettimi che non mi terrai più all'oscuro da qualcosa, che mi dirai tutto per filo e per segno, che non ci saranno più segreti tra noi. Promettimi che non te ne andrai senza dirmi nulla, senza salutarmi. Promettimi che, se vorrai tornare qui un giorno, mi porterai con te, o almeno che mi chiederai di seguirti. Prometti di non farmi soffrire mai più così tanto, che non mi lasci da solo a Londra da un momento all'altro. Prometti di non lasciarmi.»

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