Capitolo trentuno.

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Non ero mai stato in quel ristorante. Più mi guardavo intorno, più lo consideravo splendido. Aveva un'ampia sala interna e una suggestiva terrazza panoramica da cui si poteva osservare il London Eye e, naturalmente, io e Louis avevamo cenato all'esterno. Era un piccolo ristorante, intimo, arredato molto bene sia all'interno che all'esterno. Il cibo, il vino, era tutto delizioso. Ma avevo una domanda sulla punta della lingua da tutta la serata anzi, l'avevo da un paio di giorni, così respirai profondamente e richiamai l'attenzione di Louis intento ad osservare il panorama di una Londra notturna.

«Louis?»

«Mh?» Girò di scatto il viso verso di me e sorrise leggermente.

Mi morsi il labbro inferiore, e prendendo coraggio lo guardai negli occhi. «Devo farti una domanda.» Lui corrugò solamente la fronte e annuì, prendendo poi il bicchiere tra le mani e bevve un sorso di vino. Sospirai. «Perché non abbiamo ancora fatto sesso?» Chiesi tutto d'un fiato, dopo essermi guardato intorno accertandomi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze.

Louis allontanò di scatto il bicchiere dalle labbra e tossì sul suo palmo della mano, dandosi con la mano libera piccoli pugni sul petto. Gli era andato di traverso il vino, e quella reazione mi spaventò maggiormente, così mossi nervosamente la gamba destra su e giù, sotto al tavolo.

Dopo essersi ripreso, prese il tovagliolo e si asciugò le labbra, schiarendosi la voce e guardando ovunque tranne me. Stavo per perdere la pazienza.  «Louis, rispondimi.»

Sospirò, ad occhi chiusi, ed annuì subito dopo. Riaprì gli occhi e mi guardò. «Non c'è un motivo preciso, Harry.» Stava bellamente mentendo, e lo capii sin dalla prima sillaba, così roteai gli occhi e tolsi il tovagliolo dalle gambe sbattendolo sul tavolo.

«Dimmi la cazzo di verità.» Lo guardai freddamente e lui deglutì rumorosamente.

«Possiamo parlarne a casa?» Distolse nuovamente lo sguardo.

«No. Se non mi rispondi adesso mi incazzo e me ne vado.» Sospirò per l'ennesima volta. «Sono serio, sai che lo faccio.»

Riportò gli occhi nei miei. «Ne riparliamo quando siamo da soli, Harry. Non voglio affrontare questo discorso in mezzo a tutta questa gente.»

«Ma se stanno pensando ai fatti loro? Nessuno farà attenzione a te, Louis.» Posò un gomito sul tavolo e portò la mano sulla sua fronte, massaggiandola, sospirando. «Non mi vuoi più in quel senso? Ti faccio schifo? Non ti piaccio più?»

Tolse di scatto la mano dai suoi occhi per guardarmi con disprezzo. «No! Che cazzate stai dicendo? Non dirlo nemmeno per scherzo, Harry.»

«E allora spiegami, ti prego.» Lo supplicai. «Perché davvero non capisco cos'ho che non va.» Boccheggiò e scosse la testa.

Avvicinò entrambe le sue mani alla mia, poggiata sul tavolo, e la strinse fortemente tra le sue, senza interrompere il contatto tra i nostri occhi. «Non hai niente che non va, tesoro.» Sbuffai, distogliendo lo sguardo. Se non era quello il problema, allora qual era? «Ehi, guardami.» Lo feci. «Non sei tu il problema. Mi hai capito?»

«No, non ti capisco.» Sospirò e sciolse le mani, alzandosi.

«Pago il conto e torniamo a casa.» Si allontanò e scossi la testa sospirando, rilassando la schiena sullo schienale della sedia, osservando il panorama. Ritornò dopo pochi minuti e mi esortò ad uscire da lì.

Per tutto il tragitto verso casa nessuno dei due parlò, e lo stesso accadde anche quando entrammo in casa sua e per i successivi due minuti. Decisi di tenergli il muso, non per fare il bambino o per cattiveria, ma perché davvero non riuscivo a capire il suo comportamento e più non mi spiegava più mi incazzavo. Così andai in camera, mi spogliai e in boxer m'infilai sotto le coperte, dando le spalle alla parte del letto che spettava a lui.

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