Capitolo quarantadue.

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Johannah e i gemelli trovarono casa dopo due settimane e mezzo, e fu un sollievo sia per me che per Louis. Non perché non li volevamo in casa, ma perché così non eravamo più costretti a fare l'amore in bagno. Era eccitante, si, ma anche parecchio scomodo.

Così quel giorno stesso, dopo aver aiutato la donna a portare tutta la roba nella nuova casa, io e Louis tornammo a casa nostra il più in fretta possibile. E non doveva sorprendere il fatto che un'ora dopo eravamo ancora a rotolarci nel letto e, dopo il terzo orgasmo nell'arco di un'ora, mi stesi accanto al corpo di Louis respirando affannosamente, con una mano sul petto.

Girai il capo verso Louis, confuso. «Lou?»

«Mh?» Riaprì gli occhi, ma non mi guardò.

«Non hai detto una parola.» Mi misi su un fianco, per poterlo guardare meglio. Si morse le labbra.

«Ero impegnato a fare altro.» Ridacchiò, ma era una risatina finta, nervosa. Lo capii.

«Che succede?» Chiesi, dolcemente, prendendo a tracciare figure immaginarie sul suo petto col dito. Respirò profondamente, fermando l'itinerario delle mie dita, e attorcigliandole tra le sue.

Finalmente mi guardò, e deglutii notando la sua serietà. «Tu mi ami, vero?»

Corrugai la fronte a quella domanda. «Hai dubbi, Lou?»

Scosse la testa prontamente. «No, ma..rispondi.»

«Certo che ti amo.» Mi misi a sedere, senza sciogliere la presa tra le nostre mani. «Mi stai spaventando.» Ammisi, mordendomi il labbro nervosamente.

Sospirò e scosse la testa. Si mise anche lui a sedere, portandosi la mia mano vicino la sua bocca e ne baciò le nocche, dolcemente. La guardò, poi, mordendosi il labbro. «Anch'io ti amo.»

Annuii, non sapendo dove volesse arrivare. «Lo so.»

Mi guardò e sorrise, dolcemente, a labbra chiuse. «Allora sposami.»

Sgranai gli occhi, pietrificandomi. Boccheggiai. «E-eh?» La mia voce risultò un po' troppo stridula, così me la schiarii.

«Ho detto..sposami.» Disse, più deciso. Spostò lo sguardo sulla mia mano e l'accarezzò tra le sue dita. «Ci starebbe bene un anello qui, no?» Mi chiese, toccando il mio anulare sinistro.

Deglutii, guardandolo ancora ad occhi spalancati. «Non..non stai scherzando, vero?» Chiesi, titubante. Scosse la testa, ridacchiando, spostando nuovamente lo sguardo su di me. «Oddio.» Mi misi l'altra mano in fronte e respirai profondamente, cercando di placare il mio cuore che ormai batteva all'impazzata.

«Potresti..non so, dire qualcosa? Cosa pensi, magari.» Scosse le spalle, sempre col solito sorriso sfacciato.

«Cosa penso? Che sei un coglione, ecco cosa penso.» Sbuffai, sciogliendo la presa tra le nostre mani.

S'imbronciò, corrugando la fronte. «Perché? Pensavo lo volessi anche tu. Si, okay, stiamo insieme da pochi mesi ma..» Si morse le labbra. «Ho capito che voglio passare il resto della mia vita con te.»

«Si ma..sei sempre un coglione!»

Sbuffò. «Ma perché?!»

«Perché non si fa così una proposta di matrimonio, deficiente!» Mi accigliai, roteando gli occhi.

Scoppiò a ridere, portandosi una mano davanti alla bocca. Quasi sorrisi, sciogliendomi a quella visione e a quella risata. Ma no, non lo feci. Rimasi impassibile. Lui notò la mia espressione e smise subito di ridere. «Oh, sei..sei serio?» Sgranò gli occhi e iniziò a guardarsi intorno, a disagio.

I like the way it hurts.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora