Capitolo 30

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C'erano giorni in cui sembrava normale, altri in cui delirava.
Non era tanto per la ferita, ma quanto per il veleno.
Beren stava portando avanti le analisi, ma ancora non riusciva a trovare una cura ed erano già passati tre giorni oramai. Rischiava che la febbre le cuocesse il cervello.
Le sue difese immunitarie si abbassavano ogni volta, a volte aveva delle allucinazioni, altre volte sudava come se qualcuno le avesse acceso un fuoco addosso, altre invece doveva essere coperta con strati e strati di coperte e tutto veniva subito da Fëanor, che le era stato sempre accanto. Rischiò persino di essere ferito da lei, che un giorno era così delirante che lo scambiò per un nemico. Aveva gli occhi pieni di rabbia e la mano pronta a scaraventargli le cose addosso. Riuscirono a fermarla in tre solo dopo che Beren le aveva somministrato un sonnifero. La stanza era sottosopra.

Fëanor non riusciva a vederla così, si sentiva in colpa.
Alcarin era preoccupato per lei quanto per lui. Mangiava poco e dormiva raramente. Una sera lo vide guardare fuori dalla finestra mentre Nessa dormiva. Aveva la faccia molto stanca e la sua mano non si muoveva dal letto dove dormiva lei.

- Fëanor va a dormire, la controllo io per questa notte -

- Non c'è bisogno, non sono stanco-

- Te lo si vede in faccia, non hai fatto un pasto sostanzioso da quando vi hanno attaccati. Nessa non se ne accorgerà se manchi per un po'...-

- Ha bisogno del mio aiuto...io...devo aiutarla-

- Fëanor...-

- Io...io mi sento in colpa. Non starebbe in queste condizioni se non fosse stato per me. Per tutte le volte che mi ha salvato la vita, questo è il minimo che possa fare. Va tu a riposarti, è tardi. Ci vediamo domani.-

Alcarin non volle insistere più di tanto, conosceva il carattere di suo figlio e sapeva che non avrebbe ottenuto niente con qualche parola in più.

Il giorno dopo, Beren andò a cercare qualche erba per sperimentare la cura e Lùthine volle andare con lui, per cambiare un po' aria.
Fëanor non aveva chiuso occhio neanche quella notte ma per fortuna Nessa aveva dormito per entrambi. Si svegliò che erano le cinque di pomeriggio.

- Buongiorno...o dovrei dire buonasera? Come ti senti?-

- Cosa...dove siamo?-

- Stiamo ancora nella mia vecchia casa-

- Cosa? No, dobbiamo andarcene da qui o ci troveranno...-

Disse lei con la voce stanca. La febbre sembrava esserle passata.

- Non ci troveranno, sta tranquilla. Senza di te non ce ne andiamo.-

- Quanti...giorni sono passati?-

- Quattro-

Nessa si guardò intorno.

- Scommetto di non essere stata molto in forma, ma anche tu non hai un bel aspetto-

- No, sto bene-

- Se mangiassi e dormissi staresti bene eccome-

Disse Alcarin entrando in stanza.

- Beren sta arrivando con delle erbe per farti evitare altre allucinazioni, oggi potrai stare tranquilla-

- Credimi, non sono le allucinazioni che mi preoccupano. Digli di preparare qualcosa che rinforzi le ossa, ne avrò bisogno. E in quanto a te, non ti ho salvato la vita per farti morire di fame. Prendilo come un dovere-

Fëanor si decise finalmente di andare a riposare e Alcarin attese il ritorno del Curatore.

Nessa aveva ragione, le cose che aveva passato in quei giorni erano solo l'inizio.
I dolori alle ossa le cominciarono prima leggermente, poi sempre più acuti. Gli urli che emetteva erano molto spesso disumani e riposare era impossibile. Beren fu un giorno intero dentro quella stanza con lei, a cercare di capire. Quando la sera uscì, non lo sorprese vedere Fëanor attendere di fuori. C'erano anche Alcarin e Lùthine, che non riusciva a dormire.

- Le ho dato un antidolorifico ma non sembra funzionare...il veleno le sta corrodendo le ossa. Se andrà ancora avanti così, beh...le probabilità che lei sopravviva sono poche-

- Dimmi...dimmi che hai trovato una cura, ti prego, salvala-

- Non posso prometterti niente Fëanor, ma farò tutto il possibile-

Rimasero tutti in silenzio. Lùthine se ne andò quasi indifferente e Beren si rinchiuse nel suo vecchio studio.

- Vedrai che starà bene-

Fëanor sembrò non sentire la frase ed entrò nella stanza. Incrociò gli occhi di lei. Erano stanchi, sofferenti, eppure erano così belli.
Le sedette affianco e le prese la mano. Lei la guardo, ma non la sottrasse. Poco dopo, un dolore alla gamba la costrinse a togliere lo sguardo da lui.

- Non dovresti stare qui...-

- Sta zitta e cerca di riposarti. Io da qui non mi muovo.-

Le disse dolcemente lui.

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