Capitolo 47

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Si svegliò con la solita puzza di morte a cui Nessa si era ormai abituata. Le condizioni igieniche non erano di certo le migliori quando entrare in quelle celle voleva dire quasi sicuramente abitare già nella tua tomba e avevi il tempo di conoscerla bene se servivi a qualche scopo. Nessa aveva contato e ricontato il numero delle pietre, sapeva a memoria lo spazio intorno a lei, anche al buio, e questo le avrebbe fatto comodo. Stava continuando a resistere, ma ogni giorno diventava sempre più difficile sopportare il dolore. Aspettavano che lei semi guarisse per poi rinfliggerle ferite in modo che le sentisse di più e il tutto con la delicatezza di un giaguaro quando prende la sua preda.
Ma la pazienza di Otharion non era infinita. Fino a quel momento aveva lasciato fare ai suoi seguaci ma la sua resistenza lo aveva fatto innervosire. Se i metodi degli assassini erano forti, figurarsi quelli del maestro.

Un giorno fu presa dalla cella da due guardie diverse dal solito, che avevano dei vestiti diversi.
"Andiamo dal pezzo grosso" pensò Nessa. E così fu. Venne portata in una stanza interamente di pietra, quasi come le celle, con appesi ai muri degli arazzi completamente rossi e delle lanterne accese qua e la. Al centro della stanza c'era una grata, come una sorta di tombino, e sopra di essa, appese al soffitto, c'erano delle catene. Nessa fu incatenata a quelle ai polsi prima che le guardie lasciassero la stanza. Poco dopo entrò Otharion, con la sua solita smorfia severa ma al tempo stesso divertita. La sorprese vederlo da solo.

- Hai dormito bene Nessa?-

Disse mentre sfoderava un pugnale.
Lei lo guardò ma non rispose.

- Questo silenzio mi innervosisce lo sai...ma ti farò un favore...se mi dirai quello che mi serve sarò molto veloce e non sentirai nulla, forse-

Ancora silenzio.

- D'accordo...comincia il divertimento allora-

Otharion non diede freno alla sua pazzia. Cominciò a ferirla da tutte le parti e ripetutamente, intervallandosi con delle domande alle quali non veniva data risposta e che gli suggerivano di continuare.
Nessa era ridotta peggio di prima ma tutto ciò che gli uscì dalla bocca fu una risata di scherno. Dopo ripetuti tentativi di farla parlare, Otharion si fermò.

- Basta, mi sono stancato. Fëanor...vieni a darmi una mano-

Nessa continuava a rimanere ferma mentre il sangue scorreva dalle sue ferite.
Fëanor si tolse il mantello e lo poggiò per terra, poi si avvicinò a lei e la colpì alla schiena.
L'urlo che fece Nessa arrivò fino a due piani di sopra. Mentre lui la feriva, Otharion continuava a fare domande, ma non c'era verso. All'ennesimo silenzio Fëanor le si pose davanti e le prese il viso fra le mani con forza.

- Dov' è Alcarin?!-

Rimase a guardarla negli occhi per degli interminabili secondi. Nessa li rivide dopo così tanto tempo e le sembrarono la cosa più bella del mondo. I suoi capelli neri, la sua fronte sudata, le sue labbra...tutto le era mancato e ora l'aveva finalmente rivisto. Si dimenticò di tutto quello che le aveva fatto e non tolse lo sguardo dai suoi occhi. Anche lui rimase immobile, come bloccato da qualcosa, mentre la guardava.
Poco dopo stacco le mani dal suo viso e si allontanò e a Nessa sembrò di vedere, o forse immaginare, qualcosa di diverso in quegli occhi.

- Io ho finito, non ho intenzione di sporcarmi ancora le mani per qualcosa di inutile-

Riprese il suo mantello e uscì dalla stanza, lasciando di nuovo Otharion e Nessa da soli.

- Sta tranquillo Fëanor, cederá...vedrai che cederá...-

E altre urla spezzarono il silenzio di quel castello.

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