17. Tu non sei sola

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17. Tu sono sei sola

Justin

"Genesis guardami"
Le misi una mano sulla spalla.

Quando si voltò verso di me, vidi la solita ragazza che ormai vedevo da tempo, eppure non notai quello.

Le sue guance erano ancora umide per via delle lacrime, un po' come l'erba di un prato dopo la pioggia.

"Smettila di addossarti colpe che non hai"

"Colpe che non ho?" disse scattando in piedi come una molla, "è chiaro che è stata colpa mia. Se io fossi intervenuta invece di stare ferma in piedi a guardare la scena aspettando che tutto si risolvesse da solo, magari adesso lei sarebbe ancora viva"

I suoi occhi divennero di nuovo lucidi.

Si mise seduta accanto a me e sospirò rumorosamente. Si mise le mani sul volto in modo da non far notare i suoi singhiozzi e le lacrime che le rigavano il viso, anche se li notai ugualmente.

"Genesis ascoltami" sussurrai poggiandole una mano sulla spalla. "Eri solo una ragazzina. Eri spaventata, chiunque lo sarebbe stato, in circostanze simili"

Asciugò le lacrime con il palmo della mano e mi guardò.

"Io invece credo che tu sia stata molto coraggiosa, lo sai?"

Lei accennò un sorriso e ridacchiò.
"Se fossi stata davvero coraggiosa, le cose sarebbero andate diversamente"

Le guardai gli occhi, più scuri del solito. Dicevano più di quanto lei pensava di provare, perché in fondo, molte volte gli occhi dicono di più rispetto alle nostre parole superficiali.

"Il coraggio non è solo quello che conosciamo. Non si è coraggiosi solo se si agisce al momento: si è coraggiosi anche quando si ha la forza di affrontare la realtà, quando non ci si nasconde dietro ad un muro.
Una persona è coraggiosa quando affronta qualsiasi cosa, qualsiasi ostacolo, il quale, molte volte, può anche essere dentro di sé"

"Ma io non sto affrontando un bel niente, perché non riesci a capirlo?" mi interruppe.

"È qui che sbagli, Genesis. Credimi, tu affronti tutte le tue paure e preoccupazioni ogni giorno. È questo andare avanti che significa essere coraggiosi"

"Però lo faccio stando in una casa e senza queste quattro mura io non sarei niente"

Le accarezzai la guancia, ancora umida per aver affrontato la sua tempesta, portandole una ciocca di quei capelli rossi, che ormai amavo tanto, dietro l'orecchio.

"Il problema non sta in questa casa, ma dentro di te"

Lei chiuse per un attimo gli occhi.

"Ma sono stanca di affrontare tutto questo da sola" ammise con voce fredda e distaccata, ma allo stesso tempo, bisognosa di aiuto. "Sono solo stanca di non avere una spalla su cui piangere, una mano a cui aggrapparmi e un braccio che mi protegga. Sono stanca di essere perennemente sola"

Le misi un braccio attorno al fianco, subito dopo, appoggiò la fonte sulla mia spalla.

"Tu non sei sola"

***

Mi massaggiai lentamnete la fronte e sbuffai, prendendo in mano il libro per poi chiuderlo.

"Justin!" disse la rossa dopo che le ebbi strappato il libro dalle mani.

"Scusami, ma davvero non ce la faccio più. È più forte di me, non ci riesco"

Lei ridacchiò e si mise vicino a me.
Appoggiai la testa sul cuscino e mi abbandonai al suo soffice tessuto.

"Come credi che andrà l'esame?" le domandai.

"Andrà bene, vedrai" mi rassicurò, "devi solo stare tranquillo"

"Ma io sono tranquillo" borbottai.

Lei esitò per un attimo.
"Hai ragione" disse, "forse anche un po' troppo tranquillo"

"Comunque" cambiai discorso, "almeno questo è l'ultimo esame per un po' di tempo, grazie a Dio esistono le vacanze natalizie!"

Lei si appoggiò sulla mia spalla.
"Odio il Natale"

"Come si fa ad odiare il Natale, uh? È una delle feste più belle di tutto l'anno" le dissi.

"Non lo so, forse perché sto sempre da sola"

"E tuo padre, scusa?"

Lei sospirò.
"Va a trovare i suoi genitori, loro abitano in un'altra città"

"E tu cosa fai da sola il giorno di Natale?" chiesi.

Lei alzò le spalle.
"Quello che faccio ogni altro giorno, ma fa niente, non mi importa poi così tanto"

Sospirai, mentre iniziai un po' a rifletterci sù.

Agorafobia; jdbDove le storie prendono vita. Scoprilo ora