21. Cambiamenti

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21. Cambiamenti

"Genesis" esclamò Justin mettendomi una mano dietro la schiena, "lei è Amber". Indicò la donna accanto a lui, la quale mi salutò con un caloroso sorriso e con un gesto della mano.

"È una cara amica di mia madre, puoi fidarti di lei" mi rassicurò ancora, mentre la donna non smetteva di sorridere nemmeno un attimo.
Strinsi la mano di Justin.

"Amber ti aiuterà"

Annuii. Amber si avvicinò a me: era una donna di mezza età, con capelli incredibilmente ricci, castani e con occhi molto chiari, quasi trasparenti.
Mi strinse la mano ed io feci lo stesso, poi parlò.
"Allora Genesis" disse soffermandosi sul mio nome, "Justin mi ha parlato di te, me ne ha parlato parecchio" ridacchiò.

Al solo pensiero di Justin che parlava di me con altre persone, avvampai.

"Mi ha raccontato di te, delle tue passioni, della tua vita" parlava con molto entusiasmo, come se fosse la donna più felice del mondo, "e dei tuoi problemi"

Mi mordicchiai leggermente l'unghia del pollice: lo facevo solo quando ero molto nervosa e in quel momento lo ero molto.

Amber mi mise amichevolmente la mano sulla spalla.
"Io sono qui per aiutarti, tesoro. Puoi fidarti di me. Riuscirai a migliorare, però solo se lo vuoi davvero. Non devi farlo per nessuno, solo per te stessa, ci siamo capite? Allora, vuoi davvero cambiare in meglio, Genesis?"

Feci cenno di sì con il capo.

"Voglio sentirtelo dire" mi istigò lei.

"Si, voglio migliorare, davvero"

La donna sorrise compiaciuta, Justin si limitava a tenermi la mano ancora più stretta di quanto io tenessi la sua.

"Che ne dici se per parlare andassimo in una stanza per te speciale?" domandò Amber, prendendo la sua borsa.

"Va bene, andiamo in camera mia"

Iniziai a camminare, guidando Amber nella mia stanza. Justin gradualmente smise di stringermi la mano, rimanendo fermo dov'era.

"Può venire anche lui?" chiesi alla donna, quasi con un tono supplicante.

I due si guardarono, finché dopo alcuni attimi di silenzio, Amber acconsentì e per poco non lanciai un sospiro di sollievo.

Dopo esser entrati in camera mia, iniziammo.

"Allora tesoro, per iniziare devo farti alcune domande di base, dove risponderai per forza"

"Va bene"

Continuai a stringere la mano di Justin con tutte le mie forze, mentre lui mi accarezzava dolcemente la schiena, in silenzio.

"Iniziamo" disse Amber.

"Quanti anni hai?"
"Ventitrè"

"Quanti anni avevi alla morte di tua madre?"
"Dodici"

"Da quando tempo soffri di agorafobia?"
Quasi mi spaventai a quella parola.
"Qualche anno"

"Sei mai stata da uno psicologo per questo problema, prima di adesso?"
"Sì, qualche mese dopo che il problema iniziò a manifestarsi"

"Ti ha aiutato?"
"No, non ne ha avuto il tempo. Ho fatto troppe poche sedute"

"Ti erano stati prescritti dei farmaci?"
Negai più volte.

"Che emozioni provi quando esci di casa?"
Mi bloccai. Non sapevo cosa dire.

"Concentrati"

Mi rilassai al dolce tocco di Justin.

"Paura"
"Di cosa?" chiese Amber.
Esitai. "Io, io non lo so di preciso. Ho paura di perdere il controllo della situazione, ho paura che qualcosa vada storto"

Lei annuì concentrata, continuando con le domande.
"Qualcuno ha mai cercato di portarti all'esterno?"
Dissi di sì. "Mio padre, con la forza qualche tempo fa"

"Hai mai provato a farti del male?"
"No" risposi scuotendo la testa, "credo sia una cosa inutile"

"Hai mai tentano il suicidio?"
Senza volerlo, associai quella parola con mia madre. Fu come ricevere mille pugnalate di seguito.
"No"

"Hai mai preso degli antidepressivi?"

A quella domanda sentii gli occhi di Justin su di me, facendomi ricordare l'episodio di quando, all'inizio, trovò la mia scatola di antidepressivi.

Sospirai e dissi la verità.

"Ci sono delle cose che ti fanno stare bene?" proseguì Amber, questa volta sorridendo.
"Dipingere e cantare"

"Lo fai da sola o con qualcuno?"
"Da sola"

Quando le domande finirono, Amber stette in silenzio per un po', riflettendo, mentre io mi sentii come un animale allo zoo. Mi sentii strana, come se io fossi diversa dagli altri in modo negativo, come se avessi bisogno di aiuti in più per riuscire dove potevo farcela senza problemi anche da sola.

"Sei andata benissimo, non preoccuparti. Hai avuto molto coraggio ad ammettere le tue debolezze, guardandole in faccia e affrontandole. Sono fiero di te, Rossa" sussurrò Justin al mio orecchio, facendomi sorridere, anche se un motivo non c'era.

"Bene credo che per oggi possa bastare"
Amber si alzò dalla sedia.

I suoi occhi erano fissi sui miei. Lei non aveva ancora perso il sorriso.

"Ce la farai, ne sono sicura"
Mi abbracciò e parlò con me come se fossi un'amica di vecchio data, come se ci conoscessimo già da anni e non da un'ora. Quel lato di Amber mi fece sorridere e mi fece sentire a mio agio.

"Comunque sei davvero brava a disegnare. Allora Justin non aveva esagerato" disse guardandolo, entrambi si misero a ridere.

"Ci vediamo di nuovo venerdì" concluse Amber, "arrivederci Genesis"

La salutai a sua volta, mentre se ne andava.

Rimasi da sola con Justin che non smetteva nemmeno per un attimo di guardarmi.

Appoggiò le mani sulle mie spalle, giocando con i miei capelli.
"Ce la farai" mormorò, "in fondo devi solo avere pazienza"

Sospirai e appoggiai la fronte sulla sua spalla.
L'unica cosa che in quel momento volevo davvero era fare l'amore con lui, via da quella casa, ma non potevo.

Nonostante lo volessi davvero, non potevo uscire da quelle mura.
Nonostante lo amassi davvero, non potevo dirglielo.
Volevo davvero cambiare, ma non ci riuscivo.

La mia vita era solo un desiderio espresso durante la notte, alla vista di una stella cadente. Poche volte il desiderio si avvera e la stella finisce per svanire nel nulla.

Agorafobia; jdbDove le storie prendono vita. Scoprilo ora