18. Sorprese

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18. Sorprese

Genesis

"La verità è che non voglio più stare sola. Voglio avere qualcuno su cui contare davvero, qualcuno con cui poter piangere e che non ti giudichi, ma ti asciughi le lacrime.
Non voglio più svegliarmi la mattina, sapendo di essere sola, e di addormentarmi con la stessa consapevolezza. Un mondo affrontato da soli fa più paura che un mondo affrontato insieme e io non voglio avere paura. Voglio essere serena e vivere una vita senza paure, senza intoppi e soprattutto, senza essere sola"

***

Sentii un rumore e subito mi alzai dal letto. Controllai nel corridoio e mi accorsi che mio padre era appena andato via e, come ogni anno per Natale, sarebbe tornato solo dopo due giorni, dopo aver fatto visita ai suoi genitori, come sempre, senza di me.

Aprii le tende e notai quanto nevicò durante la notte. Era tutto ricoperto di un soffice tappeto bianco.

Dopo aver preparato il caffè, mi misi seduta sul divano, guardando la porta, come aspettando che la felicità bussasse da essa, cambiando la mia vita, anche se però, ovviamente, nessun genere di felicità entrò in casa mia.

***

Era ormai mezzogiorno e aveva smesso di nevicare da un pezzo, ma nonostante questo il bianco ricopriva ancora ogni cosa.

Una volta, il giorno di Natale in casa nostra era ben diverso. Un grande abete pieno di luci colorate arricchiva il grande e luminoso soggiorno e decine di addobbi ovunque erano sparsi per la casa. Durante il giorno di Natale, inoltre, stavamo tutti insieme. Passavamo il tempo a mangiare i cibi deliziosi che mia madre cucinava, scherzavamo, ci scambiavamo i regali e, se il giorno prima nevicava, ci divertivamo a creare dei pupazzi di neve in cortile. Quel giorno era speciale.

Fui risvegliata dai miei pensieri non appena sentii il campanello suonare. Mi alzai e con passo lento e indeciso mi avvicinai alla porta. La tentazione di lasciar perdere chiunque stasse lì fuori era forte, eppure aprii ugualmente.

Un'espressione confusa comparve sul mio volto quando notai che la persona fuori dalla mia porta era proprio Justin.

Entrò in casa con un sorriso stampato sul volto mentre io non capivo ancora il motivo della sua visita.

"Ciao Gen" mi mi salutò abbracciandomi dolcemente. "Non potevo sopportare l'idea che tu passassi il giorno di Natale da sola"

Sorrisi dolcemente alle sue parole, era la prima volta che qualcuno faceva un piccolo gesto per me, eppure mi riempii davvero il cuore di gioia.

"Justin, davvero, non preoccuparti per me. So benissimo che stare con me comporterebbe toglierti la possibilità di stare con la tua famiglia. Io sto bene qui, non devi preoccuparti"

Appoggiò le borse che aveva in mano sulla sedia e si tolse il capppotto.
"Non si discute, sono qua perché l'ho deciso io"

Quella frase mi riempì davvero il cuore di una felicità immensa.

Continuai a guardarlo sorridendo e mi ripresi non appena parlò.
"Non lo fate l'albero di Natale?"

Scossi la testa.
"Non lo abbiamo più fatto da quanto abbiamo traslocato, o forse anche prima, non ricordo"

Justin ci pensò un attimo su. I suoi occhi viaggiavano ovunque nella stanza e sentivo il suo respiro sulla mia pelle.

"Che ne dici se lo facciamo insieme, adesso?"

Sorrisi e annuii.

***

Spinse un bottone e subito le luci si accesero; la stanza era buia, illuminata soltanto dalle piccole luci colorate attorno all'albero, ricordandomi vagamente tante stelle lontane.

"È venuto bene" ammise Justin avvolgendomi un braccio attorno alla vita. "Non credi?"

Mi limitai ad annuire e andai in cucina.

***

Quel giorno fu sicuramente il più bel giorno di Natale della mia vita.
Sicuramente lo fu perché Justin venne a farmi visita, ma anche perché quel giorno una persona, con un piccolo gesto, mi aveva fatto capire che per ero importante, almeno per lui.

Capii che quel giorno fu bellissimo anche perché, come tale, trascorse velocemente e fino a quel momento, i miei giorni sembravano durare anni. Interminabili frammenti di tempo uguali ai precedenti.

Quel giorno non pensai per niente ai miei problemi. Non pensai a mia madre o a mio padre e non pensai a tutto quello che ogni giorno girava per la mia mente.
Quel giorno mi dimenticai veramente di tutto, per questo contò così tanto.

Quel giorno fui davvero felice, dopo tanto tempo.

***

Aprii leggermente gli occhi, non ricordando bene cosa fosse successo.
Sbadigliai e guardai l'orologio, notando che fosse già tarda notte.

Guardai a destra vedendo il dolce volto di Justin addormentato illuminato dalla luce emessa dal televisore.

Le labbra socchiuse, i capelli arruffati e il respiro calmo lo rendevano talmente dolce che non riscii a trattenere un sorriso.

Pensai a quanto fosse dolce come persona non solo a livello estetico, ma interiore. Il fatto che stesse cercando di farmi tornare il sorriso nonostante io non abbia fatto assolutamente niente per lui, lo rendeva speciale.
In quel momento, pensare che lui mi stesse aiutando per soldi o per ottenere qualcosa in cambio oppure per sentimenti di compassione contava poco. Alcune volte ci pensavo, eppure non riuscivo a capire perché lo facesse.

Si mosse leggermente e allora decisi di svegliarlo. Lo chiamai diverse volte, finché non aprì gli occhi, guardandomi.

"Se vuoi puoi dormire sul mio letto, è sicuramente più comodo che dormire sul divano" gli dissi.

"Non se ne parla" si limitò a dire.

Mi alzai e gli diedi una coperta.

Avrei voluto tanto ringraziarlo per ciò che stava facendo per me, eppure non trovavo le parole giuste per dirlo.
Decine e decine di belle parole avevo per la testa, eppure non riuscivo a dirglielo nonostante lo volessi davvero.

Allora sperai soltanto che i miei occhi parlassero per me.

"Buonanotte" sussurrai sorridendo e lui fece la stessa cosa.

Lo lasciai solo e andai in camera mia.
Mi misi a letto, raggomitolandomi sotto il calore delle coperte.

Il sonno e la stanchezza erano definitivamente scomparsi; avrei voluto soltanto che quel giorno durasse anche il giorno successivo e quello dopo ancora. Allora mi ricordai di quando mi svegliai la mattina di quel normale giorno di Natale, aspettando che la felicità arrivasse dalla mia porta: quella mattina la felicità entrò davvero a casa mia, nonostante lo reputassi impossibile.

Mi alzai dal letto e andai in soggiorno, camminando pian piano, con passo deciso.

Guardai verso Justin, sul divano, con il cellulare in mano. All'inizio non si rese conto della mia presenza, poi i suoi occhi, come due fari visibili nella notte, si accorsero di me.

Sospirai e sorrisi.
"Comunque" parlai sottovoce, "grazie. Grazie di tutto"

Justin sorrise e con quell'immagine si concluse la mia giornata, diversa dalle altre: molto meno monotona e fatta di pensieri, ma molto più piacevole e costituita da tanti piccoli attimi di felicità.

Agorafobia; jdbDove le storie prendono vita. Scoprilo ora