33. Paure

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33. Paure

Rimasi a letto con una forte febbre per abbastanza tempo. Solo dopo cinque giorni interi riuscii a sentirmi leggermente meglio, ma non del tutto.

La temperatura corporea era intorno ai trentotto gradi e le nausee momentanee erano forti e irritanti, ma la cosa peggiore era che dopo il terribile incubo dal quale secondo le mie teorie sarebbe scattato tutto, era impossibile dormire più di una o due ore.

L'incubo della scorsa notte mi aveva talmente scosso da rendermi tremendamente vulnerabile. Mi aveva terrorizzato ma non per il semplice fatto di aver visto determinate cose, ma la paura di temere qualcosa terribilmente più grande di me. Qualcosa che va addirittura oltre alla paura di uscire di casa. Avevo una folle paura di aver paura.

Chiamai Amber per fare una chicchierata, da sole. Lei era l'unica, in quel caso, che potesse aiutarmi. Era l'unica in grado di farmi capire cose che nemmeno io stessa riuscivo a comprendere.

"Oh tesoro, sei ridotta peggio di uno straccio. Sei pallidissima!" esultò appena entrò, con una mano sul petto. Dal suo volto traspariva agitazione.

"Passerà" la rassicurai alzandomi dal letto con fatica. "In fondo è solo un'infuenza"

Amber alzò le braccia.
"Un'influenza con i fiocchi!"

Ci mettemmo a ridere.

"Allora" continuò sedendosi, "ho sentito che hai fatto un passo molto importante"

Sorrisi e annuii, fiera di me stessa. La guardai negli occhi.
"Un'ora, Amber" dissi. "Un'ora fuori da qui"

Mi abbracciò e per la prima volta feci lo stesso.

"Genesis, sono così felice" mi disse. "Ci stai riuscendo"

Un mio colpo di tosse distrusse momentaneamente quell'attimo di gioia.

"Dove siete andati di bello?" chiese curiosa.

Per un momento mi stupii che Amber dasse per scontato che ci fosse stato Justin con me, ma subito dopo notai che se non ci fosse stato lui al suo posto non ci sarebbe stato nessuno.

Le raccontai tutti gli avvenimenti di quella epica giornata e per qualche istante mi scordai completamente di ciò che mi turbava.

Il segreto era pensare a qualcosa di bello, qualcosa che ti rende felice. È come finire in un altro universo, solo più bello e più piacevole dall'altro.

Sentendo la mia storia, Amber sembrava quasi più felice di me. Dopo aver parlato un po' della mia vittoria, la donna divenne seria di nuovo.

"C'è qualcosa che non quadra, però" disse con un sospiro.

Trattenni il fiato. Sperai che capisse da sola che c'era qualcosa che mi turbava e, come sempre, ci riuscì. Le raccontai tutto e Amber, con molta attenzione e concentrazione, ascoltò in silenzio.

Appena ebbi finito il mio racconto, la donna alzò un sopracciglio e sospirò.
"Accidenti" sussultò. "È una storia incredibile"

Rimasi in silenzio, aspettando che mi dicesse cosa, secondo lei, era giusto fare.

"Tuttavia, non credo sia qualcosa di cui valga la pena preoccuparsi".

Rimasi colpita dalla sua constatazione.

"Amber" mi intromisi, "potrebbe anche non avere importanza, però mi fa star male. Mi ha fatto riflettere e credo che ci sia davvero qualcosa di più grande, qualcosa che va ben oltre all'agorafobia"

Alzò un sopracciglio, incuriosita e sorpresa.
"Vale a dire?"

"È proprio questo il punto. Io non so cosa sia. Forse tu puoi aiutarmi"

Scosse la testa.
"Tesoro mio, io non posso aiutarti in questo caso. Devi scoprire da sola, cos'è che ti angoscia tanto"

Rimasi delusa in un primo momento. Avevo sempre contato sul suo supporto medico e, magari, anche quello personale.

"Uno psicologo" continuò "è solo un mezzo che ti aiuta ad affrontare le difficoltà, ma non le risolve al posto tuo. Io posso darti una mano, ma il resto devi farlo da sola. Capisci cosa intendo?"

Annuii, comprendendo meglio le sue parole. Forse avevo sperato troppo.

"Tu credi che io stia impazzendo, forse?"

Amber rise, poi mi rivolse un gentile sorriso.
"Certo che no. Sei solo un po' confusa e devi trovare la via giusta, ma nulla che non si possa risolvere con un po' di buona volontà, coraggio e soprattutto pazienza"

Annuii.
"Grazie. Alcune volte credo di essere protesa di natura, verso la follia"

"Tutti siamo un po' folli, in fondo. Non credi?"

Sospirai, abbandonandomi alla morbidezza del cuscino.

"Una volta" disse Amber, "avevo una paziente. Il suo nome era Diane. Era una giovane donna, sulla trentina. Da un paio d'anni stava coltivando una vera e propria ossessione verso il numero tre"

"In che senso?" chiesi confusa ed incuriosita.

"Faceva tutto per tre volte: chiudeva e apriva la finestra tre volte, masticava per tre volte, si pettinava tre volte e così via"

Mi intromisi.
"Però nulla di tragico, in fondo"

Amber scosse il capo.
"Un giorno, dopo un periodo in cui sembrava che tutto si fosse risolto in meglio, peggiorò drasticamente. Mangiava solo a distanza di tre giorni, parlava solo dopo tre giorni e cercava di respirare solo dopo tre minuti. Finché un giorno, perse l'uso della mano sinistra mettendosi tre chiodi nella pelle"

Involontariamente mi toccai la mano e cercai solo minimamente ad immaginare il dolore provato da Diane in quel momento.

La interruppi.
"Perché si comportava così?"

Amber sospirò.
"Vide suo figlio di pochi mesi morire nel sonno, ma lei era troppo impaurita per fare qualcosa. Si diede tutta la colpa"

In quel momento compresi le vere intenzioni di Amber.
Lei si avvicinò, lasciando perdere la professionalità.

"So come ti senti" mi disse. "So che tu pensi di essere fuori di testa e so che ti vergogni, da un lato, di avere le paranoie che hai. Voglio solo dirti che non devi abbatterti. Hai avuto tante infelicità nella vita e sofferto tanto. La morte di tua madre è stato un trauma per te, eri solo una bambina in fondo. È da qui che si genera tutto, ma la tua reazione è normale. Nemmeno io, l'uomo più coraggioso del pianeta o chiunque ne sarebbe rimasto indifferente. Non sentirti inferiore solo perché hai dei problemi. I probemi si superano, le paure si sconfiggono. Non te lo dico da psicologa, ma da amica"

"Forse hai ragione tu" ammisi. "Grazie"

Lei mi sorrise, prese la borsa e andò alla porta.

"Devo andare, adesso. Buona fortuna"

Le sorrisi.
Amber uscì però poi si fermò.

"Comunque" concluse,"sono felice che tu abbia Justin. Lui saprà come aiutarti e come amarti. È molto fortunato ad avere te e tu sei fortunata ad avere lui. Vi auguro il meglio"

Agorafobia; jdbDove le storie prendono vita. Scoprilo ora