28. Siamo più che amici.
Sentii il telefono vibrare sul comodino accanto a me e grazie alla luce accesa riuscii a trovarlo senza nessuna difficoltà.
Lessi sullo schermo il nome di Justin e senza pensarci troppo risposi.
"Ciao" sussurrò.
"Ciao anche a te" lo salutai con una leggera risata.
"Come mai sei sveglio a quest'ora?" domandai notando che fosse l'una di notte.
Lo sentii ridere leggermente.
"Potrei farti la stessa domanda""Le mie ragioni le sai" risposi distendendomi e appoggiando la testa sul cuscino. "Tu invece?"
Sospirò.
"Stavo studiando""Sei fuori di testa se studi fino a quest'ora"
"È probabile" ammise.
Per alcuni istanti nessuno disse niente.
"Tu stai meglio adesso?" mi chiese con tono premuroso.
Annuii sorridendo.
"Sì, sto bene, grazie per avermelo chiesto""Non hai sonno?" continuai.
Rispose di sì.
Ero intenta a chiudere la telefonata e lasciarlo risposare, ma non ne volle sapere.
"Non sei costretto a farlo" ammisi "dormirò quando riuscirò a prendere sonno. Potrebbero anche volerci delle ore"
Lo sentii mettersi sotto le corperte.
"Aspetterò"Strinsi il cuscino.
"Ti stai scavando la fossa" risi.Non me lo sarei mai aspettata, ma rimanemmo al telefono per circa due ore. Parlammo di cose perlopiù inutili, che però mi fecero sorridere. Mi fecero sgomberare la mente dai pensieri e dalle preoccupazioni, facendomi dormire.
***
"Con chi parlavi questa notte?" chiese mio padre bevendo un sorso del suo caffè.
Mi sorpresi del fatto che fosse stato in grado di ascoltare quella conversazione.
Presi una tazza dallo scaffale e la riempii di caffè.
"Con Justin" risposi.
Mio padre restò sorpreso dalla mia risposta.
"Sbaglio o fino a qualche mese fa lo volevi fuori di casa?"Scrollai le spalle e mi misi seduta sulla sedia della cucina, difronte a lui.
"L'ho conosciuto meglio e ho cambiato opinione su di lui"
"Capisco" disse, "e perché parlavate nel cuore della notte? Potevate farlo di giorno"
Bevvi un sorso del mio caffè.
"In realtà" risposi sinceramente "mi teneva solo compagnia. Gli ho raccontato dei miei problemi a prendere sonno e voleva rimanere con me finché non riuscivo ad addormentarmi"L'uomo mangiò un biscotto, con aria perplessa e attenta.
"È stato molto gentile"Annuii e continuai a fare colazione in silenzio, indecisa se dirgli la verità.
"Avete una bella amicizia?"
Sospirai e mi morsi il labbro, ormai obbligata a confessargli tutto.
"Veramente" sussurrai "noi siamo più che amici"Mio padre appoggiò la tazza e mi scrutò da capo a piedi, aspettando che gli parlassi per dargli la conferma sul rapporto tra me e Justin.
"Stiamo insime"
Rimase zitto. Aveva uno sguardo indecifrabile, non riuscii a capire se provasse felicità o rabbia, oppure qualche altra emozione.
Non mi guardò.
"Da quanto va avanti questa storia?"Aveva un tono severo.
"Un po' di tempo" dissi decisa.
Si mise a ridere e lo fulminai con lo sguardo. Solo in quel momento riuscii a capire a cosa veramente pensasse.
"Non farci troppo l'abitudine, tesoro" si alzò e lavò la sua tazza "preparati a tornare single di nuovo"
Rimasi a guardalo. Non capivo davvero perché facesse di tutto per diminuire la mia felicità. Forse lo faceva perché non ci teneva a me, però non riuscivo davvero a pensarlo. Non potevo credere che lui non mi volesse bene.
Probabilmente faceva così per non sentirsi triste da solo."Imparerai che tutti gli uomini, prima o poi, si stancano di una donna"
Mi alzai, mettendomi davanti a lui.
Quelle parole non mi ferirono più di tanto, ma ero certa che fossero come un pugno nello stomaco per un'altra donna."Quindi tu ti eri stancato della mamma?"
Rimase immobile, colpito nel profondo dalla mia domanda.
"Alcune volte preferirei non averla mai incontrata nella vita"
Continuò ad evitare il mio sguardo, ma io non smisi per un momento di guardalo. Provai un'enorme voglia di farlo sentire un uomo piccolo e impotente. Piccolo difronte ad una donna e impotente davanti a sé stesso, e riuscii nel mio intento.
"Nonostante la sua scelta egoista ed esibizionista che mi ha rovinato la vita, sappi che io non ho smesso di amarla neanche per un momento"
***
"Magari non lo pensava veramente" mi tranquillizzò Justin dopo avergli raccontato la conversazione appena avvenuta con mio padre.
Negai.
"Lo conosco fin troppo bene" dissi "fa così per incolpare qualcuno della sua infelicità. Odia la sua vita, eppure non fa niente per cambiarla. È troppo debole per affrontare dei cambiamenti ma troppo stanco di vivere così"Justin rimase ad ascoltarmi fino alla fine.
"Vorrei solo che fosse felice" continuai "ma in questo caso nessuno, se non lui stesso, può fare qualcosa per cambiargli il modo di vedere la vita".
***
Questo è un capitolo di passaggio e da tale mi rendo perfettamente conto che non può essere la parte migliore della storia né quella più emozionate e ricca di avvenimenti, quindi mi dispiace se non avrà soddisfatto le vostre aspettative.
Comunque, ci tengo a specificare che da questo capitolo ha inizio il vero e proprio svolgimento della storia.
Alla prossima :)
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Agorafobia; jdb
Fanfiction«L'agorafobia è la sensazione di paura o grave disagio che un soggetto prova quando si ritrova in ambienti non familiari o comunque in ampi spazi all'aperto, temendo di non riuscire a controllare la situazione che lo porta a desiderare una via di fu...