45. Il senso di tutto ciò
Io e Justin eravamo in viaggio da più di due ore e mio padre non mi aveva chiamato nemmeno una volta.
"Magari non ci tiene a me" dissi quasi in preda alle lacrime. "Magari aspettava solo questo momento"
Justin teneva gli occhi fissi sulla strada ed era piuttosto tranquillo, come se andarsene di punto in bianco fosse una cosa da tutti i giorni. Molte volte avrei voluto essere come lui, molto meno riflessivo di me soprattutto perché tante volte le mie riflessioni mi portavano solo a star male.
"Genesis, tesoro" disse Justin sorridendo, "non capisco come tu faccia a pensare a lui. Non so davvero dove trovi la forza per farlo dopo tutto quello che ti ha fatto. Dovresti odiarlo"
Sospirai e guardai la strada.
"In effetti dovrei, però non ci riesco""Lo faccio io al posto tuo, non ti preoccupare" concluse secco Justin.
Non riuscii a trattenere una risata.
"Forse aspettava solo il momento giusto per liberarsi di me" continuai.
La strada sembrava non finire mai. Più di un'ora prima avevamo imboccato una strada abbastanza grande ma completamente deserta.
"Perché avrebbe dovuto farlo? In ogni caso è vero, ti ha perso, ma ci ha rimesso lui. Non ci hai rimesso tu, ricordalo"
"Forse lo ha fatto per volere una vita più normale. Non si può avere una vita normale con una persona non normale a fianco" dissi anche se mi costò molta fatica.
Justin sorrise per poi svoltare a destra, abbandonando finalmente quell'immensa strada.
"È curioso sapere che molte persone credono ancora che la normalità esista"Mi sistemai meglio sul sedile e pensai alle volte in cui ero uscita di casa con lui. La prima volta non ci riuscii, la seconda lo feci anche se mi costò molta fatica. Fuori casa non stavo ancora totalmente bene e a mio agio tanto da chiedere di tornare indietro.
Invece, in quel momento ero perfettamente a mio agio, calma e per nessuna ragione al mondo avrei chiesto di tornare indietro.
"Perché?" risi. "Certo che esiste la normalità!" esclamai confusa.
"Allora definiscila"
Guardai di nuovo fuori dal finestrino. Quella domanda mi spiazzò letteralmente.
"Hai detto che esiste. Bene, allora dammi una definizione di normalità" continuò Justin. Sembrava essere divertito.
"Bhe" iniziai, "una vita normale è una vita monotona ma bellissima"
"Cioè?"
"Una vita normale è avere una famiglia ad esempio, avere dei figli e un lavoro"
"Magari per te, ma per gli altri? Secondo te questo è normale, ma non tutte le persone hanno la stessa concezione di normalità. La normalità non si può definire e se una cosa non si può definire non esiste"
Lo guardai confusa, ma lui sembrava molto fiero delle sue parole quindi evitai di contraddirlo anche perché si stava facendo tardi e dovevamo trovare una sistemazione.
"Dimmi piuttosto dove stiamo andando"
Sospirò e svoltò di nuovo.
"In realtà non lo so"Lo guardai preoccupata.
"Ma come non lo sai? Vuoi dire che per queste ore abbiamo girato per il Canada senza sapere dove andare?"Rimase in silenzio. L'unico rumore era quello della macchina.
"E va bene" ammise. "Hai ragione"
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Agorafobia; jdb
Fanfiction«L'agorafobia è la sensazione di paura o grave disagio che un soggetto prova quando si ritrova in ambienti non familiari o comunque in ampi spazi all'aperto, temendo di non riuscire a controllare la situazione che lo porta a desiderare una via di fu...