45. Il momento che precede la catastrofe

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ELEANOR


Sgattaiolai fuori dalla mia camera da letto quando il sole era sorto da un bel pezzo e brillava alto nel cielo. Hunter dormiva ancora, e io bramavo una doccia con ogni fibra del mio corpo.

Il mio corpo in effetti fu la prima cosa che vidi, non appena mi fermai davanti allo specchio del bagno. Il riflesso che mi restituì era... raccapricciante. Avevo i capelli in completo disordine, alcune ciocche si erano annodate tra loro; il trucco sciolto, il mascara sbavato sotto gli occhi, le labbra ancora gonfie. Senza contare quei segni rossicci che Hunter aveva il vizio di lasciarmi addosso ogni volta che facevamo sesso.

E di sesso ne avevamo fatto parecchio, quella notte. Avevamo iniziato non appena eravamo rientrati nel mio appartamento e ci eravamo fermati solo alle cinque del mattino per chiacchierare. Poi lui si era addormentato mentre parlava, io gli avevo rimboccato le coperte e avevo cercato di prendere sonno, ma senza successo perché, a quanto pare, il mio corpo era troppo su di giri per potersi permettere di dormire.

Entrai nel box doccia e lasciai che il getto d'acqua quasi bollente mi investisse completamente, la nube di vapore ad avvolgermi il corpo che mi aiutò a rilassarmi.

Ovviamente durò troppo poco, perché appena dieci minuti più tardi sentii la porta del bagno aprirsi e non ci fu bisogno che spiassi per sapere che si trattava di Hunter.

«Eleanor?» mi richiamò con la voce impastata, e senza attendere una risposta spalancò le porte in vetro del box.

Mi puntò gli occhi gonfi addosso, poi soffocò uno sbadiglio dietro la mano. Era ancora nudo e sembrava un dio.

«È quasi mezzogiorno» bofonchiò.

«Lo so», gli risposi, mentre mi insaponavo i capelli.

Mi squadrò da capo a piedi, quasi volesse sfamarsi con la visione del mio corpo nudo sul quale scorreva l'acqua, e io mi sentii avvampare. Probabilmente non avrebbe mai smesso di farmi quell'effetto.

Senza dire una parola, entrò nel box doccia e si posizionò sotto il soffione.

Si arrotolò una ciocca dei miei capelli attorno all'indice, le sue pupille guizzarono sulle mie labbra fino a risalire agli occhi. «Voltati.»

Intuii cosa avesse in mente e, sebbene avessi ancora i muscoli indolenziti a causa delle ore prima passate a fare sesso, obbedii, ritrovandomi faccia a faccia con le piastrelle chiare.

Le sue mani si posarono sui miei fianchi e, lente, si spostarono verso l'alto. Percepii il suo respiro sul collo, dove lasciò un piccolo bacio.

Quell'innocuo contatto bastò a incendiarmi.

Mi accarezzò i capezzoli con i pollici mentre lambiva con la lingua quella piccola porzione di pelle particolarmente sensibile dietro l'orecchio, e io andai incontro al suo corpo finché non percepii la sua erezione spingersi tra le mie natiche. Lo sentii emettere un gemito roco e mi strusciai ancora contro di lui, che per tutta risposta mi pizzicò un capezzolo e mi infilò una mano tra le cosce, dove trovò il mio sesso già pulsante d'eccitazione. Mi stuzzicò lentamente il clitoride, senza alcuna fretta, come se avesse tutto il tempo del mondo, ma io ero troppo eccitata, volevo di più, e continuai a muovermi contro la sua erezione gonfia.

Mi morse una spalla e mosse le dita più velocemente, strappandomi un ansito rumoroso che si disperse nello scroscio dell'acqua che scivolava addosso ai nostri corpi concupiscenti.

Mi penetrò con un dito, senza smettere di massaggiarmi il clitoride con il pollice. Buttai la testa all'indietro, permettendogli di divorarmi il collo con baci e morsi.

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