Attenzione: presenza di cheeseburger vegetariani, coperte leopardate e gay smut

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Passo tutta la domenica pomeriggio a sclerare al telefono con Brendon. Letteralmente.
Continuo a fare discorsi lunghissimi tutto d'un fiato e poi a gridare in modalità fangirl. Alle cinque, è lui a dirmi che dovrei prepararmi e a riattaccare mentre io, piangendo, lo imploro di rimanere ancora dieci minuti per impedirmi di avete un attacco di panico.

Così, mentre mia madre mi guarda tremare e graffiare i mobili della casa in preda all'agitazione, mi costringo a fare una doccia e a usare il profumo di Gucci che mi ha dato Brendon tempo fa. Poi mi vesto.
Eh.
Mi vesto. Impresa tutt'altro che facile per una troietta in calore.
Ribalto tutto l'armadio da cima a fondo, riflettendo su cosa si metterà Gerard, su come avrà i capelli e tutto il resto. Mi provo decine di robe, potrei farci un libro, tanto sto penando per scegliere il mio outfit, tipo Le Cronache di Frank Sassy Iero, una puttanella innamorata.
L'unica cosa di cui sono sicuro sono le mie amate Converse nere. Per il resto mi affido all'istinto di sopravvivenza del buon gusto musicale. Skinny neri strappati, felpa nera e maglietta dei Nine Inch Nails.
Quando scendo le scale, però, mi accorgo che sono solo le sei e venti, e che quindi avrò dieci minuti per riempirmi di ansia, avere mia madre che mi ronza attorno e guardare il cellulare mangiucchiandomi le unghie aspettando la chiamata di Gerard.

In silenzio, mi siedo sul divano, mordendomi il labbro. Ho mal di pancia. Ma forte. Tipo mestruo.
Dopo aver pregato la natura di non farmi venire il ciclo proprio oggi (sì, sto scherzando, no, NON HO UNA VAGINA, non ancora) comincio a guardare i nostri messaggi, poi a mandare snapchat a Brendon di come sono vestito per cercare approvazione, e in tutto questo dopo cinque minuti Gerard mi chiama, rispondo e quasi non respiro, poi lui dice "ehi" e io rimango in silenzio.

- Frankie? - domanda dopo un po', ridacchiando - Ci sei?

Mi riscuoto:

- Certo. Certo. Ciao. Cioè, ti voglio bene... ehm, no. Aspetta - cerco di respirare, mia madre mi guarda corrugando la fronte. Poi ricomincio:

- Ciao. Ehi. Come... come va?

Ride, di nuovo:

- Perché non me lo chiedi di persona? Sono esattamente davanti a casa tua.

NON LO SO AIUT STO SCOPPIANDO.

- Arrivo subito - chiudo la chiamata con il briciolo di voce che mi resta, e corro alla porta, ma Linda Pricolo mi sbarra l'uscita, indicandosi la guancia con pretesa.
Per la miseria.
Sospiro, poi le do un bacio, e lei mi lascia passare, dicendomi che se finisco in Asia a fare palloni da calcio come sottopagato sono cazzi miei.

Esco, sotto la pioggia.
C'è una sola macchina.
Corro. Anzi, no: volo. Apro la portiera, e lui e lì, sta tamburellando sul volante. È vestito con dei jeans azzurri, una maglietta scura e una giacca di pelle. Nera.
Potrei svenire anche ora, per quanto mi riguarda, ma riesco solamente a fissarlo, cercando di calmare le ghiandole salivarie e le ovai... Cioè, il mio piccolo amico.

- Entra, non ti bagnare - mi invita dopo qualche secondo di contemplazione, con un sorriso bellissimo. Ah, i doppi sensi!
Mi siedo, cercando davvero di non bagnarmi, e chiudo la portiera, poi lo guardo ancora, mentre gira la chiave, cercando la cintura con una mano.

- Ti senti bene? - domanda, dopo un po'  che lo sto fissando come un ebete.

Mando giù la saliva accumulata, e balbetto qualcosa di sensato tipo:

- Sì, cioè, wow, sei meraviglioso, oh, diamine, i tuoi capelli, e quella giacca, ti sta veramente bene, no, non solo bene, benissimo.

Ho detto tutto d'un fiato, fissando il pavimento e arrossendo di colpo. Ecco.
Ce l'hai fatta a fare l'idiota, Iero.

𝐬𝐜𝐡𝐨𝐨𝐥 • 𝒻𝓇𝑒𝓇𝒶𝓇𝒹  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora