"I tuoi sono d'accordo, vero?" Mi chiede il moro mentre scendiamo dall'autobus.
"Ho detto loro che andavo da un amico. Non hanno fatto una piega, con tutti i pensieri che hanno ora per la testa. Non mi hanno nemmeno detto perché hanno smesso di parlarsi."
"No?"
Scuoto la testa.
"Strano."
"Deve essere qualcosa di grosso."
"O forse non vogliono farti preoccupare."
"Non credo sia così."
Camminiamo per qualche minuto in silenzio, il mio braccio che ogni tanto sfiora il suo, le nostre mani indecise se intrecciarsi o meno.
"Com'è tua madre?"
"Ecco cosa c'è! Sei nervosa."
"Come ecco cosa c'è?" Alzo le sopracciglia
"Sei così tesa. Rilassati, Janie." Mi circonda le spalle con un braccio.
"Forse hai ragione tu."
Appoggio la testa alla sua spalla, come ormai sono abituata a fare.
"Sai, non avrei mai pensato di arrivare fin qui." Rompe nuovamente il silenzio.
Lo guardo interrogativa, incitandolo a continuare. "Voglio dire: guardati. Credevo che dopo quella volta sul bus non ti avrei più rivista, di averti spaventata con i miei discorsi senza senso, e invece sei qui di fianco a me."
Annuisco.
"E parli. Dio, quanto è stato difficile farti parlare. Credevo non mi sopportassi, all'inizio."
"In effetti era così." Ridacchio. "Ma sei stato piuttosto bravo nel farmi cambiare idea."
Abbassa lo sguardo lentamente. I suoi occhi ora sono fissi nei miei.
È scomoda, come posizione, data la vicinanza dei nostri volti, ma nessuno dei due accenna a spostarsi.
Le sue labbra si incurvano in un sorriso, specchio del mio.
Alzo le spalle. "Perché proprio me?"
Lui sembra riscuotersi dalla trance in cui era entrato.
"Cosa intendi dire?" Il suo sguardo torna davanti a noi, si perde nel viale costeggiato da villette a schiera.
"Un sacco di ragazze salgono su quel bus tutti i giorni. Perché sei venuto a parlare con me? Non sono di certo la più bella, devi ammetterlo."
Sbuffa, una candida nuvoletta di vapore scivola fuori dalle sue labbra.
"Non è necessario che una ragazza sia bella perché attiri l'attenzione. E poi sì, non sarai una modella, ma i tuoi genitori hanno fatto un buon lavoro, non puoi negarlo." Mi fa l'occhiolino.
Ridacchio sperando che il moro attribuisca il rossore sulle mie guance al freddo.
"Si può dire lo stesso dei tuoi." Mi pento subito dell'affermazione.
"Woah." Si ferma allontanandosi da me per potermi rivolgere lo sguardo più facilmente "Jane che mi fa un complimento? Hai una penna? Devo segnarmelo da qualche parte prima che mi diano del visionario."
Lo spintono. "Stupido!"
Lui ride scuotendo la testa.
Svoltiamo l'angolo e la familiare porta blu scuro spicca contro la vernice bianca che riveste le pareti esterne della casa.
"Ci siamo." Mormoro sospirando gravemente.
"È una donna tranquilla, sai? Solo un po' giù, ma si sta riprendendo." Afferma mentre gira la chiave nella toppa, quasi più per convincere sé stesso che me.
"Mamma, sono a casa!" urla appena varcata la soglia. La sua voce è calda, carica di affetto, come se la tipica crisi adolescenziale in conflitto con i genitori non l'avesse mai colpito. E forse è così. La sua non deve essere una situazione facile, dopotutto.
Una donna poco più alta di me sbuca dalla porta della cucina, a sinistra.
I capelli sono lunghi e neri, raccolti in uno chignon alto ma disordinato e la fronte è increspata da rughe profonde, come se avesse passato gli ultimi anni avvolta dalla disperazione.
È magra, esile. Fragile. Gli occhi sono contornati da occhiaie violacee, ma brillano.
Sì, gli occhi verdi come il mare d'inverno brillano di gioia e forse anche qualcosa di più. Speranza dice una voce nella mia testa, e solo ora capisco cosa intendesse Oliver, quanto profondo deve essere stato il cambiamento provocato dalle semplici battute di un film.
"Salve." Saluto cordialmente accorgendomi solo ora di averla fissata troppo a lungo.
Le sue labbra chiare si incurvano in un sorriso. "Tu devi essere Jane." Si avvicina a passi leggeri fino a darmi un breve abbraccio. Le sue braccia deboli e scheletriche avvolte attorno alle mie spalle.
Annuisco.
È Oliver a prendere la parola. "Sì, be', quindi... noi andiamo su, così possiamo appoggiare gli zaini."
"Non metteteci troppo, però." La donna ammicca. "Il the sarà pronto in qualche minuto."
***
Sì lo so è passato un po' di tempo. Spero di farmi perdonare con la lunghezza del capitolo...
E niente, sono distrutta. Fra la scuola che è finita alle due e la partita di baseball sarò stata a casa sì e no quaranta minuti.
Ma non potevo non aggiornare.
PREPARATEVI PER IL PROSSIMO CAPITOLOOOOOOOOO.
Sono in arrivo sorprese *smirks*
That_Ravenclaw_Girl
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Weather Talks
Short Story"Gli sconosciuti parlano del tempo" *~*~* Highest rank: #53 in Short Story