Capitolo trenta

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Il fine settimana è passato. E di lui ancora nessuna traccia.

I peggiori scenari si sono ripetuti quasi in loop nella mia mente e la paura di non rivederlo più mi ha ormai divorato lo stomaco.

La situazione a casa si è fatta sempre più pesante, specialmente ora che non c'è più Oliver a scrivermi per i motivi più futili nel bel mezzo del pomeriggio.

"Mangio prima il panino con il tacchino o quello con la cotoletta?"

Quasi salto in piedi quando sento la sua voce di fianco a me. Mi volto, bisognosa di accertarmi che sia proprio lui, e sgrano gli occhi quando riconosco le sue iridi azzurre.

"Dov'eri?"

"Tacchino o cotoletta? Sembrano tutti e due così invitanti..."

"Perché non ti sei fatto sentire?"

"Penso che inizierò con il tacchino. La cotoletta me la tengo per ultima, sai, per chiudere in bellezza."

"Oliver piantala. Mi hai fatta preoccupare. Tre giorni e nemmeno una parola... dopo tutto quello che è successo!"

Sento il mio viso accaldarsi per l'agitazione e rabbia mista a sollievo a scompigliarmi i capelli.

"Ti sei... ti sei preoccupata?"

"Non avrei dovuto?"

"Sono soltanto uscito in ritardo da scuola!"

"E perché non mi hai detto nulla? Voglio dire, nemmeno un messaggio in tutto il fine settimana." Mi rendo conto di essere paranoica, forse addirittura assillante, ma non posso evitare di comportarmi così, come se avessi il diritto di sapere. Come se fossi effettivamente qualcuno, nella sua vita, oltre ad una conoscente con cui parla sull'autobus dopo la scuola.

"Non volevo disturbarti. Nemmeno tu sei stata di molte parole, comunque."

Abbasso lo sguardo, le mie guance ora rosse più per l'imbarazzo che per altro.

Sento la sua mano appoggiarsi leggera sulla mia spalla.

"Scusa, avrei dovuto dirti qualcosa. È che all'uscita da scuola è venuto a prendermi mio padre e... non me lo aspettavo, ecco. Sono rimasto scioccato."

"Com'è stato?"

"Ho aspettato per tutta la mia vita di rivederlo, di sentirgli dire che non si è dimenticato di me e di mia madre e che ha intenzione di ritornare nelle nostre vite. Penso che a volte immaginare un avvenimento sia meglio che viverlo."

"È stato così terribile?"

"No, non lo è stato. Ma le persone non dicono mai quello che vorresti sentir uscire dalle loro labbra, no? Avrei sperato in qualcosa di più."

La sua mano è ancora sulla mia spalla, così la prendo nella mia intrecciando le nostre dita e stringendola delicatamente.

"La vita non è un libro."

"A volte vorrei lo fosse."

Sospiro. "Già. A volte lo vorrei anche io."



***



Sì, concordo. Vorrei che la vita fosse un libro.

E che John si decidesse a mettersi con Sherlock, ma dettagli.

Anyway, finalmente Sabato. Giuro, mi sento invincibile il sabato. Al contrario la domenica mi colpisce in faccia come uno schiaffo. Il weekend è troppo corto, propongo una petizione.


Chiacchiere a parte, si sono ritrovati, eh? Cosa succederà ora? Ignoreranno cosa è successo quel pomeriggio da Oliver o troveranno il modo di chiarire?


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That_Ravenclaw_Girl

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