POV ASHLEY
Sono una stupida. Stupida. Stupida. Stupida.
Come ho potuto davvero sperare che non ricordasse le mie parole?
Che poi esattamente cos'è che gli ho detto? Ah, sì: "...è una materia inutile. Mi sorprendo che ci sia ancora qualcuno che possa interessarsi a qualcosa che uno scrittore ha scritto cento anni fa...".
Queste parole avrebbero dovuto disperdersi nell'aria mentre invece sono tutte lì, stampate nella sua testa. Il ché può anche essere normale, dato che è un professore. E' assurdo come riescano a ricordare ogni minimo dettaglio di ogni singola lezione che tengono, quindi non è un fatto così strano che lui ricordi anche le mie parole. Probabilmente potrebbe farci un trattato.
E' un professore, è programmato per essere così. E' stato costruito in questo modo.
Probabilmente ai test di ammissione alla facoltà di letteratura lo hanno sottoposto ad uno di quei test sulla memoria visiva e altre abilità cognitive come fanno nei Marines.
Vorrei entrargli nella testa per vivisezionare tutti i suoi ricordi e fare una cernita di ciò che può andare bene e di ciò che invece va buttato. Un po' come quando si fa il cambio armadi. Perché è scontato che il mio nuovo professore si terrà le mie parole in ostaggio, in attesa solo che io gli paghi il riscatto.
Già lo vedo entrare in classe con aria spavalda e consegnarmi con una scusa qualsiasi un bigliettino scritto con lettere ritagliate dai giornali: "sE vUoI ChE NoN diCA A NesSunO CIo' chE mI HaI DeTTo dOvRaI FerMArTi TuTTi I GioRNi doPo SCuoLA A FaRe LaVoRI SoCiaLMEntE UtiLI".
Per tutto il resto della mattinata nella scuola si respira aria di festa e cambiamenti, ma io mi trascino di aula in aula, ancora scombussolata da ciò che è successo durante la prima ora.
Al suono dell'ultima campanella fuggo verso la pesante porta a vetri dell'ingresso ed esco all'aria aperta. Aria, mi serve aria. Il cuore comincia a calmarsi appena mi lascio alle spalle il parcheggio del liceo ma riprende a battere forsennato nel momento esatto in cui dal pullman scendo alla fermata di fronte al centro commerciale.
Mi fisso nel riflesso di una vetrina: sono un mostro. Totalmente anticoncezionale.
Non posso presentarmi a un colloquio di lavoro con un maglione sfilacciato e di due misure più grande. Provo ad arrotolare le maniche e a darmi una sistemata ai capelli. Ora sembro un mostro pettinato.
Mentre arranco sfinita lungo i corridoi luccicanti, su cui si affacciano deliziose vetrine di negozi griffati, vengo colta dalla tentazione di lasciar perdere tutto e tornarmene a casa.
Ma non posso farlo. Questo è il primo colloquio di lavoro che sono riuscita a ottenere da quando mi sono trasferita, perciò deve assolutamente funzionare. Per poter aiutare la mamma con i conti.
E anche perché in effetti devo cinquanta dollari a Kate.
Mi fermo di fronte al sexi shop e mi guardo attorno furtivamente. Il corridoio non è troppo pieno e se aspetto che tutti siano girati a guardare i manichini potrei anche riuscire ad entrare senza dare nell'occhio. Il problema è che la gente non guarda come sono vestiti i manichini. La gente guarda come è vestita la gente. Anche perché è più economico. Voglio dire, se vedi una maglia su un manichino puoi essere colta dalla tentazione di entrare e comprartela. Se vedi la stessa maglia su una signora non puoi certo fermarla e chiederle se può sfilarselo.
Una coppia attempata mi passa davanti, si ferma a fissare la vetrina del sexi shop, quindi si allontana scrollando la testa.
Non posso restare ancora ferma qui impalata. Prima o poi qualcuno comincerà a farsi domande.
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DENTRO GLI OCCHI DI CHI VEDE#wattys2017
ChickLitASHLEY: studentessa del liceo, vita sentimentale disastrosa, lavoro part-time in un sexi shop di cui non sa nulla in quanto vergine. In cerca di una storia d'amore, crede nei valori e nelle favole. LUCAS: ginecoloco di Ashley, donnaiolo incallito, a...