IL NUOVO PROFESSORE

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POV ASHLEY

"Almeno so che non dovrò usare quel numero per rintracciarti. Non che questo mi impedirà di riuscirci".

Questo potrebbe voler dire...

Oppure potrebbe significare che...

Ogni volta che ripenso a quella frase mi viene la nausea, le mani cominciano a tremare e non riesco a concentrarmi su nulla.

So benissimo che è la classica frase da rimorchio priva di significato che un ragazzo si sente in dovere di dire al momento dei saluti. D'altra parte, quanti abitanti ci saranno a Colorado Sprig? E' impossibile che riesca a trovarmi.

Infilo il braccio nello zaino alla ricerca del cellulare. Trovo l'astuccio, il diario, la carta di una caramella, il libro di matematica e quello di storia dell'arte.

"Non che questo mi impedirà di riuscirci...".

Oh, Dio. Oh, Dio.

Okay, basta. Non devo più pensarci. Dove diavolo è il mio cellulare? Ah, eccolo. Non devo più pensarci.

E' solo una frase, nulla di più. Una frase buttata lì a caso e accompagnata dalla più sensuale strizzatina d'occhio che mi sia mai stata fatta. Non significa nulla.

Oppure potrebbe significare che lui...

Digito veloce sul motore di ricerca del cellulare: Abitanti Colorado Spring Wikipedia.

Ecco!

Lo dicevo io. Sono 416 427.

Non potrà mai trovarmi. Non figuro nemmeno sulle pagine bianche.

"Come ti senti?". La mamma sbuca in cucina portando tra le braccia un groviglio di centrini ricamati.

"Così così", faccio spallucce. "Sono ancora un po' frastornata per il terremoto di ieri sera".

"Dio, non mi ci far pensare", sospira, depositando i centrini al centro del tavolo.

La cucina è ancora sotto sopra, piena di scatoloni impilati contro le pareti e con le antine dei mobili da fissare. Mangiamo in piatti di carta e ordiniamo cinese da asporto ogni sera perché nessuna delle due ricorda in quale scatola sono state imballate le pentole. Ma tutto sommato la casa sta cominciando ad avere forma. Non è grande: una stanza per me e una per mia madre. Sull'annuncio delle case in vendita c'era scritto "cucina ultra accessoriata" ma probabilmente chi aveva scritto l'articolo era un uomo, perché l'unico accessorio presente è una caffettiera e un tostapane. Il salotto in compenso è arioso e nel bagno c'è una vasca enorme che ho già collaudato diverse volte.

Tra la veranda e il marciapiede c'è una piccolissima strisca d'erba, troppo minuscola per pensare di ricavarci un giardino o un orto ma abbastanza curata da poterci mettere due sdraio.

Non è esattamente la casa dei sogni, quelle che si vedono fotografate sulle riviste patinate, ma è funzionale.

"Il telegiornale non fa che parlare del terremoto di ieri sera", racconta concitata mentre scarta una brioche alla marmellata di pesche. "Tieni. Mangia".

"Ma... non la voglio", cerco di restituirgliela.

La spinge a forza verso di me. "Mangia.... e dico, lo hai visto il nostro tetto? Dovremo farlo riparare e anche parte della veranda. Meno male che l'assicurazione ci copre l'80% dei danni".

"Mamma, sul serio, non la voglio questa brioche".

"E meno male che almeno non hanno chiuso le scuole e gli uffici pubblici". Osserva un centrino con occhio critico, poi lo ripiega su sé stesso e mi lancia un'occhiata severa da sopra gli occhiali da vista. "Ma ancora non hai finito di fare colazione? Farai tardi a scuola".

DENTRO GLI OCCHI DI CHI VEDE#wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora