L'ORA DI SUPPLENZA

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POV ASHLEY

Okay.

Tieni la bocca chiusa.

Stai zitta e non dire a nessuno che due giorni fa hai bevuto un caffè con David Sentfhort.

Non che io abbia intenzione di entrare a scuola e urlarlo ai quattro venti, anche se ad essere del tutto sincera mi piacerebbe da matti vedere che faccia farebbe Lucy Anderson.

No, sicuramente non mi crederebbe.

Quando attraverso il cortile della Bennet Hight scool sono cosi tesa che rischio di scontrarmi con la porta a vetri dell'ingresso. So già che prima o poi, senza realmente volerlo, mi sfuggirà con qualcuno.

O magari qualche studente lo intuirà. Perché mi sembra quasi di averlo stampato in fronte. Ogni mia mimica facciale sembra urlare al mondo intero ehi, sapete che sono uscita col professore di letteratura inglese?

E' molto peggio di essere finita nel film horror "so cosa hai fatto".

Peggio ancora di quando il prete mi ha confessata per la prima volta, promettendomi che Gesù avrebbe perdonato ogni mio peccato... così io gli ho detto di aver rubato un bracciale alla bancarella e lui è corso a spifferarlo a mio padre. Se Gesù mi aveva perdonata, di certo papà non lo aveva fatto.

Comunque quella è stata l'ultima volta che mi sono confessata.

Attraverso l'atrio di ingresso, una studentessa tra le altre studentesse. Una qualunque ragazza con le occhiaie del lunedì mattina e i capelli arruffati perché la sveglia ha suonato troppo piano. Quindi arrivo davanti alla mia classe senza intoppi, senza nemmeno vedere David Sentfhort o Lucas Smahlle da lontano. Senza nemmeno incrociare Jason e la sua aria da cane bastonato.

Poso lo zaino ai piedi del banco e comincio a sistemare alcuni appunti che non sono arrivata a trascrivere sul quaderno di fisica.

"Ciao", mi saluta Lucy Anderson, insieme alla sua leccapiedi, Sarah Donnowel. Mi da un fastidio il modo in cui la segue dappertutto come un cagnolino! Una volta le ho viste entrare persino in bagno insieme.

"Che faccia!", commenta la leccaculo, sedendosi nel banco accanto al mio. "Sembra che non hai chiuso occhio".

"Mmm...", mugugno. Devo parlare a monosillabi o mi scapperà qualcosa. Ma proprio non ci riesco. Non riesco a stare zitta. Mi sento come sotto un interrogatorio della polizia. "Sabato è stata proprio una giornata rilassante. Me ne sono stata a casa tutto il giorno a giocare a burraco con la mamma e non ho bevuto nemmeno un caffè".

Lucy Anderson mi fissa un poco sconcertata. "Ma chi ti ha chiesto niente?".

Trasalisco. Merda. Devo darmi una calmata. Mi getto i capelli all'indietro con un gesto nervoso. Devo stare zitta! Fornire meno dettagli possibili. Un po' come fanno i professori, che stanno a parlare per ore senza dire nulla e tu resti a fissarli chiedendoti se per caso sei ritardato per non aver afferrato nemmeno le virgole.

"Io invece sono andata all'inaugurazione di un centro estetico. Guarda un po' qua", cinguetta Sarah Donnowel, mostrando entrambe le mani a Lucy.

"Oh. Mio. Dio. Ma sono spettacolari", si complimenta Lucy.

"Certo, ho pagato ottanta dollari, ma guarda che risultato".

Le osservo di rimando, senza prestarci troppa attenzione.

"Ti piacciono?", si rivolge a me.

Le fisso ancora. La pelle liscia delle dita si stiracchia leggermente ad ogni movimento. Le unghie sono bianche e corte, senza traccia di smalto. Cosa dovrei dire?

DENTRO GLI OCCHI DI CHI VEDE#wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora