Capitolo 60.

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Eugenia's pov.

-Dov'è mia figlia?- chiedo amara all'uomo che Mariano ha mandato a prendermi, un certo Benjamin.

-E' in macchina, saluta tua madre e vieni. Ti aspetto lì.- detto ciò esce dalla mia casa prendendo le mie valigie per caricarle sull'auto. Lo so, non ci starete capendo nulla: non parto perché lo voglia io, mi hanno costretto. Mariano mi ha minacciata, ha preso in ostaggio Rufina e se non mi allontano da Lali e Peter, le farà del male... Mi ha mandato in Italia, a vivere lì con questo Benjamin, finché loro non si lasceranno.

-Eugenia fa buon viaggio, mi raccomando: sta attenta a Rufi.- dice mia madre abbracciandomi con le lacrime agli occhi. 

-Si mamma, tranquilla. Ora devo andare.-

-Aspetta, ho trovato questa stamattina: è per te.- mi porge una lettera, una semplice busta bianca dove c'è scritto "per Eugenia". Solo questo.

-Grazie mamma, appena arrivo ti chiamo.- prendo il cellulare ed esco da quella casa, la mia casa. Benjamin è salito in auto, e nei sedili posteriori riesco a scorgere la testolina di mia figlia. Sta bene, Rufina sta bene. Mi precipito correndo da lei e l'abbraccio forte a me. La mia piccolina è di nuovo con me. Benjamin intanto parte con la maccgina e arriviamo in aeroporto dopo un po'.

-Fa qualche passo falso e finisce male, intesi?- mi minaccia lui, io mi giro a guardarlo e annuisco. Superiamo i diversi check e saliamo sull'aereo indisturbati minimamente. Dopo circa 10 minuti l'aereo parte: Rufi si addormenta subito e Benjamin è intento a leggere il suo libro. Metto una mano nella tasca del giubotto per prendere il cellulare e mi imbatto nella lettera di questa mattina. La tiro fuori e mi fermo un po' ad osservarla. È una comune lettera, in una comune busta di carta da stampante bianca, stropicciata leggermente. La apro o non la apro? È questo il dilemma. Ma si dai, la leggo. Apro leggermente la busta e tiro fuori il foglio che si trova all'interno. La scrittura l'ho già vista prima, ma non so di chi sia di preciso, forse di mia madre dato che me l'ha data lei. Intanto inizio a leggere, alla fine non dovrebbe essere così difficile.

"Ehi Eugenia, come va? Quando leggerai questa lettera sarai già su quell'aereo che ti starà portando via da qui, da me. Chi lo avrebbe mai detto... sono sempre stata io quella a voler evadere da qui, non tu. A te piaceva questo mondo, la tua vita" le lacrime mi iniziano a rigare le guance, questa lettera mi farà male ma voglio e devo leggerla. Riporto lo sguardo sul foglio e continuo a leggere.

"Beh, non sto qui a farti la predica, non ce n'è bisogno. A tutti capita di volersi prendere una pausa. Lo so, ti starai chiedendo perché ti scrivo, e forse ti sarà saltata in testa l'idea che voglia fermarti, ma no. Non che voglia che tu parta, però, è la tua vita e se a te va bene così è lo stesso per me. Scrivo queste parole per dirti cose che non t'ho mai detto di persona, cose di cui non c'è mai stato bisogno, perché lo sapevi. Ora vado al dunque: ti voglio bene Euge e mi mancherai tantissimo. Mi mancheranno le innumerevoli figure di merda che facciamo, gli scherzi, i pomeriggi a fare shopping, i pigiama party, le serate passate a chattare o parlare al telefono. Poi mi mancherà sentire la tua voce chiamarmi nana, quando dici che io e Peter ti facciamo venire il diabete o che ci vorrebbero dei popcorn. Mi mancherà Rufina. Mi mancheranno i tuoi capelli, le tue mani, i tuoi occhi verdi giapponesi, le tue gambe sproporzionatamente lunghe, e, soprattutto, mi mancherà la tua risata. Insomma, mi mancherai tu.
Sarò fottuta senza di te, chi mi ascolterà a ogni ora possibile e immaginabile? Chi mi consolerà e calmerà? Sei una migliore amica fantastica e non ti cambierei per nulla al mondo. Scusami se ieri non ti ho abbracciato fortissimo, ma non ci sono riuscita. Avrei voluto darti almeno un motivo ragionevole per fermarti, farti cambiare idea, ma non sono forte e non ce l'ho fatta, scusa. Ora ne sono pentita, vorrei stringerti e tenerti, e non lasciarti più andare, ma ormai non potrò farlo per un annetto circa. Ti giuro che appena potrò verrò a trovarti, e ti aggiornerò su tutti i gossip e gli scoop: te lo prometto. La nostra amicizia non si rovinerà, continueremo anche a più di 1000 km di distanza. In fondo era una promessa, Laleuge era una promessa.
Ti voglio bene, Lali.
P.S. appena arrivi chiama e fa buon viaggio."

A fine lettera mi ritrovo con tutto il trucco colato per via delle lacrime che continuano a scendere ininterrotte sulle mie guance. Ripiego la lettera in tasca e prendo il cellulare, compongo il numero e la chiamo.

Lali's pov.
Eugenia è partita da ormai un'ora e già mi manca. Non so come farò a sopportare tutto questo per un anno intero. Non ho voglia di fare nulla, starò nel mio letto per tutto il giorno a piangere, ho bisogno solo di questo. Peter è andato ad una partita di rugby insieme a Pablo e Nico, ha cercato di convicermi ad andare con lui ma ho rifiutato. Vorrei solo che Eugenia fosse qui. Mentre sono ferma a fissare il soffitto in camera mia, con i pensieri in testa, mi suona il cellulare. Allungo una mano per prendere il cellulare, e leggendo il nome, senza pensarci due volte, rispondo.
-Pronto?- dico con le lacrime.
-Lali.- dice Euge dall'altro lato del telefono. La sua voce è grave e roca, sta piangendo anche lei.
-Ehi.- dico semplicemente mentre fisso la coperta rossa del mio letto, come se fosse la cosa più interessante del mondo.
-Ti voglio bene Là.- dopo poco sento un singhiozzo. Una lacrima lentamente inizia a rigarmi la guancia.
-Anche io China, anche io.-
-Io torno Lali, ti giuro che torno, tu aspettami.- mentre pronuncia queste semplici parole i singhiozzi continuano a prevalere sul tono della sua voce.
-Io ti aspetto.- affermo dopo essermi schiarita la voce. -Ti aspetto, ma torna presto.- ribatto.
-Prestissimo Lali, te lo prometto.- giura lei. Sto cercando di immaginarmi la scena, ma proprio non ci riesco, è più forte di me.
-Posa quel telefono!- sento urlare da una voce maschile che non conosco.
-Chi era?- chiedo.
-Ehm, era l'hostess.- dice poco convinta Eugenia. Prima che io possa ribattere, continua a parlare. -Devo andare Lali, ci sentiamo dopo. Sta attenta e sta lontana da...- cerca di dire la mia amica, ma viene interrotta di nuovo da quella voce di prima che urla: -CHIUDI!- e poi si sente il bip del telefono. Chi diavolo era quello lì? Cosa sta succedendo? Richiamo, ma è già staccato. Ok perfetto, ora starò col dubbio. Da chi devo stare lontana?
Riprendo il telefono e chiamo Gaston.
-Lali ciao! Ho saputo della China, mi dispiace tanto.- esclama con un misto di carisma e tristezza.
-Che stai facendo?- chiedo diretta.
-Un giro in macchina, perché?- mi chiede abbastanza stranito, curioso.
-Vieni a casa mia.- gli ordino.
-Va bene, dammi dieci minuti e arrivo, a dopo.- lo saluto e chiudo al telefono. Chi era quella voce con Eugenia? Perché urlava? E poi da chi devo stare lontana?
Suonano alla porta, così vado ad aprire, Gaston entra con una vaschetta di gelato al cioccolato in mano.
-E questo?- chiedo ridendo.
-Ho pensato che Eugenia avrebbe fatto lo stesso.- si chiude nelle spalle e mi sorride, mentre io lo abbraccio.
-Racconta, forza.- mi dice mentre prendo i cucchiaini e mi siedo accanto  a lui.
-Gaston mi giuri che non lo dirai in giro? E soprattutto che non lo dirai a Peter?- gli alzo il mento e lo costringo a guardarmi negli occhi.
-Wow, i primi segreti di coppia, mi piace!- esclama ridendo, io lo guardo seria, arrabbiate e allora lui smette.
-Lali puoi fidarti. Non dirò nulla a nessuno, lo sai.- mi assicura, così prendo un respiro e comincio a parlare.
-Gas, io credo che la partenza della China non sia del tutto pulita.-
-Che intendi dire?- mi guarda strano, senza capirci nulla.
-Non è partita di sua libera iniziativa.- affermo poco sicura.
-Lali ma che dici? Certo che è voluta partire!- ribatte lui.
-Gaston, l'hanno obblihata. Qualcuno l'ha obbligata a partire!- alzo il tono della voce, come se così lui ci credesse automaticamente.
-Lali, io non credo.- biascica.
-Si Gas, cazzo! Quando mi ha chiamata un uomo le gridava di chiudere al telefono, Eugenia sembrava spaventata e ha cercato di dirmi di stare lontana da qualcuno. Poi hanno staccato.- urlo ancora. Lui mi prende il cellulare, e non so come fa, ma trova la registrazione della chiamata.
-Bingo!- esclama. Ascolta la registrazione più volte per cercare di capire di chi sia la voce. -Io l'ho già sentita questa voce, l'ho già sentita.- si tortura la testa, cercando di ricordarlo. -Chi potrebbe essere il mandante?- mi chiede serio.
-Non ne ho idea, ma voglio scoprirlo.- lo guardo e ci battiamo il pugno complici.
Fine capitolo.

Chi non muore si rivede. Voglio umilmente scusarmi con voi per non aggiornare da un anno ormai, ma ho avuto tanti impegni e sinceramente credo che questa storia sia talmente trash che me ne vergogno. Mi accorgo di tutte le bambinate scritte, dello stile infantile e la trama troppo banale e cretina, e ho anche pensato di cancellarla, ma non mi sembra giusto nei vostri confronti, che comunque continuate a chiedermi come finisce. È per questo che ho deciso di continuare e di finirla finalmente, spero ci vogliano pochi giorni, e boh.
Grazie comunque per il supporto, sto lavorando anche ad una cosa nuova in cui io credo tantissimo.
Baci, B.

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