Capitolo 23.

1.6K 48 2
                                    

                  Quotidianità

«Sei il mio unico 'voglio' tra i mille 'vorrei'» Cit.

Il nostro rientro in città non è stato dei migliori.
L'aria autunnale ha cominciato a farsi sentire, così come il raffreddore ed i decimi di febbre.

Il mio ufficio è un totale caos.
Diana è schizzata, colei che doveva sostituirmi sembra non aver soddisfatto le esigenze dei clienti e Richard è rammaricato.

«Come sono andati questi due giorni?» gli chiedo, vedendolo seduto sulla poltrona di pelle nera.

«Con Alison, intendi? O con mio figlio?» domanda a sua volta.

Non saprei cosa rispondere, a dire il vero.
Non deve essersela passata affatto bene in entrambi i casi.

«Non vogliamo starti addosso con le domande», interviene dunque Jess, scompigliandoli i capelli.

«Alison sembra aver compreso e metabolizzato la situazione», ci spiega.
«Questa notte mi ha chiamato, facendomi rientrare in casa. È soprattutto per il bene di nostro figlio»

Caspita.

«Mia sorella?» riprende a chiedere Jess, preoccupata.
È chiaro che tra le due non scorra buon sangue, ma ci si bisogna anche adattare nella vita.

«È andata via, la sera stessa» dice, portandosi una mano ai capelli. «Me l'ha portato via, ancora una volta»

Vorrei poter aggiungere qualcosa, ma avrei paura di sbagliare o peggiorare il suo stato d'animo.

Ho affrontato tanti ostacoli nel corso della mia vita, ma mai mi son ritrovato ad una situazione del genere.
E, per la prima volta, sono combattuto su come comportarmi.

Infine annuisco, alzandomi dal soffice divano e raggiungendo Diana, la quale mi gesticolava di raggiungerla.

«C'è Shay nel tuo studio, vorrebbe avere un chiarimento con te» si esprime, non appena le vado incontro, non facendosi sentire dagli altri.

«Successo qualcosa?» domando spontaneamente. Non mi piace avere discorsi a metà e fraintesi, specialmente con i miei dipendenti.

«Non saprei» risponde sinceramente mentre man mano mi allontano da lei, raggiungendo il mio studio, aprendo e socchiudendo la porta delicatamente.

«Ciao» sorrido, imbarazzato.
«Ciao», ribatte lei.

«Devi dirmi qualcosa?» mi siedo di fronte, vedendola tamburellare le dita contro la scrivania.

Scosta leggermente un ciuffo davanti agli occhi, sistemandosi la gonna, prima di piazzarsi davanti a me.

È poco più bassa e con i capelli che le arrivano all'altezza delle spalle, con indosso una gonna di pelle bianca.

«Allora?» chiedo ulteriormente, posando gli occhi sui suoi.
«Non mi piace il lavoro in tua assenza» comincia, poggiando una mano sul mio petto.

Indietreggio appena, spalancando gli occhi.
«Piantala», sbotto.
È una ragazzina viziata, maledizione.

«Fuggi sempre da ciò che potrebbe piacerti?» sembra quasi punzecchiarmi, cercando di toccare un tasto dolente.
Mi spiace per lei, ma non è così.

«Errato, cara» le dico, appunto.
«Non c'è spazio per ragazze nella mia vita, per quanto tu possa dannarti» le strizzo un occhio, poggiando una mano sulla maniglia della porta, aprendola.

«Quindi neanche per Jess, suppongo» torna a controbattere.
Scuoto il capo, incrociando il suo sguardo.

«Ho detto 'ragazze', e Jess non è una ragazza. Ma una donna. La mia» preciso, scandendo ogni singola parola, per poi ritornare in salotto dalla mia lei e Richard.

Shay è rimasta lì, con i pugni serrati, immobile, vedendomi andar via.
Non sopporto le persone che mi stanno addosso. O meglio, non sopporto le persone e basta.

«Allora? Di che parlate?» ritorno a sedermi sul divano, accanto a Jess, stringendola per un fianco.

«Niente in particolare», mi sorride lei. «Piuttosto, bambino, cosa ci facevi con la biondina?» mette il broncio.

Le lascio un bacio stampato sulle labbra.
È così adorabile.
Ed è l'unica persona che mi fa sentire migliore, proprio come lo sono tutti gli altri.

Richard mostra una disgustosa smorfia, probabilmente inerente alla smanceria del momento.

«Mi dispiace che tu non possa più farlo, amico» ironizzo, riprendendo a baciare la mia bambina.
«Smettila, ci sta male» mi sussurra lei, sulle labbra.

Mi allontano da lei, ricomponendomi.
«Il lavoro almeno procede bene?» domando, cercando di assumere a tutti gli effetti il ruolo dell'amico.

«Non è ciò a cui sto pensando, attualmente» sbuffa, portandosi i polpastrelli alle tempie.
«Si, probabilmente hai ragione» intervengo io.

Sapevo di non essere in grado di dire la cosa giusta.
Ma come ci si comporta in questi casi?

«Caleb non è la persona più affidabile in questo campo» interviene Jess, prendendomi la mano. «Ma ciò non significa che non ti voglia bene. Te ne vuole, ed anche tanto»

Ricambio la sua stretta, ringraziandola con lo sguardo.
Se non ci fosse lei, non oserei immaginare ciò che starei combinando in questo momento.

«Io lo so, lo so perfettamente questo» sorride lievemente Richard, dandomi una pacca sulla spalla. «Al suo posto non saprei neanch'io cosa dire o fare»

E sorrido anch'io.
Dovrebbero esserci più persone al mondo come loro.
Persone in grado di supportarti, ascoltarti, consigliarti, esserci in ogni minimo aspetto.

Persone che siano in grado di cambiarti.
Persone che siano in grado di rivoluzionarti la vita.

Non esiste solo l'odio, al mondo.
Per quanti problemi possano affliggerci, per quante difficoltà ci si pongano davanti, ognuno di noi ha al suo fianco quella persona.

Che sia un amico, che sia un amore, che sia una mamma o un papà.
Basta soltanto guardarsi bene attorno.
Il resto, verrà da sé.

«Grazie» è tutto ciò che riesco a dire ad entrambi. E sono felice di averlo detto.

«Grazie? Conosci questa parola?» scherza infine Richard, sorridendo ancora una volta.
«Non lo immaginavo neanche io», rispondo sinceramente. «Ma grazie, davvero»

Jess posa le sue gambe sopra le mie, stringendosi più a me e baciandomi delicatamente il naso.

«Sei un cucciolone. Smettila di fare il duro e sciogli la tua corazza» si esprime dolcemente, lasciandomi piccoli baci continui sul collo.

«Io sono così» preciso.
Che possa piacere o meno, non cambio per nessuno. E no, neanche per lei.
Almeno credo.

«Sono così e non posso farci più di tanto» torno a dire, abbracciando entrambi.
«Ma senza di voi, probabilmente ad oggi, sarei nulla»

Forse han ragione.
Devo lasciarmi andare.

E nell'abbracciarli, ho ritrovato quella tenerezza e dolcezza che credevo di aver perso ormai da una vita intera.

Indelebile.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora