Capitolo 41.

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Sento il cuore esplodermi dal petto e le tempie scoppiarmi. Jess aspetta un figlio da me?

«Fanculo, Richard» sbotto, tirandogli un pugno deciso lungo il volto, serrando la mascella.
Egli cede lungo il pavimento, portandosi una mano all'altezza del naso sanguinante.

«Sei un fottuto stronzo, Caleb» mi urla contro lui, voltandomi e dirigendomi all'interno della sua casa.
Emetto un forte sospiro, accennando un sorriso alla piccola Elettra che sembra guardarmi impietrita.

«È tutto okay, tesoro. Ogni tanto io e Richard giochiamo in questo modo» le mento, facendole credere che in tutto ciò non ci sia nulla di vero.

Percorro il lungo corridoio e mi dirigo lungo le scale, dirigendomi al piano superiore.
La porta dove ho intravisto Jess affacciarsi è socchiusa e per un attimo, ho temuto che potesse essere andata via in vista di tutto ciò.

Resto immobile davanti a quella porta per diversi secondi, titubante nel dover bussare o meno.
Sospiro e compio piccoli passi, aprendola.

«Jess..» mi esce sotto forma di sussurro, quasi.
Sento le gambe cedermi e il fiato spezzarsi.
È di spalle, intenta ad osservare al di fuori della finestra, ignorandomi.

Accenno di poco con piccoli passi, trattenendo il respiro. «È vero quel che mi ha detto Richard?» le chiedo infine, avvicinandomi ulteriormente.

La sento sospirare.
«Ciao» mi sussurra, voltandosi ed incrociando il mio sguardo.
«Ciao» le rispondo quasi dolcemente, accennando un sorriso.

Indietreggia leggermente, facendo cenno con il capo di sì.
Non so esattamente cosa dirle in questo momento. Se abbracciarla, urlare di gioia o prendermela con lei per essere andata a letto con il mio migliore amico.

«Jess, ascolta..» comincio a dirle, «mi dispiace».
«Ho provato più volte a dirtelo. Ti sono venuta dietro in diverse occasioni» si esprime, sentendo la voce cederle.

Mi avvicino a lei e le accarezzo piano la schiena.
«È per questo che mi dispiace. Avrei dovuto ascoltarti o perlomeno dartene modo» è ciò che riesco a dirle.

«Andiamo Caleb», mi interrompe lei. «Ti conosco abbastanza e sapevo che avresti reagito in quel modo. Pensi davvero che saresti rimasto al mio fianco se ti avessi detto che oltre essere andata a letto con Richard, aspettassi un figlio da te?»

Resto spiazzato.
Mettere insieme le due cose rende la situazione ancora più difficile da gestire e affrontare.
«Non credo che sarei andato via, se l'avessi saputo» le dico, non convinto.

Annuisce, abbassando per un attimo il capo.
«Io credo di sì. L'idea di immaginarmi nuda con il tuo migliore amico ti lacera dentro, Caleb»

«Porca puttana, smettila» le urlo contro, togliendo frettolosamente la mia mano dalla sua schiena.
Sembra guardarmi in maniera quasi spaventata.

«Mi dispiace» le dico infine, capendo di aver esagerato.
«Mi sembri il Caleb di un anno e mezzo fa» risponde lei amareggiata.

Sospiro per l'ennesima volta e mi massaggio le tempie. Cosa diamine si fa in queste circostanze?

«Non mi è mai capitato di affrontare una situazione simile, tantomeno in una circostanza come questa. Cazzo, Jess, aspetti un figlio da me e sento il cuore esplodermi di gioia per questo» comincio a dirle, gesticolando ed accennando un sorriso.

«Ma resta il fatto che sei andata a letto con lui e per cosa? Per timore di dirmelo? Per paura che me ne andassi? Che ti chiedessi di toglierlo? Avere un figlio da te è tutto ciò che ho sempre voluto»

I suoi occhi cominciano ad essere lucidi e delle lacrime iniziano a rigarle il volto. Con il polpastrello gliele scaccio via, divagando lo sguardo.
Vederla così, nonostante tutto, mi fa male.

«Mi dispiace, Caleb. L'ho capito tardi e nella maniera sbagliata. Ma mi dispiace» sembra quasi supplicarmi.

«Hai voluto fare del sesso con lui?» le chiedo.
Scuote il capo, asciugandosi le lacrime. «Non l'ho programmato e tantomeno l'ho mai voluto. Sei un fottuto stronzo solo a pensarlo, ma ti amo per questo Caleb Stevens. Ti amo esattamente per questo»

Una lacrima comincia a scendere lentamente sul mio viso. La scaccio via, senza pensarci due volte e discosto lo sguardo.

«Vieni qui» le dico, avvicinandomi a lei e stringendola forte, accarezzandole i capelli con una mano e lasciandomi trasportare dalle emozioni.

«Non piangere» mi sussurra lei, sentendo tirarmi il naso su più volte.
«Sono stato un codardo ad essere scappato e a non averti dato modo di esprimerti» sussurro a mia volta, stringendola più forte a me e lasciando che le lacrime scorrano libere.

«Non ha importanza» dice staccandosi dalle mie braccia e portando le mani sul mio volto, lasciandomi un dolce bacio a stampo.

Mi lecco infine il labbro inferiore, assaporando il suo sapore fresco. Quanto mi era mancato.
«Di quanti mesi sei?» le chiedo, portando una mano sul suo ventre poco accennato.

«Quasi tre» sorride lei, incrociando il mio sguardo.
«Quasi tre? Davvero?» rispondo stupefatto, sollevandola leggermente da terra e facendola roteare. «Ma è meraviglioso»

Il sorriso sembra esserle stampato in faccia.
Ed anche a me, a dire il vero.
«Aspetta se son quasi tre mesi vorrà dire che..» comincio a presupporre.

«Che è stata la nostra ultima volta, al mare» risponde e mi interrompe un po' malinconica lei. «È passato tanto tempo, anche dal nostro ultimo incontro»

Annuisco, arruffandomi i ricci ed avvicinandomi alla finestra, intendo a scrutare Richard che però, non è più lì.

«Dove sei stato tutto questo tempo?» mi chiede allora lei.
Cazzo. Porca puttana.

«Possiamo lasciarci questi ultimi tre mesi alle spalle e lasciare che il nostro ultimo ricordo sia quella giornata al mare?» le chiedo, sgattaiolando il discorso.

Mi fa cenno di sì con la testa, abbassando infine lo sguardo. «Sarebbe l'ideale. Ma non mi sembra assurdo chiederti dove tu sia stato», riprende a dire. «O meglio, con chi» scandisce infine.

Merda.

«Fai prima a dirmi cosa sai» le rispondo, innervosito e seccato.
«Voglio sentirtelo dire. Magari mi sbaglio»
«Non ti sbagli» le dico infine, ammettendo inconsciamente ciò di cui è venuta a conoscenza.

«Sei caduto in basso, però» sogghigna lei.
«Anche tu» scosto lo sguardo dalla finestra per incrociare il suo. «Siamo caduti in basso entrambi», mi avvicino a lei.

«Io con il tuo migliore amico e tu con Shay» dice, scandendo il nome di quest'ultima.
«Non sei arrabbiata?» le chiedo allora, inarcando un sopracciglio.
Scuote il capo e poco dopo annuisce.

«Si o no?» ribatto allora, dubbioso.
«Diciamo che me lo sono meritato» ammette.

Sospiro. Per un attimo ho temuto che avessimo ripreso una discussione e che mi avesse piantato qui in asso.

«Direi proprio di sì, Jess»
Si avvicina più a me, portando le mani sul mio petto ed inumidendosi le labbra.
«Ed è stato bello come lo è con me?» mi chiede, mordicchiandomi il lobo e cingendo le mani dietro il mio collo, strattonandomi appena i capelli.

Sta fottutamente cercando di provocarmi.

«Che intenzioni hai?» le chiedo, cercando di distrarmi dalla situazione.
«Domandavo» risponde lei, baciandomi dolcemente il collo, mordicchiandolo appena.

Mi schiarisco la voce, inumidendomi le labbra.
«Non potrebbe mai essere come è con te» ammetto infine, avvicinandola più a me, mentre con una mano le stringo una natica e con l'altra avvicino il suo volto al mio, baciandola a lungo.

«Mi sei mancato, Caleb» mi sussurra vicino le labbra, cominciando a sbottonarmi i jeans.
«Anche tu, Jess» ammetto a mia volta, abbassandole la zip della gonna in pelle che ha indosso.

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