«È tutto okay?» mi domanda Jess avvicinandosi lentamente a me ed accarezzandomi dolcemente il braccio.
Mi volto appena, dandole un piccolo bacio sulla fronte.
«È tutto okay» esordisco.Per un singolo istante mi guarda accennando il suo meraviglioso sorriso che in ogni circostanza è in grado di tranquillizzarmi «Problemi a lavoro?» allora mi chiede infine.
Scuoto il capo, arruffandomi i ricci. «Ad essere sincero, pensavo a te»
«A me?» il suo tono sembra essere quasi incredulo.
«A quando diventerai mia moglie, Jessica Holbrook» mi avvicino più a lei rubandole un bacio a stampo.Sento i suoi occhi puntati su di me.
I suoi grandi e bellissimi occhi, a dire il vero.
«Che c'è?» le domando sollevando leggermente le spalle.
«Non vedo l'ora di diventare tua moglie, Caleb Stevens» esordisce avvicinandosi più a me e baciandomi con dolcezza.
E provocazione, aggiungerei.«A che punto sei con i preparativi?» le chiedo mentre con un braccio l'avvinghio a me, mordendole il labbro inferiore.
«A dire il vero non a buon punto. La wedding planner mi ha chiesto chi dovesse sposarci e non ho saputo darle una vera e propria risposta»«Un giudice di pace, è naturale» emetto senza pensarci. Credevo non ci fossero dubbi su questo, almeno.
«Un giudice di pace? Certo che no. Voglio che ci sposi un parroco, Caleb»
Un cosa?Mi allontano leggermente e metto in avanti le mani sorridendo nervosamente. «Credevo fossimo d'accordo. Mi conosci e sai che non credo in queste cose»
«Come non credevi nel matrimonio eppure mi hai chiesto di sposarti. Andiamo Caleb, cosa vuoi che cambi se a sposarci sia un prete?» chiede. Dal suo tono intuisco il suo nervosismo.
«Beh se pensi che per me non possa cambiare, non cambierà neanche per te. Il prete è un'idea pessima. Non mi farò mai sposare da lui» le dico chiaramente avvicinandomi verso il tavolo del salone e prendendo il mio cellulare inserendolo nella tasca posteriore del jeans.
«Adesso devo andare, ho la prova dell'abito. Sono certo che giungeremo ad un accordo» accenno verso di lei dandole un bacio a stampo ed avviandomi verso la porta.
Percorro frettolosamente le scale, sistemandomi il colletto della camicia mentre lascio ricadere alle mie spalle il cancello della nostra abitazione.
Emetto un sospiro ed afferrò il cellulare dalla tasca posteriore del jeans.
'Shay' è il nome che leggo sullo schermo.
Aspetta. Shay?!«Ehi ciao, che strano sentirti» le rispondo entrando in auto e connettendo il cellulare a quest'ultima, attivando il viva voce.
«Diciamo che non abbiamo più avuto modo di parlare o di salutarci» è ciò che mi dice lei dall'altra parte della cornetta.«Parlare di cosa, Shay? È passato tanto tempo dal nostro ultimo incontro» le domando inserendo la retromarcia ed uscendo dal parcheggio.
«Ohw beh, lascia stare. So che a breve ti sposi»«Sì» rispondo senza esitazione, quasi eccitato. — «e ancor prima di sposarmi diventerò padre. Pensa te che serie di eventi meravigliosi mi aspettano» sorrido iniziando a spiegarle di Jess e dei preparativi per il matrimonio, delle nostre incomprensioni a riguardo e dell'ecografia dello scorso mese con la ginecologa.
«È fantastico» esordisce. — «Ascolta, sono in città. Potremmo vederci? Magari davanti ad un caffè» chiede.
Esito prima di darle una risposta. Vedermi con Shay non sarebbe una delle opzioni migliori al momento e so che questo potrebbe turbare Jess.
Principalmente è per quello.«A dire il vero sono impegnato, ho la prova dell'abito oggi. Quindi un'altra volta se per te non è un problema» cerco di liquidarla non stabilendo una prossima data.
«L'abito per il matrimonio? Caspita»«Sì, Jess pensa che sia meglio avere tutto pronto un anticipo. Secondo me è sbagliato. Voglio dire, se prendessi oggi l'abito e tra cinque mesi ingrassassi?» ridacchio sentendo la sua risata dall'altra parte della cornetta.
«Capisco» la sento sorridere. — «Comunque non mi fermerò a lungo per cui mi farò trovare al negozio. Magari un supporto e consiglio femminile potrebbe aiutarti. Ci vediamo lì tra trenta minuti» riprende a dire riattaccando la chiamata senza darmi modo di risponderle.
[...]
Quindici minuti dopo sono davanti al negozio e sì, effettivamente c'è anche lei.
Ha indosso un abito bianco aderente, fin troppo direi; i capelli raccolti in un'alta coda e un trucco leggermente accennato.«Ehi» emette, venendomi incontro.
«Ciao» sorrido. Un po' imbarazzato a dire il vero. — «Come hai fatto a capire di quale negozio si trattasse? Io non ho specificato dove mi stessi recando»Inserisce il suo braccio all'interno del mio e mostrandomi uno dei suoi smaglianti sorrisi risponde semplicemente: «Medford è piccola».
Bene.
Non vedo già l'ora di andarmene da qui.«Senti forse è il caso che vada. Magari ripasso un'altra volta» le dico, allontanando il suo braccio dal mio.
Lei mi guarda imperterrita e scuote il capo. «Non esiste. Adesso entriamo e troviamo l'abito perfetto».
E fu così che mi ci ritrovai dentro.«Buonasera» esordisco leggermente imbarazzato, andando incontro all'uomo situato al bancone. «Tra qualche mese dovrò sposarmi e contavo di fare qualche prova d'abito» comincio a spiegargli.
«Questo sarebbe meraviglioso. Va' a provarlo» si intromette Shay sfoggiando un abito. Eccessivo a dire il vero, ma non male.
«Ti prego, lascia fare a me» le rispondo con un tono quasi arrogante.Lei annuisce e indietreggia di poco, rimettendo a posto l'abito.
Emetto un sospiro e mi dirigo verso l'uomo che ha selezionato tre diversi abiti: uno nero, uno grigio ed un bianco.«Quello bianco penso possa già escluderlo, non mi sposerò con quel colore» gli dico cordialmente, afferrando i restanti due abiti e dirigendomi all'interno del camerino.
Mi scruto attentamente allo specchio prima di spogliarmi. Quasi non riconosco la persona che sono diventato. Jess mi ha reso una persona migliore ed io non me ne sono neanche mai reso conto.
Mi sbottono la camicia e la lascio ricadere sullo sgabello posto lateralmente allo specchio.«Cosa ne pensi di questo?» entra allora Shay, aprendo le tende del camerino.
«Ma sei pazza? Potevo essere nudo, Shay» mi fuoriesce quasi sotto forma di grido, fulminandola con gli occhi.Lei mi guarda da capo a piedi e solleva leggermente un angolo della bocca. «Niente che non abbia già visto»
Alzo gli occhi al cielo e prendo dalla gruccia la camicia dell'abito consigliatomi e l'indosso, scrutandomi allo specchio.«Lasciati aiutare» entra nel camerino Shay, richiudendo le tende.
La guardo in maniera secca e infastidita, a dire il vero.
Il suo sguardo invece è leggermente più compiaciuto.
Pff.«Non ti sta affatto male» dice sottovoce chiudendo gli ultimi bottoni della camicia, mentre mi lascia il petto scoperto.
«Shay, smettila» ribatto infastidito togliendole le sue mani dal mio petto.«Perché non ti sei più fatto sentire dopo avermi portata a letto?» tenta di provocarmi, fiondando le labbra sul mio collo, mordicchiandolo appena.
«Perché non mi interessi, mocciosa» emetto urlando. — «Ed è proprio il caso che tu vada via prima che..»«Prima che tu possa spogliarmi?» mi interrompe lei, togliendosi frettolosamente la maglia e rimanendo in reggiseno davanti a me. «Faccio da sola».
Indietreggio, allontanandomi da lei.
Mantieni la calma ed il controllo Caleb.
Calma. E controllo.Mi volto, dandole le spalle e chiudendo tutti i bottoni della camicia.
La sento avvicinarsi a me e le sue mani nuovamente scivolare lungo il mio petto, schiudendo i bottoni.«Ascolta Shay» mi convinco. — «Non posso farlo»
«Però vuoi?» si mordicchia il labbro.
Abbastanza disgustoso però.
Non sarebbe lo stesso se ci fosse Jess qui.
«Neanche» le rispondo disgustato, togliendomi frettolosamente la camicia, posizionandola nella gruccia ed inserendo la mia.«Non avrei mai fatto niente contro la tua volontà, Caleb» riprende a dirmi lei, notandomi infastidito.
«Vaffanculo» è tutto ciò che mi viene da dirle prima di uscire dal camerino. E dal negozio.«Ha preso una decisione per l'abito signore?» mi chiede il titolare.
Lo scruto attentamente, guardandolo nervosamente.
«Ripasserò.»
STAI LEGGENDO
Indelebile.
ChickLit[COMPLETA] Caleb Stevens, ha una vita intera colma di rimorsi da portare dietro le spalle. E' in grado di inghiottire chiunque lo circonda nel suo mondo definito "caos", senza dar loro la possibilità di ascoltarlo e di stargli vicino. All'età di di...