Capitolo 43.

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«Come procede con i preparativi per il matrimonio?» domanda ingenuamente Alison, seduta comodamente in una delle poltrone di pelle bianca presenti nel mio studio.

«A dire il vero non me ne sto occupando personalmente. Sono quasi tre settimane che Jess è fuori con il wedding planner che ha ingaggiato per rendere il matrimonio perfetto» le rispondo sinceramente, accomodandomi sulla poltrona di fronte a lei.

Ha indosso un abito nero che risalta le sue curve, più o meno all'altezza del ginocchio. Una scollatura a V molto accentuata e i capelli raccolti in uno chignon stretto. Ho l'emicrania soltanto a guardarla.

Si limita ad annuire, voltando lo sguardo verso suo figlio intento a scrutare i quadri appesi all'interno del mio studio.

«Avanti Alison, dimmi perché sei qui» interrompo il suo silenzio, cercando invano di incrociare il suo sguardo rivolto verso il basso.

«Non ti vedevo da un po', diciamo da quando hai preso a pugni mio marito. Volevo sapere come stessi e come stesse andando con Jess» risponde quasi sinceramente, alzando lo sguardo ed accavallando le gambe.

Annuisco, stendendomi maggiormente sulla poltrona.

«Con Jess sta andando bene. Alla grande, direi. Oggi pomeriggio abbiamo il primo incontro con la ginecologa o meglio, il primo con me presente e a dire il vero sono nervoso. Un bambino ti stravolge sempre i piani» allora le dico spostando lo sguardo verso il figlio di Alison e Richard.

«Ma allora dimmi» riprendo, guardando nuovamente la donna davanti a me. — «Non sei venuta fin qui per chiedermi anche di Richard?»

Accenna un sorriso, incrociando le mani.

«Vorrei che tornaste come prima, Caleb. Sei riuscito a perdonare lei e non capisco perché tu non possa farlo anche con lui. Siete amici da una vita e lo sai. Ci sta di merda» mi racconta, spiegandomi anche le noiosissime e monotone giornate che trascorre.

«Il punto è che non deve sentirsi una merda» emetto, accennando un sorriso e scrutando l'orologio, tenendo d'occhio l'orario.

L'istante dopo scosto lo sguardo verso Alison e le riconosco una piccola luce negli occhi per quanto detto.

«No, non fraintendermi, Alison. Non deve sentirsi una merda perché è lui la merda» schiamazzo infine.

La vedo serrare la mascella e stringere il pugno, i suoi sguardi sono fissi nei miei e se fossi dotato di qualche super potere probabilmente li vedrei andare in fiamme.

L'idea di immaginarla in questa maniera mi porta a sorridere ingenuamente. Davanti a lei.

«Scusa, non era mia intenzione ridere. Però dovresti guardarti con i miei occhi in questo momento» le dico in tutta sincerità, lasciandomi sfuggire qualche schiamazzo.

Alison non batte ciglio. Si rimette in piedi, sistemandosi il vestito e puntandomi il dito contro.

«Io non ti permetto di parlare così di Richard, Caleb. Ti è stato fottutamente vicino in ogni momento della tua vita ed è grazie a lui se hai tutto questo» comincia ad alzare la voce, sbandierando le braccia indicando il mio intero studio.

«Credo che dovresti calmarti, adesso» mi metto in piedi anch'io, avvicinandomi a lei. «Non metterò in dubbio quel che ha fatto per me e di certo non lo sminuirò. Richard ha fatto parte della mia vita per diversi anni, ma adesso non è più così» le dico, prendendole le mani e facendola sedere, emettendo un profondo respiro. — «Io sto bene così. Ho la mia casa, il mio studio, Jess ed un matrimonio in arrivo. Ed anche un figlio, ovvio» sorrido dolcemente, facendo rimbombare nella mia testa la parola "figlio".

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