Capitolo 30.

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La nostra relazione

«Rischia, il tempo non torna indietro» Cit.

«Ehi, piccola» prendo per mano Jess, facendola accomodare nel mio studio. «Come stai oggi?»

«Meglio», mi sorride lei, porgendomi il braccio.
Dopo quasi un anno, son riuscita a convincerla nel farsi tatuare. Ricordo come se fosse ieri il suo terrore nel vedere l'ago avvicinarsi alla sua pelle.

«Sicura di non voler aspettare un altro po'?»
Scuote il capo, facendomi notare di non aver mosso minimamene il braccio.
«Penso di aver già aspettato abbastanza»

Le sorrido, posandole una mano sulla sua guancia calda. È così bella. È sempre così bella.

«Vorrei mi tatuassi questo» indica la parte superiore del mio braccio, scrutandolo attentamente.
«Una mano?», ridacchio io.

«Non ha un significato per te?»
«Beh, no» ammetto, accarezzandola ancora. «Per te lo avrebbe?»

«Darei un significato mio che terrò per me» fa una linguaccia, «ma non mi dispiacerebbe l'idea di avere un tatuaggio in comune»

Sorrido, un po' sorpreso.
«È come se stessi incidendo anche me, sulla tua pelle» le tengo presente.

«Ed è sbagliato?» mi chiede.
Scuoto il capo, rassicurandola. «Rischioso»
«Comunque vada tra noi, resterai sempre una parte importante della mia vita. Ed io voglio ricordarti così»

Sorrido, alzandomi e mettendomi davanti a lei, prendendole le mani ed inginocchiandomi alla sua altezza.

«Piccola» le bacio delicatamente poi una mano, guardandola negli occhi. «Per quanto possa sembrarti assurdo, io continuo a desiderare giorno dopo giorno una famiglia con te», la rassereno.

Poco dopo il battesimo del figlio di Richard, a Jess le è stato diagnosticato un tumore al seno e rimosso a distanza di mesi.

Non ha voluto vedermi e sentirmi per giorni.
Si sentiva sbagliata, spoglia, vuota.
Non si sentiva più donna.

È entrata dentro quella sala operatoria con la paura di come uscirne e con la paura di non trovarmi. Ma ero lì. E lo rifarei altre mille volte.

L'idea di non poter avere nuovamente un rapporto tutto nostro, che magari potesse migliorare con il tempo, un po' mi ha incupito inizialmente.

«Sono qui perché ti amo», riprendo a dirle, massaggiandole una guancia con il pollice. «Perché sei la donna più bella e forte che io conosca»

«Caleb..» riesce a sussurrare, schiarendosi la voce. «Non sei dovuto a dir questo soltanto per compassione ed il piacere di..»

«Sh» le dico, mettendole il pollice tra le labbra, facendola tacere. «Non sono mai stato un ragazzo che parla soltanto per il semplice piacere di farlo», le ricordo.

«Devi credermi, sono perdutamente innamorato di te. E avremo una nostra famiglia» le prendo la mano, stringendola forte.

«A vent'anni non avrei voluto sicuramente un figlio da te» dice lei, asciugandosi le lacrime. «Ma, se soltanto avessi potuto scoprire prima a ciò che andavo incontro, te lo avrei supplicato molto prima»

Annuisco, capendo perfettamente come ci si debba sentire.
Condividere le proprie giornate con Alison che trascorre ventiquattro ore in compagnia del suo bambino e della su felicità, non sono per Jess molto d'aiuto.

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