Capitolo 25.

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             Senza stancarci mai

«Mi ispiri sogni belli» Cit.

Ad essere sinceri, non è trascorso giorno nel quale non mi vedessi con lei. 

Per quanto possa risultare assurdo e pazzesco, abbiam dormito insieme tutte le notti, senza che i suoi genitori potessero sospettare della mia presenza.

È stato più semplice di quanto immaginassi.
Loro sono sempre fuori casa e rivolgono a stento la parola a Jess.

«Pronta a tornare in città?» le domando esuberante, approfittando dell'assenza dei suoi genitori.

«È assurdo, a dire il vero» mi dice, sorridendo. «Verranno a riprendermi»

E sarò nuovamente pronto a lottare pur di riaverla con me.
«Non dovresti preoccuparti di questo, ora» la rassicuro, prendendole il borsone.

È una pazzia.
Una totale pazzia.

«Game over» mi ferma, portandosi una mano sulla tempia.
«Cosa c'è, adesso?» chiedo, vedendola indicare la finestra. «Sono arrivati?»

«Merda» riesco a dire, sentendo i loro passi in casa. «Aspettami qui, non muoverti», la obbligo, percorrendo le scale per raggiungere il piano di sotto.

«Chi non muore si rivede» si rivolge a me suo padre, facendo scivolare per terra le buste della spesa. «Dov'è mia figlia?», continua.

«È al piano di sopra, finisce di impacchettare le sue cose. Verrà via con me» rispondo con tono deciso, serio ed anche provocatorio.

«Lurido pezzente» si avvicina a me, strattonandomi la camicia come a suo solito. «Quali intenzioni perverse hai»

Sospiro, afferrandomi il tessuto strattonato e cercando di sistemarlo con le mie mani.
«Nessuna intenzione perversa. Voglio bene a sua figlia», mi limito a dire.

«Sarà meglio che tu vada, prima che possa perdere la pazienza» interviene spedita la madre, guardandomi con occhi minacciosi.

Uh, guarda. Tremo.

«Andrò via, indubbiamente» le chiarisco, strizzandole un occhio.
«A suon di schiaffi» aggiunge suo padre, tirandomene uno dritto sulla guancia destra.

«È soltanto un codardo» gli dico, massaggiandomi infine la mascella.

«Come osi, moccioso» urla furiosa sua madre, agitando nervosamente e ripetutamente le braccia. «Fuori dalla mia proprietà», indica infine la porta.

Ma come, già mi mandano via?
Sto iniziando soltanto adesso a divertirmi.

«Lei ha invaso la mia proprietà, la settimana scorsa. Oggi, invado io la sua, che le piaccia o meno» sembra che stia parlando in tono minaccioso.

«Sei il male per nostra figlia» riprende suo padre, afferrandomi il colletto della camicia con entrambi i pugni.

Mi verrebbe da ridere in questo momento.
Sarei io il male per lei?

«Perché non permettete a lei stessa di decidere con chi vuol stare? È maggiorenne, ha ogni diritto di potersi esprimersi come più le pare» riprendo.

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