Ascoltami
«Ho il cuore che brucia per cose di ghiaccio» Cit.
«Ciao» le rivolgo, facendola accomodare nella mia dimora, dando un'ultima occhiata a quest'ultima, nella speranza che ogni cosa sia al suo posto.
«Ciao» risponde lei, mostrandomi uno dei suoi sorrisi.Mi ritrovo leggermente in imbarazzo nell'essere solo con lei, in casa mia. Solo al pensiero, sento le mie guance avvampare.
«Hai trovato qualcuno che potesse occuparsi di tuo nipote?» le chiedo, interrompendo il ghiaccio e guidandola verso il salone.Ogni angolazione della casa, è in perfetto ordine. Il salotto è ormai ben riscaldato grazie al calore che proviene dal camino, le luci sono leggermente basse, lasciando illuminare la stanza dalle candele posizionate al centro del tavolo apparecchiato per due.
«Sì», esclama lei infine, dandosi un'occhiata attorno. «Non ti facevo così romantico» riprende, con tono quasi sorpreso.
Annuisco, facendo spallucce. «Nemmeno io a dire il vero», confesso.
Sorride, mostrandomi ancora il suo sorriso smagliante e sereno.Lascio scorrere lo sguardo sul suo corpo: indossa un lungo abito di seta, color rosa pallido, abbinato ad un piccolo bracciale luccicante sul braccio destro, che riprende i piccoli brillanti presenti nella vita dell'abito.
«Vogliamo accomodarci?» le domando, notando la situazione farsi sempre più imbarazzante.
Annuisce, andando diritta verso una delle due sedie ed accomodandosi delicatamente, per poi lisciarsi il vestito e sistemarsi i capelli.«Stai bene così, non hai bisogno di ritocchi», le dico, sorridendole.
Inarca un sopracciglio, poggiando i gomiti sul tavolo. «Adesso basta smancerie»
E smisi per un attimo di parlare, ripetendomi quanto fossi infantile nell'averla riempita di belle parole.«Come sta andando il lavoro?», allora le chiedo, aggiungendo al suo bicchiere un po' di vino rosso.
«Mi toglie via molto tempo, ma non posso lamentarmi» mi risponde, portandosi il bicchiere alle labbra.«Come mai lavori e non studi?»
«Potrei chiedere lo stesso di te, Caleb» mi dice.
«Non starò qui a parlarti della mia vita privata. È una cosa che non farò mai e son serio» le rispondo, guardandola negli occhi.«Non starò qui a chiedertela» riprende, facendo la saputella.
Odiosa e dannatamente bella quando fa così.
«Vorresti mangiare o iniziare il tuo tatuaggio prima, bimba?» le domando, avvicinandomi ed accarezzandole una guancia.La sua pelle è così morbida e vellutata, leggera, fresca, profumata.
«Vivi qui solo?» mi chiede, divagando il discorso.
Annuisco, senza entrare troppo nel dettaglio.
Non mi piace parlare del mio passato, tantomeno della mia famiglia, sempre se definirla tale.«Vado a prendere la cena» la informo, alzandomi e dirigendomi verso la cucina.
«Aspetta», mi dice. «Non ho ancora fame, avresti dovuto chiedermelo. Parliamo un po'», riprende.
Annuisco, tornando al mio posto, senza aggiungere altro. In questo momento mi sento davvero inutile. Imbarazzato ed inutile.«Di cosa vorresti parlare?» le chiedo, guardandola negli occhi, non troppo duramente.
Esita un attimo prima di rispondere, portandosi un ciuffo dietro l'orecchio.
«Vorrei sapere perché mi hai odiata così tanto, ragazzino» riprende lei, accennando un sorriso amichevole.«Non ti ho mai odiata, semplicemente mi risultavi imbranata. Non mi piace conoscere una persona mentre quest'ultima mi sporca di caffè» spiego, senza risultare troppo duro e portandomi alle labbra il bicchiere, sorseggiando il vino.
Annuisce, prendendo tra le mani anch'essa il bicchiere. «Io ti ho odiato» esclama, infine.Sbarro gli occhi, tintinnando leggermente con il capo. «E adesso mi odi ancora?»
«Un po' meno», ripetè lei, guardandomi.
Sorrido, poggiando istintivamente la mano sopra la sua, così piccina e delicata, rispetto alla mia.
La osservo, mentre il suo sguardo è fisso sulla mia mano o probabilmente sui tatuaggi che la compongono.«Ho leggermente fame» riprende poi, facendo sgattaiolare via la sua mano, portandosela sulla guancia e poggiando nuovamente il gomito sul tavolo.
«Più tardi» le dico, alzandomi e andandole incontro. Le porgo la mano e la faccio sollevare dalla sedia delicatamente non appena la sua mano finisce nuovamente sopra la mia.«Balliamo?» le chiedo, risultando anche un po' bambino.
Annuisce, guardandomi come se fossi un matto. E probabilmente matto lo son davvero.
«Avevo immaginato diversamente questa serata» mi dice, non appena poggio le mani sui suoi fianchi e l'avvicino a me, in un colpo solo.«Ovvero?» le chiedo, cominciando a tintinnare appena i piedi da destra verso sinistra e canticchiando una canzone in posizione del suo orecchio sinistro.
«Immaginavo che ci saremmo presi a forchettate» riprende lei, posando le braccia attorno al mio collo e cominciando a muoversi, seguendo il mio ritmo.«Magari più tardi» le sussurro nell'orecchio.
La sento annuire, mentre ad ogni passo, la stringo sempre più forte a me, riuscendo a sentire il suo respiro sul mio collo.
È libidine pure, questa.
Mi stacco leggermente da lei, prendendola per una sola mano e facendola roteare, osservandola senza stancarmi mai.«Addirittura» dice, sorridendo come una ragazzina. E sorrido anch'io.
«Ti piace così tanto fare la dura, mentre sei ancora una bimba da crescere e amare» riprendo io, portandola di nuovo vicina a me, stringendola.
La vedo abbassare lo sguardo, per diversi secondi. «Son dovuta crescere in fretta», spiega.Annuisco, ricominciando a fare piccoli passi, riportando le sue braccia attorno il mio collo.
«Spero di aver modo di conoscere chi sei realmente, Jess» le sussurro.
«Vorrei anch'io conoscere te, realmente» ribatte lei, guardandomi.
La scruto, posando infine lo sguardo sulle sue labbra carnose e dipinte con un rossetto rosa chiaro. «Dammi la possibilità di aprirmi. Saresti la prima», le dico.«Mi piacerebbe essere la prima, Caleb» ammette infine.
Sorrido, vedendo le sue guance arrossare dall'imbarazzo. «Ma non voglio che tu fraintenda», riprende. «Non sono in grado di avere una persona al mio fianco, costantemente, pur perdendoci la testa»«E tu l'hai persa la testa, in questo momento?» le chiedo, inumidendomi le labbra.
Scuote il capo, osservando il movimento della mia lingua. «Non voglio essere impegnata con nessuno, non sono quel genere di ragazza», continua lei.
Poso il pollice sulle sue labbra, facendola tacere.Le sento pulsare sotto il mio tocco e vedere i suoi occhi incontrare i miei.
«Non ho mai detto di voler qualcosa di serio anch'io», le spiego.
Annuisce, scostandosi leggermente e portandosi una mano sui capelli. «Bene così» riprende.«Vorrà dire che..» comincio.
«Che?» mi interrompe subito lei, guardandomi con occhi intensi e fissi.
Sorrido, vedendola come una bimba.
«Che ogni qualvolta ci troveremo in queste situazioni, ci lasceremo trasportare dal momento» quasi sussurro, stringendole la vita ed avvicinandola a me.Poso le mie labbra sulle sue, ormai calde.
La guardo mentre socchiude appena gli occhi. Faccio scivolare una mano sui suoi capelli, strattonandoli appena, avvicinandola ancor più a me.
E la bacio: un bacio lento, desiderato, cercato, voluto. Un bacio dove le mie labbra e le sue fanno l'amore, senza stancarsi mai.Le sue labbra che seguono perfettamente il movimento delle mie, sembrano quasi muoversi ad unisono.
Il sapore fresco della sua lingua che puntualmente, scivola nella mia.
E lei, complessivamente, che è tutto quello che ho sempre cercato e mai accettato.
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Indelebile.
ChickLit[COMPLETA] Caleb Stevens, ha una vita intera colma di rimorsi da portare dietro le spalle. E' in grado di inghiottire chiunque lo circonda nel suo mondo definito "caos", senza dar loro la possibilità di ascoltarlo e di stargli vicino. All'età di di...