Capitolo 27.

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                 Ancora e ancora

«Le donne sono di chi non smette mai di farle innamorare» Cit.

La cerimonia per il battesimo del figlio di Richard, è stata a dir poco impeccabile. È andato tutto secondo le iniziative.

Non è stato semplice, per me, abituarmi all'idea di esserne il padrino. Jess ne è stata entusiasta, sin da subito. È abituata a questo genere di cose.

«Ecco zio Caleb» mi viene incontro lei con il piccolo, porgendomelo tra le braccia.

Accenno un sorriso, lasciandomi prendere dall'imbarazzo, non appena metto piede all'interno del ristorante.

«Oh bene» dico tra me e me, intravedendo Alison insieme a Richard e raggiungendoli al tavolo. «Ecco i due genitori»

«Vogliamo accomodarci?» interviene il padre di Richard, sistemandosi la sua folta barba bianca. È cambiato notevolmente nel corso degli ultimi anni.

«Signore» mi rivolgo a lui, porgendogli la mano. «È un piacere rivederla», sorrido vedendolo ricambiare la stretta.

«Il piacere è tutto mio, Caleb. Sei rimasto del tutto uguale, figlio mio. Soltanto con qualche tatuaggio in più» mi sorride, dandomi una pacca sulla guancia.

«Sì, probabilmente sì» sospiro infine, portandomi una mano sulla nuca. «Oh, le vorrei presentare una persona» riprendo, vedendo passeggiare Jess.

«Lei è Jess» spiego infine, facendola avvicinare a noi.
Non appena è posizionata al mio fianco, le cingo una mano sulla vita, per poi aggiungere: «La mia ragazza»

Gli occhi del padre di Richard sembrano sbarrarsi. Dev'essere stupefatto.
«Per l'amor del cielo» esordisce, ammirandola da capo a piedi.

«Che meravigliosa donna!» ammette, facendola roteare su se stessa. «Ottimo acquisto, vecchio mio»

Sorrido, prendendo per mano Jess e dirigendomi verso il nostro tavolo, facendola accomodare.
«Oggi sei più bella del solito» le sussurro, baciandole il collo.

Ha indosso un lungo abito color rosa cipria, di un tessuto velato, leggero al tatto, con un cinturino di pizzo color bianco sulla vita.

I suoi lunghi capelli mossi, son posizionati in un solo lato, facendo notare il lungo orecchino che indossa sull'orecchio opposto.

«Lo pensi davvero?» mi sorride infine.
Annuisco, sorridendo a mia volta.
«Non c'è giorno dove la pensi diversamente», le bacio dolcemente le labbra.

«Posso..?» si avvicina a noi il fotografo, ingaggiato sicuramente da Richard, ossessionato dalle fotografie e dai ricordi.

«Oh, ehm» balbetto, schiarendomi la voce. «Sì?!», risuona più come una domanda che come un'esclamazione.

A dire il vero, non ho mai pensato all'idea di scattarmi una foto con lei, probabilmente preso da tutto il resto. L'idea di doverci rivedere un domani su quella foto, mi spaventa e, al tempo stesso, mi piace.

Sì, mi piace.

L'avvicino a me, posandole delicatamente una mano sulla schiena, sorridendo all'obiettivo.
«Per un attimo ho creduto dicessi no» riprende subito dopo lei, dandomi un bacio sulla guancia.

«In verità lo credevo anch'io» rispondo sinceramente, facendo cenno ad Alison e Richard di accomodarsi tra noi. «Eppure, mi sto ricredendo di così tante cose», continuo.

«Siete qui» ci sorride Alison, venendoci incontro con il bimbo quasi addormentato tra le braccia. «Credevo vi foste appartati»

Sorrido, sollevando un angolo della bocca.
«Non ancora, a dire il vero» emetto, inserendo la mano all'interno della sua coscia, accarezzandogliela.

«Vuoi che mantenga il piccolo?» domanda lei, divagando il discorso e scostando la mia mano.

«Goditi pure questa giornata» si intromette Richard, portandomi un bicchiere di vino. «In fin dei conti, siam noi i genitori qui», strizza un occhio. «Alla salute!»

«Alla salute» controbatto io, portandomi il bicchiere alle labbra e sorseggiandolo di volta in volta.

«Non bere troppo» mi raccomanda Jess, scompigliandomi i capelli e alleggerendomi il nodo della cravatta.

Le bacio le labbra, senza esitazione, per poi guardarla negli occhi. «Altrimenti andrò di matto, non è così?» comincio a stuzzicarla, baciandole il collo.

«Sh» sussurra lei, sorridendo. «Contieniti, ragazzo» prende un po' del mio vino, portandosela alle labbra.
«Vuoi dar di matto anche tu?», le chiedo.

Mi strizza un occhio. «Le cose si fan sempre in due, signor Stevens»
Sorrido, inumidendomi le labbra. «Assolutamente d'accordo, signorina Holbrook»

«Di che parlate?» arriva infine Shay, sedendomisi di fronte.
«Perché sei qui?» domanda a sua volta Jess, iniziando a giocherellare con le unghia sul tavolo.

«Sh, tigre» le sussurro nell'orecchio, baciandole il lobo.
«Niente che possa riguardarti, a dire il vero. Come procede il lavoro in ufficio?» mi rivolgo a lei, cercando di creare un dialogo amichevole.

«Non mi lamento» dice lei, facendo delle smorfie con le labbra. «Però suppongo dovresti essere più presente, o sbaglio?», continua.

«Prima del mio arrivo eri costantemente lì. Adesso non ci sei mai. Io non voglio sostituirti, ma voglio collaborare con te», finisce.

«Sei qui da cinque minuti scarsi e mi hai già fatto venire l'emicrania» le chiarisco subito, portandomi una mano sulle tempie.

Non sopporto le persone che parlano a raffica, senza darti modo di intervenire o esprimere un proprio parere.

«Se permetti, tu lavori per me e in quanto tuo superiore, decido io quando essere presente o meno», chiarisco.

Jess sbuffa, infastidita, prendendomi il viso tra le mani e dandomi un bacio sulle labbra.
«Preferisce star nel letto con me che venire a lavoro e vederti all'opera» si intromette.

«Oh santo cielo» esclama Shay, «adesso vorresti farmi credere che siete come due conigli? Piantala e torna a lavare tazzine»

«Shay» dico senza rifletterci, con voce serrante. «Smettila, non fare la bambina anche oggi», continuo.

Jess mi mette un dito sulle labbra, facendomi tacere. «Amore» mi dice in tono dolce, «vorrebbe tanto essere me, urlare il tuo nome di primo mattino e di notte fonda», comincia a stuzzicarla.

«Vorrebbe che le mettessi una mano tra le gambe e farla gemere sotto i tuoi stessi occhi. O non è forse così, ragazzaccia?»

«Mi dai al vomito» le risponde lei, alzandosi con aria disgustata e raggiungendo il tavolo con gli antipasti di mare.

«Ma sei matta?» le domando, ridendo.
Pur di togliersi dai piedi chi secondo lei le è di intralcio, è capace di ogni cosa. Ogni cosa.

«Ho detto ciò che è vero» risponde soddisfatta lei. Annuisco.
«Adesso però, c'è soltanto un problema» le sussurro nell'orecchio, facendo in modo che nessun altro ci sentisse.

«Cosa?»
«Mi hai fatto venire voglia» mi mordicchio le labbra, facendola alzare dal tavolo e raggiungendo il bagno delle ragazze, entrandoci dentro e chiudendoci la porta alle spalle.

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