Capitolo 24.

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                    Mai senza

«I miei occhi son da sempre convinti che tu sia la miglior cosa che ci sia» Cit.

Ma si sa, ogni attimo di felicità è destinato a finire.

«Non farmi alterare, ragazzina. Forza, andiamo» urla furiosamente suo padre, piombando nella nostra casa ed afferrando sua figlia per il gomito.

«Lasciami andare», supplica lei, cercando di sfuggire alla sua presa.
«Dovrebbe lasciarla andare» deciso di intromettermi io, con tono quasi minaccioso.

«Per l'amor del cielo», sbotta sua madre, spintonandomi. «Non ti lasceremo in questa casa con questo esemplare» mi indica infine.

«Ho un nome, signora» preciso, schiarendomi la voce. «E sua figlia è abbastanza grande per stabilire con chi voler trascorrere la sua vita»

Suo padre la lascia andare, venendosi a rifugiare nelle mie braccia, tremolante.

«Che esempio vorresti darle? Tra una settimana magari la metterai incinta e sarà interamente ricoperta di tatuaggi» sbraita ancora lui, gesticolando.

«Non voglio il male di sua figlia» chiarisco.
È la cosa più preziosa che ho.

«Jess, forza. Non fare la ragazzina che hai sempre dimostrato di essere» coglie nuovamente l'occasione sua madre, afferrandola per il braccio.

Scuote il capo, staccandosi dalla sua presa.
L'avvicino a me, stringendola saldamente.

«Sua figlia non è una ragazzina», comincio a precisare, guardandola dritta negli occhi. «È una donna, ormai. E lo è sicuramente molto più di lei», continuo.

«Non ti permetto di mancare di rispetto a mia moglie. Ti prendo a schiaffi» mi sbraita contro suo padre, serrando i pugni.

«Non voglio venir via con voi», urla Jess, scacciando le prime lacrime. «Non siete mai stati nessuno nella mia vita. Non avete mai fatto niente per poterlo essere»

«Questo non cambierà la sua situazione», interviene sua madre.
«Ed invece si», mi oppongo io. «Potevate risparmiare questi chilometri che ci dividono e restare nelle vostre case infelici»

«Razza di deficiente» sbotta immediatamente suo padre, strattonandomi la camicia. «Verrà via con noi», continua.

«Non le conviene sfidarmi», sembro quasi minacciarlo.
«Adesso basta», si intromette Jess ancora impaurita, stringendosi più a me.

«Non verrò via con voi. Per quanto vi possa rodere la mia felicità, non salirò in quell'auto con voi»
Cerco di asciugarle alcune delle lacrime che le rigano il viso.

«Tua sorella è venuta allarmata a casa» le dice sua madre, alzando la voce. «Diceva che convivevi con un uomo, che uomo non è, pieno zeppo di tatuaggi. Che esempio è per la nostra famiglia?» continua.

«Noi non siamo una famiglia. Non lo siamo mai stata», urla contro sua madre. 
La stringo un po' di più, non volendo intromettermi.

Una parola in più e me la porteranno via davvero.

«Ma guardalo» sbraita nuovamente suo padre, indicandomi. «Vivi con un delinquente, cazzo»

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