"Amicus certus in re incerta cernitur. [...]
Qui igitur utraque in re gravem, constantem, stabilem se in amicitia praestiterit, hunc ex maxime
raro genere hominum iudicare debemus et paene divino".
Cicerone, Laelius De amicitia, 64.In uno stato di dormiveglia Locusta udì un suono lontano: ritmato come un tamburo, incalzante come un trotto di cavallo.
Le sembrò di tornare con la mente nel suo villaggio, tra la sua gente, mentre festeggiavano in onore degli dei; lei era accanto ai suoi fratellini, alla sua famiglia sorridente e gioiosa, mangiavano in allegria senza alcune preoccupazione, negatività. Il padre le posò la sua mano ferma sulla spalla fiero e orgoglioso.
Aprì gli occhi e vide che effettivamente qualcuno le aveva posato una mano, ma purtroppo per lei non era quella del padre. Era l’egizio che la fissava con il terrore nelle pupille, una paura che proveniva dal fondo dell’anima e che pareva risucchiarlo in un abisso senza fondo.
Si voltò con il viso pallido e si trovò davanti il mercante che la guardava con impazienza ed agitava la frusta al suolo, imitando il rumore degli zoccoli.
“Ecco da dove proveniva quel suono!” pensò timorosa, triste e delusa, appoggiando il viso sul petto dell'egizio che tentava di proteggerla stringendola con delicatezza a sé.
Quel mercante era un vero e proprio mostro, un uomo senza scrupoli nè morale, guidato solamente dai piaceri carnali e dal denaro: le sue uniche ragioni di vita.
- Non vorrete mica colpire una povera ragazza che non ha alcuna colpa, se non quello di vivere sotto il dominio di Roma? - chiese l'egizio con tono minaccioso senza, però, alcuna intenzione di fare del male.
Non si era mai avvicinato a quella vita: da sempre fu un seguace del Mitraismo, un’antichissima religione proveniente dalla Persia che si stava diffondendo sempre più tra i cittadini delle colonie imperiali e persino tra i soldati stessi; un culto segreto, che si svolgeva nell’oscurità, tra le grotte, in cui si sacrificavano animali, in particolare il toro, l’animale sacro al dio Mithra.
- Taci schiavo! - gridò Lucius alzando il braccio con l’intenzione di colpire l’uomo ma si bloccò vedendo che in mezzo c’era la florida schiava della Gallia che si era già preparata a ricevere il terribile colpo.
Non poteva rovinare una merce così preziosa e pregiata che l’avrebbe fatto fruttare fior di quattrini, oltre ad un piacere carnale che non provava da tempo immemore. Si sarebbe divertito proprio con lei.
- Sei fortunato negro! - grugnì sputandogli a pochi passi mentre lui lo guardava con disgusto e sdegno. Si allontanò dai due schiavi con uno sguardo ambiguo, misto tra rabbia e desiderio di vendetta.
- Preparatevi, tra poco inizia il mercato - aggiunse alla fine divertito. Sbatté con forza la porticina di legno.
- Stai bene vero? - le domandò con preoccupazione l’uomo guardandola dritta nei suoi stupendi occhi color del mare e del cielo.
Somigliavano in maniera impressionante alla lontanissima Alessandria d’Egitto, sua città natale. La nostalgia invase i suoi sensi.
Gli mancavano le carovane cariche di stranieri e mercanti provenienti dal mondo ellenico che ebbe modo di conoscere molto da vicino; desiderava inspirare nuovamente l’odore, ascoltare il suono delle onde sulla sabbia arida e calda su cui il mare tracciava delle linee ondulate che sembravano raccontare storie in una lingua sconosciuta; la sua umile famiglia di fabbri.
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Locusta
Historical FictionRoma, 37 d.C. Una giovanissima schiava proveniente dalla Gallia, abile conoscitrice di ogni tipo di erba, approda nella Città Eterna. Divenuta libera, la sua vita sembra essere destinata a svolgersi nell'ombra della Capitale del Mondo....fino a quan...