Capitolo 17 - Miscēre utile dulci -

301 17 27
                                    

"Ut pictura poesis: erit quae, si propius stes, te capiat magis, et quaedam, si longius abstes; [...] haec placuit semel, haec deciens repetita placebit"
Orazio, Ars poetica, vv. 361 - 365

Roma, 21 giugno 53 d.C.

- Altezza imperiale - esordì Vespasiano con un lieve inchino - Vorrei presentarvi uno dei migliori architetti reclutati negli ultimi anni, Gaudenzio - disse infine allungando il braccio dietro la schiena del giovane.

- Gaudenzio.....che nome interessante... - mugugnò tra i denti l'imperatore - Vespasiano mi aveva parlato molto di te e del tuo incredibile ingegno

- So-sono onorato nel trovarmi al vostro cospetto, ma-maestà - tremolò Gaudenzio eccitato e al tempo stesso intimorito, mentre compiva lo stesso gesto del generale.

Mai si sarebbe aspettato di incontrare l'imperatore in persona, nonostante avesse poco fiducia nel governo romano, della mentalità arretrata della maggior parte della comunità romana, radicata su principi e regole che considerava oppressive,
nonostante l'impegno di Claudio nell'eliminare ogni contrasto all'interno e all'esterno del palazzo imperiale.

In quel momento, però, non riusciva a trattenere l'emozione di poter mostrare le proprie abilità all'uomo più potente del mondo. Era la sua occasione.

Ma non era l'unico ad essere entusiasta....

- Finalmente l'architetto di cui tanto parlava Tito Flavio è arrivato - sibilò Nerone, nascostosi dietro una colonna di marmo, non molto lontano dal luogo dell'incontro, intento ad origliare la conversazione - Avrò il piacere di parlare con qualcuno che conosce la realtà romana meglio di chiunque altro.....

- Lo potrai fare dopo che avrai finito di studiare, caro il mio Nerone.... - sussurrò Seneca all'orecchio del ragazzo che quasi sussultò per la paura. Aveva cercato di fuggire dalla sua parlantina asfissiante in maniera del tutto silenziosa, eppure era riuscito a rintracciarlo; si rese conto che, come sue madre, non era facile sfuggirgli.

- Maestro Seneca sono sempre stato diligente e appassionato negli studi, non ho mai tralasciato nulla, permettetemi di fare un'eccezione una volta ogni tanto, vi ho sempre ubbidito! - pregò il quindicenne scuotendo la testa.

L'anziano filosofo sospirò: doveva ammettere che quel ragazzo aveva tutte le ragioni, era davvero un ottimo studente, anche quando la mole era eccessiva non aveva mai fatto notare le sue fatiche, la sua stanchezza e la sua petulanza. Si era sempre impegnato con grande energia.

- E sia! - l'accontentò Seneca con una fragorosa risata, gli diede una pacca sull'ampia spalla scoperta - Puoi anche andare a teatro stasera - aggiunse con grande gioia per il ragazzo che non desiderava altro in quella giornata - Ma domani dovrai recuperare tutto ciò che hai saltato oggi

- Lo farò, lo farò senz'altro - emise Nerone, allungando la mano su quella che il maestro aveva appoggiato, sorridente - Vi ringrazio immensamente per il vostro permesso

Seneca lo guardò nei suoi occhi azzurri, ridenti, gioiosi, e istintivamente abbassò cupamente la testa; dopo pochi istanti gli mostrò un timido sorriso che non aveva nulla di allegro, anzi, era espressione della sofferenza che il filosofo stava provando: Nerone, con la sua sfrenata, e quasi ingenua, passione per l'ellenismo, per la cultura, per la parte migliore dell'umanità, era entrato nel suo cuore.

Ma non poteva mostrarsi totalmente sincero con lui, avrebbe voluto salvarlo da quella voragine che si stava avvicinando sempre più a Nerone; sapeva che prima o poi il potere avrebbe mutato inesorabilmente quel ragazzo che sognava solamente di essere un artista, il trono, l'Impero non facevano per lui.

Locusta Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora