"Itaque non aqua, non igni, ut aiunt, locis pluribus utimur quam amicitia.
Neque ego nunc de vulgari aut de mediocri, quae tamen ipsa et delectat et prodest, sed de vera et
perfecta loquor, qualis eorum, qui pauci nominantur, fuit. Nam et secundas res splendidiores facit
amicitia et adversas partiens communicansque leviores."
Cicerone, Laelius De amicitia, 223 luglio
- Allontanatevi da me...Ottavia maledetta! - sbottò Nerone, balzò in piedi, puntando il dito contro di lei, caduta rovinosamente al suolo.
- Ma altezza...- soffuse la donna a testa bassa - Io...volevo solo... - trattenne a stento le lacrime.
- È solo colpa vostra... - gridò il marito con gli occhi spalancati, continuando ad additarla: colpevole ai suoi occhi, di averlo consolato, senza il suo consenso - Se sono in questa drammatica condizione è solo per colpa vostra, voi mi avete costretto a uccidere mia madre!
Lo guardava con un'espressione tra lo stupore e la delusione - Ma cosa dite, altezza? Non lo avrei mai...
- Credete che io sia uno stupido?! - sbraitava l'imperatore raggiungendola e sollevandola da terra per guardarla dritta negli occhi. Ottavia cominciò a tremare nel vederlo sul punto di scoppiare dall'ira: sarebbe stato incontrollabile.
Poppea stava seduta sul triclinio accanto a quello dell'imperatore, osservava compiaciuta la vicenda: vedere l'umiliazione nello sguardo di quella donna le donava una soddisfazione che nemmeno la morte dell'Augusta le aveva fatto provare appieno.
Il Princeps fece cadere nuovamente la moglie, abbandonando l'idea di picchiarla a sangue: non sarebbe servito di certo a placare lo spirito vagante della madre, anzi avrebbe peggiorato il tutto - Ottavia...se non volete morire quest'oggi sparite dalla mia vista - le lanciò un'occhiata colma di odio e rancore, strinse i pugni e le diede le spalle.
La donna non se lo fece ripetere, si alzò dolorante e, ringraziando in cuor suo gli dei per averla risparmiata dal suo furore, uscì immediatamente dalla sala del trono per rifugiarsi in quella da letto, vi trovò alcune ancelle, a quel punto lasciò andare, in un lungo pianto, tutto il suo dolore.
- Perché l'avete lasciata andare? - le rimproverò Poppea adirata - Era la vostra occasione per rinfrancare la vostra anima
- La mia o la vostra? - le domandò freddamente Nerone.
Spiazzata da quella domanda, Poppea rimase a bocca aperta, incapace di rispondergli; le tornarono alla mente le parole di Locusta e si rese conto, per la prima volta, dell'acutezza di Nerone.
"Non è affatto come credevo, ha usato la maschera della stupidità anche con me...quella donna aveva ragione!" una goccia di sudore le scese lungo la fronte "Cosa è realmente in grado di fare? Fin dove può spingersi ora che non ha freni?"
- Andatevene pure voi, Poppea, desidero restare da solo...con Locusta... - proferì atono.
- Ma...ma come? Preferite la compagnia di quella strega alla mia! Non vi basto più... - balzò sorpresa verso di lui, stranamente pacato. Si accomodò sul trono.
Vedendola irremovibile, ordinò alle guardie di accompagnarla delicatamente fuori - Quando uscite, mandatela a chiamare - comandò all'amante trascinata dai pretoriani - Se non lo farete, non sperate di vedere ancora il giorno, Poppea...
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Locusta
Ficción históricaRoma, 37 d.C. Una giovanissima schiava proveniente dalla Gallia, abile conoscitrice di ogni tipo di erba, approda nella Città Eterna. Divenuta libera, la sua vita sembra essere destinata a svolgersi nell'ombra della Capitale del Mondo....fino a quan...