"Non est quod nos tumulis metiaris et his monumentis quae viam disparia praetexunt: aequat omnes cinis. Impares nascimur, pares morimur"
Seneca, Epistulae ad Lucilium, XCI, 16Roma, 9 giugno 68 d.C.
Era una notte d'estate nuvolosa, incredibilmente fredda e nonostante la vitalità che si respirava nelle vie della città, della gente incurante dei problemi e delle congiure di palazzo, vi era una strana tensione nell'aria.
Una giovane donna bussò alla porta di Locusta, con molta foga ed agitazione. La donna era sveglia, ma pensierosa: la situazione per Nerone diventava ogni istante sempre più drammatica, nemici nuovi si aggiungevano a quelli già esistenti e tutti bramavano la sua testa e il suo trono.
Rivolte sparse per l'Impero, in particolare in Gallia e in Palestina, avevano minato le ultime certezze che il Princeps aveva, ed era chiaro che era arrivata, per lui, l'imminente fine.
Quel rumore la colse di soprassalto e tornata nella realtà si precipitò immediatamente ad aprire - Atte - fece Locusta ingoiando la saliva - Che ci fate qui? - chiese sempre più preoccupata.
- L'imperatore ha bisogno di me - rispose lei semplicemente, come se il resto fosse superfluo. Locusta capì e sbiancò. La fece entrare.
- Sapete dunque? - domandò mesta Locusta, dopo averla fatta accomodare.
- Non sarei qui - le fece notare la giovane donna, con la voce sul punto di cedere: l'amava ancora, anche se lui l'aveva rifiutata e fatta esiliare, lei non aveva mai smesso di provare amore sincero e profondo per Nerone.
- Cosa volete che faccia per voi? - richiese Locusta cupa ma decisa.
- Preparare il pugnale avvelenato per Nerone - riferì lapidaria Atte. La sua voce sembrò aliena persino a se stessa, tanto che risuonò fredda e stoica alle sue orecchie - Il servo Faone vuole aiutarlo, è uno dei pochi che gli è rimasto fedele a corte...
- Ma non aveva con sé una boccetta di veleno che gli consegnai qualche mese fa? - interrogò l'ex schiava.
- Non so nulla di ciò, ma se il liberto mi ha detto di riferirvi questo, vuol dire che non ce l'ha più - disse lei facendo spallucce.
- Capisco - sospirò nuovamente - Significa che glielo hanno rubato o sequestrato, forse per evitare che si uccida
- E avere così il piacere di farlo fuori e di annunciarlo alla popolazione, d'altronde Galba ha assunto molto potere e nessuno oserebbe contestarlo
- In effetti, Nerone è l'unico ostacolo per possedere tutto l'Impero - disse infine Locusta prima di chiudersi in un pesante silenzio ed eseguire quel compito arduo e difficile.
Atte si sedette in un angolo e attese che lei terminasse il lavoro.
Ma Locusta era agitata, la mano le tremava, quando aveva ucciso altri, Claudio in particolare, non era stata così tesa e nervosa. Alcune lacrime bagnarono le mani e il pugnale, il suo cuore era a pezzi.
"Forse solo così potrà avere la sua pace" si disse lei per farsi forza e proseguire nella preparazione di un veleno molto potente ed estremamente letale.
Come se fosse priva di un'anima e senza alcuna stanchezza alla fine, portò a termine il suo dovere e s'incamminò verso la sala dove c'era Atte, appoggiata su di una finestra, ad osservare il cielo.
STAI LEGGENDO
Locusta
Historical FictionRoma, 37 d.C. Una giovanissima schiava proveniente dalla Gallia, abile conoscitrice di ogni tipo di erba, approda nella Città Eterna. Divenuta libera, la sua vita sembra essere destinata a svolgersi nell'ombra della Capitale del Mondo....fino a quan...