Capitolo 19 - Impunitas semper ad deteriora invitat -

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"Languent officia atque aegrotat fama vacillans. Unguenta et pulchra in pedibus Sicyonia rident, scilicet et grandes viridi cum luce zmaragdi auro includuntur teriturque thalassina vestis adsidue et Veneris sudorem exercita potat"
Lucrezio, De rerum natura, IV, vv. 1124-1128

Roma, 13 ottobre 54 d.C.

Era l'alba e Nerone, ancora avvolto nell'oscurità della sua stanza da letto, aveva cercato in ogni modo di addormentarsi, ma non era riuscito a chiudere occhio nemmeno per un secondo.

"I tempi sono ormai maturi" nella sua mente riecheggiava quella frase, pronunciata da sua madre, qualche ora prima, con quel sinistro entusiasmo che lo inquietava.

Sapeva cosa sarebbe accaduto quel giorno, per gli altri sarebbe stato un normalissimo 13 ottobre, in cui si festeggiavano le Fontinalia, festa religiosa dedicata alle sacre fonti il cui dio protettore era Fontus, figlio di Giano; per lui invece sarebbe stato l'inizio della rovina.

Nonostante fosse riluttante all'idea di diventare imperatore, aveva compreso che con il sacrificio della zia, la sua anima era irrimediabilmente compromessa e per questo accettò tutto ciò che la madre gli disse in quei giorni.

Ribellarsi non era la soluzione migliore, l'unico modo che gli rimaneva per saziare la sete di potere di sua madre era solamente uno: salire al trono.
Solo così l'avrebbe lasciato finalmente in pace, almeno così credeva.

- Sarà meglio che mi alzi, prima che arrivi, l'ultima cosa che voglio sentire quest'oggi è la sua solita ramanzina - si disse scocciato, spostò la tenda, non appena la luce irruppe con forza nella stanza sì coprì gli occhi chiari con la mano.

Agrippina si aggirava, con fare guardingo e circospetto, per le vie più popolari della Capitale. Fin dall'alba la plebe si attrezzava già per lavorare, anche il quel giorno di festa.

"Ciò gioca a mio favore, posso svincolarmi per le vie senza dettare molti sospetti" pensò camminando piuttosto agitatamente, con l'intenzione di arrivare velocemente a destinazione "Indossando la stola più semplice e togliendo ogni gioiello sarà ancora più semplice confondermi tra la folla"

Quella zona era una delle più malsane: puzzava terribilmente di escrementi, rifiuti e cibi in decomposizione accumulati ai lati delle strade, non sembrava la stessa città, non rispecchiava per nulla l'immagine della Capitale del Mondo.

"Spero di trovare presto questa fantomatica Locusta, non sopporto simili odori, mi sta salendo una nausea incredibile" si tappò il naso e aumentò il passo, la questione era urgente, non poteva più aspettare...

Improvvisamente, come se fosse un sogno, apparve proprio la taverna che stava cercando; poté riconoscerla in quanto si trovava quasi alla fine della via che portava al mercato. Una zona strategica per recuperare lo stretto indispensabile.

Dall'esterno aveva l'aspetto di una taverna qualsiasi, ma appena vi entrò, percepì un'aura diversa nel vedere gli scaffali pieni di boccette e bottiglie, erbe e frutti velenosi: le pareva il covo di una strega.

Non si stupì nel vedere la fila che si era formata fino al bancone, la maggior parte erano donne piuttosto giovani, molte della stessa età di Nerone. Probabilmente erano delle prostitute che volevano eliminare qualche cliente un po' troppo invadente.

Intravide anche degli uomini che a prima vista potevano sembrare innocenti e privi di qualsiasi pensiero malizioso. La politica corrompeva tutti, chi prima chi dopo, persino i più irriducibili sono costretti a sottomettersi ai suoi giochetti.

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