Capitolo 14 - Faber est suae quisque fortunae -

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"Omnia fert aetas, animum quoque. saepe ego longos cantando puerum memini me condere soles; nunc oblita mihi tot carmina"
Virgilio, Bucoliche, IX, vv. 51-53

Mentre continuava a piangere, Locusta si staccò dalle braccia di Canius ed entrò nella stanza, per poter vedere il suo padrone un’ultima volta.

Vide Tiberia sconvolta dal dolore, abbracciata ad una delle sue amiche che era giunta nella loro casa per starle vicino, e infine vicino al letto, notò anche Gaudenzio, seduto su un piccolo sgabello, mentre aveva una mano su quella di Aulus.

La ragazza si avvicinò e lo sentì farfugliare qualcosa - Signore...so che quest’uomo non ha mai creduto in te - fece una piccola pausa - Come so che ha definito schiavi, e quindi inferiori, parte dei suoi fratelli e sorelle...ma la sua bontà e il suo prendersene cura, hanno ampiamente dimostrato, il suo amore verso essi. Possa tutto questo sfiorare la tua misericordia e dargli un posto nel Regno Celeste che ci hai promesso

Il pianto riprese il sopravvento a poco a poco e terminò dicendo con le mani sopra il viso - Te ne prego Signore...accoglilo...
Poco dopo si alzò e fece dei segni che ricordavano la forma della croce

- Gaudenzio - esordì Locusta dopo aver  udito la sua preghiera genuina e semplice - Aulus sarebbe così felice di ciò, avrebbe ricambiato con un altro dei suoi dolci sorrisi e una battutina ad effetto, credo che non sarà facile dimenticarlo

- Sai cosa disse il Signore in cui credo fra gli insegnamenti che ci ha lasciato?

- No - rispose trepidante Locusta; le piaceva ascoltare i discorsi che estraeva dalle parole del suo Signore, anche se aveva perso fiducia in ogni divinità.

- Dai da mangiare agli affamati...dai da bere agli assetati…e lui ha fatto tutto ciò...senza volerlo...ha seguito questi insegnamenti…e gliene sarò grato per sempre…

- Se il tuo Signore è come dici, allora lo accoglierà davvero nel posto che tu chiami Regno dei Cieli, lui senz'altro lo meriterebbe - abbassò la testa e riprese a piangere, proprio perché sapeva che se lo sarebbe meritato per come si era presa cura di lei, per averla accolta più come una figlia, anziché come una schiava.

Ma anche che lei non avrebbe mai potuto percorrere la strada del padrone, si sentiva perduta, come se qualcosa nelle viscere le ripetesse che avrebbe compiuto solo male.

Finì con l’abbracciare forte Gaudenzio, invidiava la sua enorme fiducia nel suo Signore e la sua totale devozione.

- Sei forte Locusta...supererai questo dolore...anzi...lo faremo insieme…- le accarezzò i capelli con dolcezza e la lasciò sfogare, mentre anche lui, pianse silenziosamente.

Dopo alcuni giorni, che si lasciavano passare da tradizione romana, per lavare e cospargere di unguenti il corpo e tenerlo esposto per la famiglia, la salma venne portata via dai libitinarii, uomini specializzati nella preparazione dei riti.

Non appena uscirono fuori con il corpo, partì la processione composta dai suoi cari, verso l’Ustrinum, una delle aree alla periferia della città o appena fuori le mura, per procedere alla cremazione.

Camminarono a lungo e quando giunsero finalmente al luogo designato, scorsero la pira in legno dove sarebbe stato adagiato il corpo di Aulus.

Lo sistemarono, Tiberia si avvicinò e gli mise in bocca la moneta, anche se era compito che spettava al pater familias; tale tributo gli sarebbe servito per ottenere il passaggio di Caronte sull'Acheronte, nell’Averno.

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