Capitolo 26 - Il rimorso dorme in un periodo prospero... -

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"Nam quae prima solo ruptis radicibus arbos
vellitur, huic atro liquuntur sanguine guttae
et terram tabo maculant. mihi frigidus horror
membra quatit gelidusque coit formidine sanguis"
Virgilio, Eneide, II, vv. 27-30

Roma, 24 marzo

- Mi avete fatta chiamare? - domandò umilmente Locusta al cospetto di Poppea Sabina, chinando il capo.

Non appena vide il suo aspetto delicato, femminile, ma che evidenziava i primi segni dell'età e delle piccole porzioni di veleno che ingeriva ogni mattina, sulle labbra di Poppea si formò un sogghigno fugace, che fece sparire per mostrarle un'espressione più docile e pacata - Così siete voi la famosa Locusta, la donna capace di placare le angosce del mio futuro marito, in grado di scacciare i demoni dal suo cuore, una dote non molto comune - l'adulò facendole segno di avvicinarsi al suo cospetto.

Era languidamente sdraiata su di un preziosissimo triclinio, realizzato dalle meravigliose mani delle sue schiave persiane. Con la mano la invitava a sedersi sul tappeto posto ai suoi piedi.

Per affetto nei confronti di Nerone, Locusta non rifiutò di obbedire al suo volere, seppur non molto convinta dalle intenzioni di quella donna. Il suo sguardo era addirittura più terrificante di quello dell'Augusta; mestamente compì alcuni passi, fermandosi a pochi centimetri dal triclinio e, sempre a testa bassa, attese che la futura imperatrice le parlasse. Rimase immobile, al pari di una statua di marmo.

- Pensavo che aveste seguito Nerone in Campania - disse Poppea suadente, la sua voce simile ad un sibilo, in grado di ipnotizzare qualunque uomo - Per quale motivo avete deciso di restare qui?

- Per eseguire il suo volere, esattamente come fate voi, Poppea Sabina - rispose prontamente Locusta - L'ultima cosa che desidero è vederlo adirato, come vorrei che fosse sempre felice...

- Per questo avete approvato tacitamente la sua dura scelta di...

- Si, a volte bisogna compiere dei sacrifici se si vuole raggiungere la pace interiore, è stato lui a dirmi ciò - rispose Locusta alzando la testa e guardandola benignamente.

Poppea osservava nuovamente quella donna così insolito: il suo aspetto,  prossimo alla decadenza, non sminuiva la sua forza d'animo. Non dimostrava affatto l'età raggiunta, al contrario, l'involucro che custodiva la sua anima era ancora energico, pronto all'azione e disponibile all'obbedienza, mai cieca e fanatica, sempre dettata dal buon senso. L'affetto di Locusta era onesto, non l'avrebbe mai tradito né tantomeno complottato contro di lui.

- Vi prego Poppea, voi che avete l'età e i mezzi per farlo, non lasciatevi acceccare dal potere, amatelo come lui ama voi - la supplicò fissandola intensamente - All'apparenza può sembrare un po' sciocco e capriccioso, ma in realtà è intelligentissimo, molto buono, a volte persino ingenuo, e possiede un cuore d'oro, purtroppo a pezzi - si fermò, le sorrise e proseguì - Due cuori infranti dovrebbero ricomporsi a vicenda, o no?

Quella domanda retorica la colpì molto: Locusta riuscì a comprenderla al volo, a leggere il suo dolore, la sua vita di fatiche, di stenti e di rinunce che la temprarono e le strapparono la spensieratezza della gioventù.

Le continue, pesanti accuse mosse dall'Augusta di immoralità, e persino la condanna a morte del suo primo marito, Rufrio Crispino, un capo della guardia pretoriana, ordinata nuovamente da quell'odiosa Agrippina, non erano riuscite comunque a smuoverla dal suo intento di raggiungere la gloria. Aveva ottenuto la sua vendetta grazie a Nerone, il quale l'aveva accontentata togliendo gli onori e la scorta di germani alla madre.

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