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Andrea

"Allora alla prossima". Il vociare del padre di Emanuela si fece udire all'ingresso di casa dove, lui e la figlia, si apprestavano a uscire varcando la soglia della dimora. Il continuo borbottare di voci gravi venne rotto dalla risata di mia madre che, acuta, interruppe le loro parole che proseguivano in discorsi come le acque di un fiume in piena.

"Ci ha fatto molto piacere avervi qui con noi" sentenziò lei, mani nelle mani, sorriso stampato in volto. Inclinata leggermente in avanti, sporse una delle due estremitá delle membra per avviarsi ai saluti.
"E Fernando? Volevo salutarlo" parlò Carlo, pronunciando il mio nome.
"È in camera. Adesso vado a chiamarlo" declamó mia madre. Nel sentire quella proposizione, posai rapidamente il telefono che tenevo fra le mani. Assalito dai sensi di colpa, mi ero scusato con Daniel per avergli dato buca lo stesso pomeriggio; non avrei potuto attendere l'indomani per dirglielo.

Mia madre si apprestò ad aprire la porta di camera mia, trovandomi in piedi mentre fingevo di togliere dalla scrivania i bicchieri e la bottiglia d'acqua dei quali avevamo usufruito io ed Emanuela durante la nostra chiacchierata.

"Fernando, vieni di lá" parlò mia madre alle mie spalle, mano sulla maniglia e corpo inclinato, proteso verso di me. Girandomi lentamente, bicchieri fra i palmi, sguardo innocente, l'ascoltai annuendo.
"Carlo ed Emanuela vorrebbero salutarti" parlò, invitandomi a seguirla.
"Va bene, arrivo" dissi, posando le stoviglie e uscendo da camera mia per dirigermi all'ingresso con lei a pochi passi da me, come a farmi strada in un luogo che conoscevo meglio delle mie tasche.

Dopo un giro veloce di saluti, baci, abbracci e sorrisi a mio parere troppo caricati, la quiete tornó nella nostra dimora, zittendo la voce squillante di mia madre, complimentatasi per la bellezza di Emanuela almeno mezza dozzina di volte e il rievocare dei ricordi di mio padre che, discutendo animatamente con Carlo, aveva riscaldato l'atmosfera con prorompenti risate, oltre che con qualche sorso di vino rosso accompagnato da stuzzichini al formaggio.

"Cosa farai, adesso?" domandò mio padre, notando il silenzio che aleggiava attorno a me mentre i miei chiacchieravano briosamente sulle vicende appena trascorse, parlando di un possibile secondo (o terzo) incontro tutti assieme.
"Come?" presi tempo per non rispondere quello che effettivamente sarei andato a fare.
"Starai a casa?" provò a indovinare.
"Sì, ormai Daniel sará giá tornato a casa" dissi, incrociando le braccia al petto.
"Chi, il tuo compagno di classe?" chiese.
"Eh?" presi nuovamente tempo. Ma quella volta avevo sentito bene. Fin troppo.
"Fernando, mi stai ascoltando?" domandò notando quanto tempo impiegassi a contestare ai suoi quesiti.
"Certo. Sì, è lui".
"Ah, allora vedi che ricordo bene" disse, osservandomi.

"Come ti sembra Emanuela?" chiese poi mia madre, precedendo i miei passi verso camera mia. Interponendosi fra me e la porta della mia stanza, mi fece sussultare.
"In che senso?" chiesi, non comprendendo, questa volta sul serio.
"Ti piace?" . A quella domanda spalancai la bocca, che richiusi immediatamente per inghiottire un fiotto di saliva.
"Mamma, ma che domande mi fai?" sbottai, alzando il tono.
"

È una domanda normale, per un ragazzo della tua etá. Insomma, hai diciotto anni, direi che è anche ora..." disse, abbassando il tono della voce.
"Ora di cosa?!" ribattei.
"Io alla tua etá..." cominciò. Roteai gli occhi, pronto a sorbirmi i suoi aneddotti del periodi adolescenziale.
"Insomma, una ragazza... non c'è nulla di male" sentenziò, inserendo le mani fra le ginocchia e sollevando appena le spalle, coperte da uno scialle arancione e beige.
"Mamma, se parli a tratti non capisco" dissi, obbligandola ad esplicitarmi quello che, forse per un lieve imbarazzo, non mi stava dicendo.
"È giusto che tu esprima i tuoi interessi verso una ragazza. È normale avere le prime pulsioni" disse.
Mi trattenni dallo scoppiare a ridere. Se sapesse quante volte Daniel mi ha fatto sentire certe pulsioni...
"Lo so, lo so" mi limitai a dire.
Avvicinandosi a me, riprese a parlare.
"Sono certa diventerete amici" disse, poggiando una mano sulla mia spalla.
"Su quello non ho dubbi" dissi, illuminando gli occhi di mia madre che avrebbe voluto sentirsi dire solo quello. Ma in realtà ció che credevo veramente era che non ci sarebbero state altre alternative. A forza di incontrarci così assiduamente non avremmo potuto fare altre che stringere un'amicizia.

So che non sei tu e ti aspettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora