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Daniel

Emanuela sorrise imbarazzata. Tutti i presenti, compresi quelli a me conosciuti, sopraggiunti esattamente nell'istante in cui apersi bocca, udirono le mie parole. Prima figura della serata, fatta.

"Oh, eccolo lì!" riuscì a scampare lei dalla figuraccia salvando, in un certo senso, anche il sottoscritto.
Indicando qualcuno alle nostre spalle, essendo tutti voltati come allievi in direzione del professore, ci fece girare di centottanta gradi ove il suo dito indicava qualcuno.

Una figura mascolina, accuratamente vestita, portava un paio di pantaloni modello chino stretti in vita da un'elegante cintura, nei quali era inserita una camicia bordeaux con il logo di una costosissima marca sul taschino in alto a sinistra. I suoi capelli, sviluppati in voluminosi ricci sul capo e sulla fronte, ricadevano più corti sul resto di esso: ai lati, accanto alle orecchie. Andrea era davvero stupendo.

"Ciao, Andri!" parló Emanuela quasi squittendo, raggiungendo alla postazione il suo ragazzo che, mossosi verso di noi, sorrise a tutti.
"Ciao ragazzi!" esclamò lui, dando un bacio sulla guancia ad Emanuela, che avrebbe desiderato altro.
Salutando tutti, uno per uno Andrea, mi domandai se fossi incluso anche io in quel giro di baci e abbracci che, dopo una quarantina di persone, sarebbe toccata anche a me.

Salutando i suoi compagni delle medie, quelli di atletica, e i suoi cugini, una decina, mi domandai se stesse andando in ordine di importanza. E ne ebbi quasi la conferma quando, iniziando a salutare  compagni di classe a cui di solito non rivolgeva granchè la parola durante gli intervalli, passó poi a Maurizio, Anastasia, Carlo, che salutó frettolosamente. Fu poi la volta di Tommaso, che non avevo notato nel gruppo dei ragazzi di atletica. Quella me l'avrebbe dovuta spiegare.
Infine, Melissa, Agata e Lucrezia. Perché dovevo essere l'ultimo, memorabile della fila?

Rimasto in disparte a osservare la fila diminuire i suoi componenti, intanto tenevo un piede incrociato davanti all'altro, mentre speravo che la musica ad alto volume sovrastasse la sua voce mentre mi stava chiamando.
Ma proprio nel momento in cui si fu congedato da Lucrezia, intenta a lamentare il dolore provocatole al tallone da un callo, i suoi occhi incontrarono i miei. Maledizione. Come un invito a raggiungere lui che aspettava solo me, un suo sorriso mi attirò a sé come fosse una calamita.

"Ciao, Daniel" mi salutò, baciandomi sulle guance con un rapido tocco delle sue, liscie come la seta, accennando un sorriso che strinse fra le labbra carnose. Il nostro tocco fu così rapido che non ebbi neppure il tempo di provare emozioni che mi potessero turbare. Era stata come un'iniezione e via: un istante, poi più nulla.

Ricompostomi, notai decine di occhi ad osservarmi, come a cercare di percepire le mie sensazioni, in quel momento nulla di rilevante. Io non avevo mica avuto la loro cafonaggine a osservarli a quel modo, quand'era stato il loro momento.

Dando il via alla festa vera e propria, Andrea si appartò con qualcuno dei suoi amici a noi sconosciuti e, ovviamente, Emanuela. La cosa mi diede abbastanza fastidio, nonostante mi fossi giá preparato psicologicamente al che accadesse.

"Allora? Tutto okay?" mi domandarono Anastasia e Agata. Da quando così coordinate? Non si starà allargando il gruppo! Mi domandavo, sperando in una risposta negativa. Se il trio delle pettegole fosse presto diventato un quartetto sarebbe stato un problema.

"Sì, meravigliosamente" risposi, rivolgendo un ultimo sguardo ad Andrea che, per mano ad Emanuela, si era ormai allontanato nell'oscuritá proiettta da un telone che isolava una piccola parte della sala dal resto del locale. Chissá cosa c'era là dietro.

So che non sei tu e ti aspettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora