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Andrea

"Ciao, Ande. Tutto bene?". La domanda di routine postami da Daniel mi rinvigoriva ogni singola volta. Anche quando di positivo c'era soltanto la sua presenza.

Mi era capitato, delle volte, di stare l'opposto di quello che la sua domanda avrebbe desiderato ricevere come risposta. Sarebbe bastato togliere il punto interrogativo o modificare l'intonazione e sarebbe in un attimo diventata una risposta.
Ma non sarebbe potuto succedere. Quando me lo domandava, rispondevo sempre con sincerità. Non c'era stata volta in cui gli avessi mentito. Se stavo bene, lui lo sapeva ed era contento per me. Ma se stavo male, riusciva a sospettarlo ancor prima che aprissi bocca e non esitava a un istante a farmi cambiare umore. Magari con una battuta se si trattava di una sciocchezza. Con un abbraccio, se qualcosa di più serio aveva scosso la mia giornata.

Quella volta, però, non sapevo neppure io come stessi. Se avessi risposto affermativamente sapevo di non stare dicendo la verità. Ma in fondo non stavo nemmeno male. Lui era lí con me dopo tanto tempo. Come avrei potuto stare male in una giornata appena cominciata?

Vedendomi titubante sulla questione, cambiò domanda. O per lo meno la riformulò.
"

È successo qualcosa?". Ma la risposta non cambiò. Silenzio.
"Ande, dai. Non farmi preoccupare. Anche se so bene che se qualcosa di brutto fosse successo tu staresti già sbraitando per insultare l'autista che ti ha bagnato dalla testa ai piedi alla pozzanghera che si forma sempre all'angolo della scuola. Opppure imitando la voce della professoressa di inglese che ti ha messo il solito sei meno all'interrogazione di letteratura". Daniel, con un sorriso sulle labbra, attendeva la mia solita risata. Aveva capito che non fosse nulla di importante. O almeno non lo era perché neppure io avevo capito cos'avessi e mi sarebbe sembrato fuori luogo farlo sembrare un qualcosa di rilevante.

"Infatti non è quello" mi limita a rispondere, senza nemmeno sorridergli. Intanto mi torturavo le dita di una mano, stringendole con forza nell'altra. Ero agitato.
"Allora se non stai male per una piccolezza vuol dire che stai bene" sentenziò. Ma il mio silenzio avrebbe dovuto suggerigli che non era così.
"Aspetta, aspetta!" esclamò, schioccando le dita.
Forse ci era arrivato.
"Mi stai per fare uno dei tuoi soliti scherzi e, non essendoci più abituato, ora mi sto seriamente preoccupando credendo sia qualcosa di importante". Daniel era davvero adorabile. Cercava in ogni modo di farmi sorridere. Avrei potuto non farlo?

"Ha! Sono riuscito a farti sorridere" esclamò.
"Allora il tuo era uno scherzo, eh?" domandò retoricamente. Sorridendo nuovamente, non diedi una risposta ufficiale. Non si trattava proprio di uno scherzo. Ma come avrei potuto in quel momento raccontargli di me e di quello che pensavo di noi in un istante del genere?

"Mi sono mancati i tuoi scherzi da idiota" disse, provocandomi bonariamente come era solito fare. E a quel punto avrei riso, dandogli una pacca sulla spalla, chiamandolo 'coglione' e sentendomi un po' tamarro, come i duemila.
Ma anche lí, rimasi in silenzio.

"Ande, dai. Non stai mai zitto. Sembri me in un'interrogazione di tedesco" parlò.
"Ma noi non facciamo tedesco" sentenzia, rivolgendo finalmente i miei occhi a lui.
"Appunto" esclamò lui, scuotendo le mani in aria.
"Il mio ragazzo è un genio" parlò, facendomi sentire la pelle d'oca. Io e lui, era ufficiale, eravamo tornati assieme.

"Vediamo se così ti sblocchi" disse avvicinandosi a me. Appoggiando le mani tiepide sul mio viso, lasciò che le sue labbra venissero a contatto con le mie, inumidendole appena.
Non avendo la minima intenzione di sorridere, decisi però di porre fine al mio malessere.
Iniziai ad allargare un sorriso sulle mie labbra che però sentii tirare. Ma non fu importante. Daniel ne fu felice.

So che non sei tu e ti aspettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora