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Daniel

"Allora, sono tutto'orecchi" parlò mia madre, braccia incrociate al petto e sguardo minaccioso. I suoi occhi scuri impedivano alle iridi di spiccare dalle pupille corvine, dello stesso colore quasi. Le sopracciglia castane, folte e contornate da un sottile strato di matite si andarono ad abbassare, donando alla sua espressione un tono ancora più serioso.
Muovendo qualche passo su e giù per il parquet del soggiorno, attendeva il sorgere del mio discorso. Le mie parole non avrebbero potuto farla aspettare ancora per molto.

Prendendo fiato, espirando una generosa quantità di ossigeno, iniziai a raccontare controvoglia. Pensandoci bene non avrei avuto nulla da esternare. Sapevo bene che l'insulto che avessi rivolto ad Andrea non avesse un livello di gravità paragonabile a quello che lui avesse fatto al sottoscritto. Il suo era stato un attacco fisico, la mia una risposta orale. Non mi sarei mai permesso di alzare le mani contro Andrea. Mai. Ma evidentemente lui non la pensava allo stesso modo.

"Ho capito" parlò mia madre, indagando sull'espressione del mio volto, piuttosto apatica, convinta della mia innocenza. Non ero mai stato un tipo orgoglioso, ma quella volta non avrei nemmeno osato ammettere le mie colpe.

"E dimmi, come mai questa scenata?". Il tasto dolente era stato toccato.
Abbassando lo sguardo, mi vidi obbligato a risponderle, dando vita a un'altra serie di proposizioni.
"Io e Andrea abbiamo litigato".
"Che cosa?". Mia madre, ascoltandomi, era rimasta sorpresa dalle mie parole a tal punto che la fronte, corrugata, si rilassó, facendo sollevare le sopracciglia e ingentilire lo sguardo, fino a quel momento rimasto impassibile.
"In realtà non è proprio così" confessai.
"Non abbiamo litigato. Il problema è...". Mi ammutolii sentendo tremare la voce. Poi deglutii, spostando lo sguardo lateralmente, facendo ricadere le pupille su un vaso contenente un fiore di magnolia candido quanto finto, posto su un ripiano in alto dello scaffale del luminoso soggiorno.

"Il problema sono i suoi genitori. Gli hanno presentato una ragazza affinché possa uscirci assieme per dimenticarsi di me".
"Daniel, cosa stai dicendo?" domandò guardandomi negli occhi, pieni di disgusto.
"Non lo so, mamma. Andrea continua a parlare di una ragazza... Emanuela, si chiama. Dice di uscirci assieme, il che non mi dá problemi. Per me può uscire con chi vuole. Il problema è che gli sono state poste domande, oggi, che riguardavano anche me e non avendo potuto udire le risposte ora sono preoccupato da cosa possa avere detto".
"Hai origliato?".
"Ma no, mamma. Ne parlavano in classe come se nulla fosse, citando anche me sottovoce credendo di non essere sentiti. Ma invece non è stato così" spiegai.

"Mamma, non voglio stare senza Andrea" dissi, scuotendo il capo. Lei, ancora in piedi davanti a me, si sedette al mio fianco.
"Non credo che sia necessario vivere ancora più disgrazie di quante ne abbiamo già passate e affrontate assieme" confessai, guardando avanti a me.
"Lo so, ma ti conviene solo aspettare. Non pretendere che Andrea ti venga a dire cosa frulli per la sua testa. Non lo farà".
"E cosa devo fare? Fra qualche giorno facciamo un anno di fidanzamento e non voglio che ognuno lo passi a casa propria. Voglio passarlo con lui, voglio fare qualcosa di... diverso" dissi, deglutendo e iniziando a giocherellare con le mie mani, che stringevo l'una nell'altra.
Mia madre, rimasta in silenzio, mosse le labbra.

"La prima volta?" domandò sottovoce, osservandomi con i suoi occhi scuri. Ondulando il capo e deglutendo cercando di non far notare il movimento del mio pomo d'adamo, mi vidi costretto a rispondere.
"Forse me la sarei sentita" dissi.
"Non lo so, Daniel" tornó al discorso precedente.
"Cosa non sai?".
"Non credo che sará possibile". Guardai negli occhi mia madre, che aveva avuto il coraggio di darmi una risposta così cruda.
"Perché dici così?".
"Credo ci vorrá qualche settimana affinchè tutto torni a posto".
"Qualche settimana? In che senso?".
"Un paio, almeno. Non penso che, dopo quello che è successo, tutto tornerà a posto entro pochi giorni" confessò. Purtroppo, le sue parole parvero sincere. E anche io, nell'udirle, mi ero reso conto di quanto fosse vero ciò che avesse esternato.

So che non sei tu e ti aspettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora