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Andrea

Maledizione. Proprio in quel momento in cui le cose fra me e Daniel si stavano rimettendo a posto. Con che coraggio Emanuela s'intrometteva nella mia vita e nelle mie scelte? In quel momento avrei potuto soltanto sottostare alle sue decisioni, andando a parlare a Daniel. E di una cosa ero certo: per quanto facesse male, sarei andato immediatamente a dirglielo. Sapevo che più avessi atteso, maggiore difficoltà avrei avuto nell'aprire bocca. Perché paranoi e dubbi sarebbero sorti.

A scuola, il nostro rapporto sembrava essere tornato ad essere quello dell'inverno della terza superiore. Io e lui, sul punto di metterci assieme, ci scambiavamo sguardi e ogni tanto ci sorridevamo. Avremmo voluto parlarci, ma nessuno dei due avrebbe saputo effettivamente cosa dirsi, imbarazzato o intimiditosi nonostante nessuno dei due lo fosse mai stato davvero. A volte l'amore giocava brutti scherzi, arrivando a influenzare persino il proprio modo di essere. Ancora non mi spiegavo con quale intensitá Daniel mi facesse battere il cuore.

Eravamo di nuovo punto a capo. Ma questo voleva dire che il nostro rapporto si sarebbe potuto costruire daccapo, come se nulla fosse accaduto? O il nostro passato ci avrebbe condizionati anche nella costruzione di un legame tutto nuovo?

Il problema era che non avrei nemmeno saputo come ricominciare: come avrei dovuto rivolgermi a lui? Era la prima volta che tornavamo a parlare dopo l'ultima discussione di chiarimento che avevamo avuto l'ultima volta. Non avrei saputo come attaccare bottone, come guardarlo, come chiedere ai suoi occhi di fare lo stesso. Ma il peggio sarebbe poi stato avviare il vero discorso. Come avrei dovuto parlargli, se fra me e lui si sarebbe ricominciata la storia della nostra amicizia?

Seduto al suo banco con Lucrezia, attirò la mia attenzione: in un istante mi persi a osservare la sua figura. Appoggiato con gli avambracci sulla superficie liscia e macchiata di bianchetto, chiacchierava del più e del meno con la sua amica che, senza nè Melissa nè Agata, sembrava non sentirsi affatto sola. Loro, intanto, erano andate a far rifornimento di calorie e nutrienti di scarso valore alla discarica prima che Agata uscisse anticipatamente per un malore accusato nell'ultima mezz'ora. Non sarebbero tornate a breve con tutta la coda che avrebbero incontrato.
P

oteva quindi essere il momento ideale per parlare con Daniel che, apprestatosi a cessare il discorso con Lucrezia, si era guardato per un istante attorno facendo ricadere il suo sguardo su di me che, come un idiota, mi ero fatto cogliere a osservarlo.

"Hey" mi disse, sorridendomi.
"Hey" risposi, senza ricambiare la curva che giaceva ancora sulle sue labbra.
"Cone stai?" mi domandò.
"Bene. E tu?" risposi, volgendo la frittata.
"Bene". Lo osservai sorridere ancora.
"Vieni" disse, battendo un palmo della mano sul suo banco.
"Mh?" feci finta di non aver inteso. Speravo non se lo rimangiasse, perché sarei stato capace di avvicinarmi soltanto per dirgli che non avevo ben compreso.
"Vieni qui" ribadì, non tradendomi e non tradendo le sue parole.

Alzandomi dal mio posto e facendo il giro per avvicinarmi a lui, osservai Lucrezia che, con i suoi occhioni scuri, mi stava scrutando. Poi, deglutendo, abbassó lo sguardo, imbarazzata. Daniel, sorridendomi, mi invitò a iniziare un discorso.
"Tu come stai?" domandai banalmente a Lucrezia che, sguardo abbassato, boccheggiò.
"Bene" rispose come se fosse qualcosa di cui non fosse troppo sicura. La sua mano andò appoggiandosi al gomito, su cui si interrompeva la manica di una graziosa camicetta rossa a fiorellini bianchi.
"Beh, devo andare" rispose, alzandosi di tutta fretta dal suo banco per dirigersi altrove, forse in direzione della porta. Le sue gambe riuscirono a portarla via da noi più in fretta di quanto un "aspetta" potesse uscire precipitevolmente dalle mie labbra.

So che non sei tu e ti aspettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora