Emanuela
"Andrea, io e te dobbiamo parlare" sentenziai, posando a terra la borsa, carica di tutto un po'. Fra pacchi di fazzoletti mezzi aperti, portafoglio in una tasca e lucidalabbra rosa pesca nell'altra, il telefono in fondo al tutto, libri a riempire verticalmente lo spazio rimanente, avrei messo la mano sul fuoco che il peso del mio zaino si aggirava intorno ai sei chili.
Posizionando in prossimitá della sua persona, cercai un contatto visivo osservandolo nelle pupille. Le chiacchiere vive fra i nostri genitori, nel soggiorno di casa sua, mi aveva dato la possibilità di arrivare in ritardo all'appuntamento senza che nessuno se ne accorgesse. Giunta in casa bussando con delicatezza, Andrea era accorto al portone prima che i suoi potessero precederlo.
Avremmo avuto una lunga discussione da sostenere, non mi sarebbe andato di perdere tempo dietro a smancerie quali complimenti e abbracci che avrei dovuto concedere a Romita in quanto mia fittizia suocera."Ah, sei tu" sbuffò Andrea, vedendomi comparire sulla soglia di casa. Stropicciandosi gli occhi, pareva essersi appena svegliato. Strano a dirsi: la rapidità con cui aveva risposto allo stimolo di alzarsi dal letto su cui aveva forse appena terminato di conciliare il sonno per venire ad aprirmi suggeriva il contrario. Magari era solo poco entusiasta di vedermi. Ma la cosa era reciproca.
"E chi, altrimenti?" risposi, osservandolo posare una mano davanti alla bocca per trattenere un rutto. Mi stava dando sui nervi il suo comportamento.
"Avanti, entra. Non voglio che l'aria condizionata si disperda" disse, obbligandomi a entrare di fretta in casa, cosa che mi rifiutai di fare. Rimanendo di fronte a lui a braccia incrociate, lo guardavo stizzita. Al che lui rispose facendo spallucce e chiudendomi la porta in faccia."Aprimi immediatamente" dissi, sbraitando e bussando energicamente. Speravo che i suoi mi avessero sentita e che intervenissero per dirgliene quattro. Lui, dall'altra parte della porta, si stava facendo una risata. Dopodichè comparve nuovamente sull'uscio, con un sorriso a trentadue denti e una fossetta su una delle due guance, dalla pelle di velluto. Nonostante non fosse per me, era un ragazzo indubbiamente molto prestante.
Facendomi finalmente entrare in casa, Andrea richiuse la porta dietro di me sbattendola grossolanamente e subito venni assalita dai suoi genitori che non si astenettero dal salutarmi calorosamente.
"Mamma, io ed Emanuela vorremmo andare in camera..." cercó di tagliare ben presto la corda, accelerando le tempistiche con le quali io e lui avremmo dovuto sostenere la nostra conversazione.
"Oh, va bene. Emanuela, andate pure" mi rispose lei, sorridendomi apertamente. Congedandomi con un sorriso fievole, lo soffocai non appena raggiunsi Andrea, già incamminatosi per il lungo corridoio. Di passo rapido, si stava giá apprestando a raggiungere sull'uscio della sua camera."Avanti, parlami" ordinò, siedendo alla sua sedia girevole e iniziando a volteggiare con fare infantile.
"Innanzitutto guardami negli occhi quando parlo". Andrea rispose ridendo, senza arrestare le sue giravolte.
"Ma chi cazzo sei, mia madre?" ironizzò, mani dietro la nuca e gambe divaricate.
"No, saró peró la madre del tuo bambino" sentenziai. Andrea smise di girare.
"Ma ancora con questa storia?" domandó retoricamente, alzando gli occhi al cielo.
"Sì".
"Ti ho detto che per me puoi tenerti il tuo bambino. Mi dispiace in parte che non sia mio, perché effettivamente mi sarebbe piaciuto averne uno, ma...". Stava parlando a vanvera, pollice e indice poggiati sotto al mento.
"Ho un test di gravidanza nuovo" dissi, estraendolo dalla mia borsa, poggiata ai miei piedi. Lui, guardandomi, si fece serio."Lo faccio adesso e fra poco, una decina di minuti, potremo sapere il risultato. Ossia, io so già quale sará" dissi, ondeggiando il capo.
"Ma visto che tu non mi credi, voglio dimostrarti che non ho alcun problema a fare il test in diretta" parlai, girando la confezione del test di gravidanza fra le mani.
"Okay, va bene" rispose lui, ricominciando a girare su se stesso come se fosse un bambino.
"Dico sul serio".
"Anche io" contestò, guardandomi negli occhi.
"Tanto so che hai un qualsiasi modo per truccarlo e renderlo positivo. Cosa credi, che sia nato ieri?" domandò, guardandomi serio.
"Ti lascerò qui la mia borsa, i miei vestiti e le mie scarpe. Entrerò in bagno in intimo, tanto i tuoi sono di lá e non mi vedono. Ma tu, quando avró finito, entrerai per darmi i miei pantaloni e la mia maglia per rivestirmi" spiegai.
"Contento? Così non posso nè cambiarlo con un altro, nè fare altre cose che sinceramente non ho capito quali possano essere" aggiunsi a braccia conserte.
"Vediamo, allora" disse, acconsentendo alla mia proposta.
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So che non sei tu e ti aspetto
RomanceAndrea e Daniel sono oramai una coppia affiatata con un passato alle spalle che li ha resi inseparabili. Le mille sfide che hanno affrontato non hanno causato una rottura del loro rapporto, che appare solido. Entrambi innamoratissimi l'uno dell'altr...