61-1995

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Andrea

Trovai inutile continuare a dare spiegazioni a Daniel. Era chiaro che non mi avrebbe più uditdato retta. Avevo percepito nel suo sguardo tutto il disprezzo che provava nei miei confronti in quel momento. Non potevo biasimarlo, ma dall'altra parte ero convinto della veridicitá delle mie spiegazioni. Quelle, per lo meno, le aveva udite e di sicuro lo avrebbero fatto riflettere. Avevo esternato le motivazioni per cui ogni cosa fosse successa sin dal principio ed ero certo che quelle parole fossero giunte fino a lui.

Ma spiegare il significato della foto che mi aveva mostrato non sarebbe stato altrettanto immediato. Era la mia parola contro quella di Emanuela che, per quanto avessi cercato di spiegare a Daniel stesse mentendo, aveva ottenuto la sua credulitá. Ma d'altronde, con quell'ultima immagine, un'ulteriore spiegazione sarebbe stata soltanto frivola e un pretesto per litigare.

Oltretutto non ero certo al cento per cento che Emanuela avesse davvero mentito. Magari era davvero incinta. Ma come spiegare a Daniel la possibilità che il padre non fossi io, bensì un qualsiasi altro ragazzo?

Non volevo continuare a essere apostrofato come un bugiardo. Dovevo avere la prova che Emanuela stesse davvero raccontando frottole.
Intanto, mi sorpresi di quanto maledetta fosse. Non aveva assolutamente esitato a mandare lo scatto a Daniel. E lì era venuto davvero fuori un casino.

Dopo la conversazione Daniel, lanciandomi un ultimo sguardo, si era allontanato da me, deciso a non voler più udire una sola parola. E un mio "ma" lo aveva fatto urlare così forte che temetti che la sua voce avrebbe squarciato le mie orecchie.
"Vattene, Andrea".

Non avevo minimamente immaginato che la situazione potesse degenerare fino a quel punto. Dentro di me avevo immaginato un dialogo molto più pacifico. Chissà perché mi ero autocondotto a pensare che tutto si sarebbe sistemato e che avremmo finalmente chiarito. Probabilmente sarebbe anche accaduto, se quella foto non fosse sbucata dal nulla.
Mi dicevo che Daniel mi avrebbe ascoltato. Che i miei ragionamenti non avrebbero fatto una piega. Lui sapeva bene che i miei genitori fossero altamente contrari alla nostra relazione e che mio padre mi avesse più volte alzato le mani. Sapeva di cosa fossero capaci, eppure non mi aveva voluto credere. Era chiaro che non avesse saputo mettersi nei miei panni, ma in fondo lo capivo. Se certe esperienze non si vivono, diventa complesso immedesimarcisi.

Dall'altro lato, com'era possibile avesse creduto che avrei potuto mettere incinta una ragazza? Mi sembrava davvero che non mi conoscesse. Accecato dall'odio e dall'ira, era portato a credere tutto il contrario che uscisse dalle mie labbra. Per lui ero divenuto come un estraneo a cui non dare minimamente corda e anzi sospettare il contrario.

Io e lui eravamo giunti a un punto di non ritorno: lo sentivo ormai troppo lontano da me. E fino a che il bambino non fosse nato, ossia nove mesi più tardi, non avrei avuto una prova valida per dimostrare a Daniel che quel bambino non fosse mio. Ma in nove mesi sarebbe potuto accadere di tutto. Mi bastava pensare a quanto fosse cambiato il nostro rapporto nell'arco di un mese e mezzo. Magari lui avrebbe conosciuto una ragazza con la quale avrebbe cominciato a uscire, si sarebbe fidanzato e avrebbe avuto la sua prima volta. Non lo biasimavo. Era quello che gli avevo fatto credere io per più di un mese, senza che lui sapesse la verità. Poteva solo immaginare cosa, fra me ed Emanuela, stesse accadendo. Ma visto che fra me e lui i rapporti si erano completamente lasciati andare, non avevamo mai avuto modo di parlarne.

Io e lui eravamo come estranei. E nessuno sarebbe stato interessato a parlare all'altro.
I

o per la troppa paura e la vergogna. Daniel per l'ira e il disdegno che sentiva nei miei confronti.

So che non sei tu e ti aspettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora