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Try, Colbie Caillat

Poco prima...
 
Andrea

Daniel mi osservava, quasi sorridente. Mi attese,  cercando di prevedere quali sarebbero state le mie parole. Mi stava prestando l'attenzione che avrei desiderato. Ma nonostante ciò, non ero soddisfatto. Forse perché avrei dovuto avere il coraggio di parlare.

"Ecco..."dissi, abbassando gli occhi e trattenendo un sorriso.
"Non è affatto facile parlare di questa cosa e..."sussurrai, mordendomi un labbro.
"Di cosa si tratta?"mi domandò Daniel mettendomi ancora più in difficoltà. Tutto ciò che desideravo era non essere incalzato.
"Del bambino di Emanuela".
"E?". Daniel non reagí come mi ero aspettato. Avevo creduto mi avrebbe risposto con violenza, magari chiedendomi di chiudere definitivamente l'argomento. Pensavo avrebbe gridato dicendomi di smetterla di parlare sempre di Emanuela e delle cose che la riguardavano. E invece si propose di ascoltarmi. Mi stava dando retta, ancora una volta.
"Io, non..."deglutii, pronto a piangere. Quello che stavo per dire mi faceva troppo male.

"Cosa succede, Ande?" chiese, facendomi definitivamente crollare. Di nuovo.
"Ma no, non piangere. Andrea, per favore" disse, stringendomi in un abbraccio. Mi strinse e fu come toccare il cielo con un dito. Sentii la forza delle sue braccia fare pressione sul mio corpo, che aderí al suo. Il suo mento andò a posarsi sulla mia spalla sprofondando su di essa. Daniel si era adagiato delicatamente sulla giacca di jeans che vestiva il mio busto.

"Non volevo farti piangere..." disse quasi mortificato credendo fosse stato lui la causa della mia sofferenza. Avesse saputo quanto non solo non fosse stata la ragione delle mie lacrime, ma piuttosto il dito ad asciugare.
Singhiozzando, cercai di parlare, ma il mio sillabare venne soffocato.

"Aspetta, non affrettarti. Riprenditi, prima" disse, lasciandomi andare. Avrei voluto stare fra le sue braccia ancora un po'. Mi sentii spogliato, denudato, privato dei pochi stracci che vestivano il mio corpo, visto che il mio viso non era più coperto dalla sua spalla con cui lo avevo nascosto, ma era stato appena scorto dai i suoi occhi. Fu umiliante. Le sue pupille sulle mie gote rosate, sulle labbra bagnate dalle lacrime precipitate dagli occhi. Quelli, invece, non li aveva ancora sfiorati.

Rivolgendomi un sorriso, mi diede una pacca sulla spalla poggiando poi la mano sul mio collo, che scostò dopo un paio di secondi.

"Va meglio?" mi chiese da vero amico. Ma non volevo che agisse a quel modo. Per lo meno non da amico.
"No, non va meglio" risposi, tirando su col naso, che strofinai con il dorso della mano.
"Sto di merda, Daniel". Daniel si fece serio, osservandomi negli occhi. Le sue pupille incontrarono, finalmente, le mie.

"Non starò mai bene. Se continuo così sarà sempre peggio" ebbi il coraggio di confessare.
"Così come? " domandò, facendomi percepire ipocrisia nella sua domanda. Era possibile che non capisse? Sembrava essere così lontano da me. Agiva fingendo che tutto fosse a posto. Fingeva che io e lui potessimo essere amici quando in realtà provavamo ben altro l'uno per l'altro. Lui odio, io amore.

Ruotando gli occhi, mi sentii male nel percepire così intensamente il tempo scorrere. Venivo appellato da quest'ultimo a rispondere. Cosí confessa, in uno soffio di respiro, cosa avrei dovuto.
"Emanuela vuole abortire" dissi facendo un sospiro che fece tremare la mia voce. Poi soffocai il fiato con il dorso della mano, prendendo a piangere senza controllo, la gola inumidita da lacrime copiose.

"Come? Perché?". Daniel non enfatizzò le sue domande, che apparvero rivolte con pacatezza. Forse stava solo cercando di venire a conoscenza dei fatti trattenendo il più possibile le emozioni. Ma dentro di lui, magari, stava per esplodere.

So che non sei tu e ti aspettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora