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Daniel

"E così hai proseguito col corso di danza" intuì il mio interlocutore, mani in tasca, sguardo rivolto verso di me. Pareva essere cresciuto in altezza. Mentre due anni prima eravamo alti uguali, in quel momento mi pareva che avesse accelerato la sua crescita.
"Sai, sarebbe piaciuto anche a me" proseguì nel suo discorso, puntando lo sguardo a terra ove, un passo accorciato, gli permise di calciare a pieno una candida pietruzza che si era intromessa lungo il suo cammino.

"Ma con quello che era successo con Giorgio e gli altri..." disse quasi susurrando, non facendomi ben intuire a cosa in particolare stesse facendo riferimento. I casini c'erano stati un po' con tutti, in fondo.
"Che cosa?" domandai, non ricordando nell'immediato ogni singola vicenda. Lui, osservandomi, ebbe sperato che avessi compreso immediatamente.
"Per Andrea..." disse, storcendo il capo, che si piegò lateralmente.
"Ah già" mi limitai a dire. Pensando alle questione, mi sembró impossibile fossero passati due anni e mezzo. Il tempo correva così in fretta...

"Le vicende si erano complicate a tal punto che per me sarebbe stato un suicidio, proseguire là dentro" disse, frugando con una mano all'interno della tasca nella quale giaceva.
"Non credo. Alla fine era solo Giorgio, il problema. Tu avevi un bel gruppo di amici pronti a sostenerti. Non era così?" feci notare.
Fabio alzò le spalle, stringendosi fra di esse.
"Boh" bofonchiò, forse non sapendo cos'altro dire.

"Ci sono ancora tutti, al corso?" chiese poi, cambiando discorso dopo qualche secondo di silenzio.
"Sì, sì. Manchi solo tu" risposi.
"Manco..." disse con tono di auto ironia. Mi voltai a guardarlo.
Nel frattempo, i nostri passi ci stavano lentamente conducendo verso casa mia, mentre il sole era quasi ormai tramontato.
"No, dai... davvero. Ricordi tutte le gare che facevamo?" domandai, accennando un sorriso.
"Ricordi tutti i problemi che ti ho dato?". Silenzio.
"Sì, ma è cosa passata" risposi, inserendo le mani nelle tasche della giacca.
"E allora anche i bei ricordi". Rallentai i miei passi per meglio scrutare il suo volto, che non pareva lasciar trapelare emozioni, lo sguardo fisso davanti a sè, le labbra poggiate l'una sull'altra.
"Perché dici così? Quelli dovrebbero rimanerti" dissi.
"No, perché fra i bei ricordi c'è anche Andrea. Ed è proprio il ricordo che non voglio ricordare". Anticipai un mezzo sorriso, che allargai non appena volse lo sguardo ai miei occhi.

Osservai Fabio per un secondo. Era cambiato parecchio. Il suo viso, pulito, aveva perso le impurità che lo avevano reso soggetto ad acne, anche se mai pesante. I suoi capelli, più lunghi, erano tenuti ordinatamente e si sviluppavano, in fronte, in un ciuffo ondulato che pareva di seta. Più scuri, sembravano quasi corvini. Il suo abbigliamento era sempre lo stesso, sportivo, ma con un tocco di classe in una cintura circondante un paio di jeans, cosa rara fino a due anni prima, dove le tute erano le uniche a vestire il suo corpo.
Era diventato un bellissimo ragazzo, non che prima non lo fosse.

"Andrea..." pronunciò scuotendo il capo.
"Lo hai perso di vista?" domandai.
"Sì, praticamente non appena mi sono trasferito altrove. Io e lui abitavamo giá lontanissimi, ma col trasferimento di un paio di anni fa mi sono allontanato ancora di più".
"Ah, capisco" mi limitai a dire, aspettando proseguisse nel parlare.

"Anche il trasferimento è stato un motivo del fatto che abbia smesso di fare danza, perché mentre mi sono allontanato da Andrea, l'ho fatto anche dalla palestra" spiegò.
"Ma hai proseguito altrove?" chiesi.
Fabio mi osservò, quasi come se avessi dovuto essere a conoscenza della risposta.
"Macchè. Fra mio padre che è chissá dove e mia madre che..."non finì la frase.
"Adesso posso solo concentrarmi sulla maturità" disse.
"Ah, giá che tu fai quinta" mi ricordarono le sue parole.
"Tu fai il quarto come Andrea, vero?".
"Sì. Siamo in classe assieme".
"Ah sì? Non ricordavo questo particolare".

So che non sei tu e ti aspettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora