Capitolo 19

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Sono le 9 del mattino, non riesco a dormire, così decido di alzarmi e andare da mio fratello, busso piano, ma non mi risponde, ieri è rimasto tutto il giorno in camera sua, mi sto preoccupando,

- Non rompere i coglioni mamma!- sento gridare, ma spingo la maniglia ed entro,

- Sono io- confesso quando mi trovo sulla soglia, mio fratello rimane sorpreso per qualche secondo, ma poi mi accenna un sorriso,

- Come Stai?- chiedo piano con la voce tremante,

- Non molto bene, ma tu non ti devi preoccupare- dice dirigendosi nella mia direzione,

- Vieni qui- gli intimo e gli getto le braccia al collo per stringerlo in un forte abbraccio,

- Vic, mi devi aiutare- sussurra al mio orecchio mentre ancora il suo petto è a contatto con il mio,

- Che devo fare?- domando con voce tremante, ho paura che voglia fare una delle sue cazzate, lui si allontana da me e mi guarda dritto negli occhi,

- Devo trovare Georgia, voglio sapere come sta, non risponde alle chiamate e nemmeno ai messaggi- spiega visibilmente sconvolto, deve stare davvero male, non me lo chiederebbe se non fosse importante, annuisco e lui riprende a parlare,

- È meglio che io rimanga a casa, se uscissi, probabilmente finirei di nuovo nei guai, mi conosco bene, devi andare tu, questo è l'indirizzo, voglio sapere solo se sta bene- mi porge un pezzetto di carta,

- Va bene, ci andrò appena mi sarò preparata e avrò fatto colazione- prometto, mentre esco dalla stanza,

- Dalle questa- mi dice porgendomi una lettera sigillata e mi accenna un sorriso per ringraziarmi, lo fa sempre quando è troppo in imbarazzo per dirlo a voce, mi fa sorridere il fatto che sia così tenero anche se è grande e grosso, mi limito ad annuire e torno in camera mia.

Circa 2 ore dopo mi trovo a vagare per le strade della città in cerca dell'indirizzo sul bigliettino, non sono mai stata brava in geografia, tanto meno nell'orientarmi, così apro Google Maps, inserisco la via e per fortuna in pochi minuti giungo davanti a un'abitazione dai muri biancastri e un portone di legno scolpito, suono il campanello, ma non sento nessuno muoversi, così mi siedo sul tappetino di ingresso, dopo qualche minuto qualcuno spalanca la porta e mi vede,

- Ciao Vicky!- mi saluta sorpresa Georgia, non ha una bella cera, non deve aver dormito molto, inoltre porta i capelli raccolti in uno chignon disordinato e indossa un pigiama, per i miei gusti fin troppo pesante per l'estate,

- Ciao- ricambio accennando un sorriso,

- Entra pure- mi invita e io supero la soglia,

- Carino qui- osservo guardando l'elegante arredamento,

- Già, ti va qualcosa?- domanda cortesia, ma faccio cenno di no, così si siede sul grande divano in salotto e faccio lo stesso,

- Sono venuta qui per sapere come stai, mio fratello ha paura ad uscire di casa perché potrebbe combinare solo altri casini, mi ha detto che ha cercato di contattarti, ma non hai mai risposto- spiego in tono serio, nonostante non sia nelle sue migliori condizioni, devo ammettere che è carina comunque,

- I miei genitori mi hanno preso il cellulare dopo il casino che è successo- si limita a dire, mentre mi guarda con occhi comprensivi, perché quello sguardo?

- Comunque tieni- le porgo la lettera, lei la afferra e mi dedica un gran sorriso,

- Grazie... comunque non devi sentirti in colpa per quello che è successo- aggiunge infine e mi si gela il sangue,
Eh?

- C-cosa?- balbetto imbarazzata e esterrefatta,

- Alex mi ha raccontato cosa stava facendo quel giorno, voi non potevate saperlo- mi rincuora,

- Non importa, ora è tutto finito, non succederà più- spiego con voce triste, non volevo più pensarci, ma eccomi qui,

- È più difficile di quanto tu possa credere, le persone non si dimenticano così facilmente- mi avverte con voce superiore, mi sollevo dal divano,

- è stato un piacere- mento e lei mi indica cortesemente il portone,

- Ciao- mi saluta, ma non ricambio e mi allontano.

A casa, mezz'ora dopo, mi ritrovo a dover raccontare tutto o quasi tutto a mio fratello,

- Sta bene, non è arrabbiata, il cellulare gliel'hanno preso i genitori, la lettera gliel'ho data, ciao- arranco per non rimanere a parlare,

- Tutto bene?- mi chiede preoccupato, ma lo ignoro e me ne vado, sono nervosa e mi verrebbe da spaccare tutto,
" è più difficile di quanto tu possa credere, le persone non si dimenticano così facilmente"...
Perché non può pensare alla sua vita? Non la sopporto!

Mi chiudo a chiave e mi spaparanzo sul letto, non voglio pensare a niente, meglio dormire.

"DRIN! DRIN!" Squilla il mio maledetto cellulare!

- Pronto?!- dico,

- Siamo qui fuori! Muoviti ad aprire!- sento dire da Matt e mi dirigo alla porta,

- Che volete?- ruggisco alla porta d'ingresso,

- Muoviti, sono le 6:30! Sei ancora in queste condizioni!- grida Matt entrando in casa, c'è sono Gwen con lui, Ilean e Isabell devono essere da qualche altra parte,

- Eh?- domando, Gwen gira gli occhi al cielo e mi trascina in camera,

- Metti questi!- mi ordina Gwen porgendomi un sacchetto, mi vesto in fretta e Matt e Gwen continuando a parlare finché non arriviamo davanti a Starbucks, non capisco cosa stanno dicendo, non riesco a smettere di pensare a ciò che ha detto Georgia,
" è più difficile di quanto tu possa credere, le persone non si dimenticano così facilmente"...

PERCHÉ HO L'IMPRESSIONE CHE ABBIA RAGIONE?

- Capito?- chiede Gwen in tono canzonatorio, annuisco e li saluto, non mi va di incendiare una discussione, li osservo allontanarsi. Passano 2-3-4-5-6-7-8-9-10-11 minuti e non arriva, sono appoggiata sul muro del locale e gioco con il cellulare, mi sento stupida,

- Hey piccola- mi saluta Peter e quasi non vomito, odio quel soprannome, prima o poi dovrò dirglielo,

- Ciao- dico seria e incrocio le braccia aspettando che dica qualcosa, non voglio trovarmi qui,

- Il cinema non è lontano, ti va di andare a piedi?- chiede cortese e mi limito ad annuire,

" è più difficile di quanto tu possa credere, le persone non si dimenticano così facilmente"

Camminiamo per pochi minuti ed entriamo in un cinema piccolo e accogliente, Peter mi interpella per scegliere un film, ma gli concedo la scelta, così acquista biglietti e ci accomodiamo in sala, ogni tanto fa qualche battuta e fingo di ridere, ma è come se muovesse la bocca senza emettere nessun suono.

2 ore dopo, usciamo dalla sala e sembra soddisfatto di questa serata, un minuto dopo il suo viso comincia ad avvicinarsi verso il mio, eh? Mi sta baciando!

- No, no, aspetta- lo fermo allontanandolo da me,

- Che c'è?- mi chiede mortificato,

- Non sei tu, non posso, devo andare- aggiungo infine, non so perché, ma comincio a correre, solo io so dove mi sto dirigendo e nel mentre comincia a piovere.

" è più difficile di quanto tu possa credere, le persone non si dimenticano così facilmente".

Spazio d'autrice:

Eccomi qui!

Nel prossimo capitolo arriverà la bomba!! Quindi seguitemi per sapere cosa succederà!

Grazie delle stelline e dei commenti, alla prossima! ❤️

Un bellissimo errore.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora